Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26950 del 15/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2011, (ud. 11/11/2011, dep. 15/12/2011), n.26950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25211/2010 proposto da:

FIAT GROUP AUTOMOBILES SPA (OMISSIS) (nuova denominazione della

Fiat Auto Spa), in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO Raffaele, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ROPOLO LUCA, BONAMICO FRANCO giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dagli avvocati PELLERITO Benedetto, PELLERITO GIUSEPPE, CHIODO SILVIO

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 234/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

9/03/2010, depositata il 26/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla adunanza in Camera di consiglio del 7 aprile 2011 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 c.p.c.:

“1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Torino, D.D. aveva evocato in giudizio il datore di lavoro FIAT Auto spa e, assumendo l’illegittimità della sua collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per il periodo 17.9- 8.12.2003, ne aveva chiesto la condanna al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di integrazione e quanto spettante a titolo di retribuzione.

2.- Respinta la domanda, su appello di D.D. nei confronti di Fiat Group Automobiles s.p.a. (succeduta a Fiat Auto s.p.a.), la Corte d’appello di Torino con sentenza del 12.6.09 ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo le domande originarie dell’appellante.

La Corte di merito, ritenuto che l’imprenditore, fin dall’inizio della procedura, aveva l’obbligo di indicare per iscritto i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata previsione della rotazione tra i dipendenti, ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e che tale disciplina non era stata modificata dal D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, art. 2, comma 5, recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale.

Nel caso di specie i criteri indicati nella comunicazione di avvio della procedura del 31.10.02 erano generici in quanto non consentivano di verificare la coerenza tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, il che rendeva illegittima la sospensione il cigs dei dipendenti. Inoltre, gli accordi intervenuti tra datore e Oo.ss. in date 18.3.03 e 22.7.03, a conclusione della procedura di consultazione, non assumevano efficacia sanante delle omissioni, in quanto il vizio originario della comunicazione si ripercuoteva sull’intera procedura e comunque non consentivano la conoscenza dei criteri adottati per la scelta.

La Corte territoriale ha infine respinto l’eccezione di improponibilità della domanda proposta dalla società fin dal primo grado in ragione del fatto che con verbale di conciliazione in sede sindacale del 3 ottobre 2003, il lavoratore aveva accettato il licenziamento con collocazione in mobilità dietro corresponsione di un incentivo all’esodo, rinunziando “comunque ad ogni ulteriore pretesa, domanda o azione, dedotta e deducibile che nel suddetto licenziamento e conseguente definitiva cessazione del rapporto di lavoro con Fiat Auto s.p.a. e collocazione in mobilità possa trovare orìgine e fondamento a qualsiasi titolo legale, contrattuale e risarcitorio”.

3.- Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione FIAT Group Automobiles s.p.a. con sette motivi. Si difende con controricorso il lavoratore.

4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. osserva quanto segue.

5.- I motivi di ricorso di Fiat Group Automobiles possono essere riassunti come segue:

5.1.- Il rigetto dell’eccezione di improponibilità dell’azione per intervenuta transazione in sede sindacale violerebbe l’art. 411 c.p.c., comma 3, artt. 1965, 2113 c.c., e sarebbe argomentato con una motivazione viziata.

5.2 – Nel merito, la questione fondamentale posta a base del ricorso è se il giudice abbia correttamente applicato la L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8, o se la norma in questione debba ritenersi abrogata per l’intervento del D.P.R. n. 218 del 2000. Fiat sostiene che tale decreto, emanato in forza della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 20, avrebbe delegificato il procedimento amministrativo di autorizzazione e concessione della cigs e, quindi, tutti i suoi momenti od atti coordinati e collegati in serie (frase preparatoria, introduttiva, di istruzione e di decisione), con abrogazione implicita di tutte le disposizioni già vigenti.

5.3.- Ne deriverebbe che le modalità di rotazione e l’indicazione delle ragioni che eventualmente l’escludono, potrebbero essere indicate non solo con la comunicazione di apertura della procedura inviata alle Oo.Ss., ma anche all’esito dell’esame congiunto tra imprenditore ed Oo.ss. sulla crisi aziendale e le conseguenti esigenze di organizzazione della produzione.

Nel caso di specie, le parti sindacali avevano raggiunto un accordo circa le modalità della rotazione il 18.3.03, all’esito dell’esame congiunto, dopo che Fiat nel dicembre 2002 aveva aderito al più generale accordo di programma, il cui perfezionamento costituiva la base per l’assunzione di impegni amministrativi da parte del Governo a supporto del superamento della più generale crisi aziendale.

Avrebbe dunque errato il giudice di merito a ritenere preminente il presupposto formale della comunicazione e consultazione rispetto al contenuto dell’accordo raggiunto con le Oo.ss. il 18.3.03, che assumeva invece valore sanante; ne sarebbe, infatti, rimasta esclusa la possibilità per le parti stipulanti di elaborare in corso di trattativa diversi criteri di gestione della crisi.

5.4.- Conseguenza di tale erronea preminenza assegnata al dato formale, sarebbe stata la disapplicazione del verbale di esame congiunto del Ministero del Lavoro del 5.12.02 (avente natura di atto pubblico a contenuto certificativo, costituente prova della procedura di consultazione svolta con la mediazione governativa.

5.5.- La comunicazione 31.10.02 di avvio della procedura di cigs, che fissava il criterio di scelta nelle esigenze tecniche, organizzative e produttive, in relazione alle esigenze professionali e funzionali, era comunque idonea allo scopo di esternare le intenzioni del datore di lavoro in relazione alle ricadute del programma di superamento della crisi aziendale in relazione alla situazione dei singoli lavoratori, pur residuando la possibilità di procedere a specificazione in sede di esame congiunto, all’esito dell’acquisizione da parte delle oo.ss. di una completa informazione.

Con riferimento alla posizione specifica il giudice avrebbe dovuto, inoltre, essere considerato che il lavoratore era stato posto in cigs in esecuzione dell’accordo 22.7.03, il quale enunziava il criterio obiettivo e determinato alla lavorazione del modello Panda.

In ogni caso, avrebbe dovuto valutarsi in concreto la posizione soggettiva del dipendente, in quanto, ove pure per ragioni formali fosse dichiarata illegittima tutta la procedura, pur tuttavia avrebbe dovuto valutarsi se la risoluzione di collocare i lavoratori in cigs fosse coerente con i criteri di scelta concretamente indicati ab initio nella comunicazione di avvio della procedura sindacale.

6.- La questione relativa alla improponibilità della domanda (5.1) è manifestamente infondata.

Essa, nonostante la deduzione di violazione delle norme sopraindicate, investe in realtà, oltre alla motivazione della Corte territoriale, l’interpretazione da questa operata del significato della conciliazione intervenuta tra le parti in data 3 ottobre 2003, in particolare della rinuncia in essa contenuta, che secondo la società riguarderebbe ogni diritto nascente dal rapporto di lavoro e dalle sua estinzione e in particolare le eventuali pretese nascenti dalla legittimità o meno della collocazione del lavoratore in CIGS, come dovrebbe desumersi dagli accordi sindacali che si erano succeduti nel tempo in materia di cassa integrazione e poi di collocazione in mobilità, da ritenere noti al lavoratore.

Senonchè è noto che a norma dell’art. 1362 c.c., e segg., l’interpretazione dei contratti fonda principalmente sul significato desumibile dal tenore letterale del negozio, sia pure letto in connessione tra le varie parti dello stesso, mentre gli ulteriori canoni legali sulla interpretazione del contratti e quelli di interpretazione intervengono in caso che dall’applicazione di quello principale residui n dubbio.

Applicando correttamente tale regola, la Corte territoriale ha valutato, con articolata, congrua motivazione, che il tenore letterale dell’accordo in questione fosse di una chiarezza rara nell’indicare come oggetto della rinuncia unicamente gli eventuali diritti nascenti dalla risoluzione del rapporto di lavoro, escludendo pertanto che esso possa riguardare anche la materia della sospensione in CIGS intervenuta nel corso del rapporto medesimo.

Trattasi di valutazione di merito, che nè la riproduzione del tenore della rinuncia, sopra indicato, nè il richiamo a quello degli accordi sindacali appare in grado minimamente di inficiare.

7 – Per quel che riguarda la questione principale nel merito (v. 5.2- 5.3), deve osservarsi che la L. 23 luglio 1991, n. 223 – che introduce una visione organica della cigs, ricollegandone la fruizione a particolari requisiti soggettivi dell’impresa e all’esistenza di uno stato di crisi aziendale, nonchè alla proposizione da parte dell’imprenditore di precisi programmi, limitati nel tempo – prevede che dopo l’accertamento dello stato di crisi e l’approvazione dei programmi di superamento della stessa e per tutta la loro durata, all’esito di una articolata procedura, il Ministero del Lavoro con proprio decreto conceda il trattamento straordinario di integrazione salariale (artt. 1-2).

Il datore di lavoro deve scegliere i lavoratori da collocare in cigs adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata. I “criteri di individuazione dei lavoratori” e “le modalità della rotazione” sono oggetto di consultazione sindacale, in forza del dettato normativo, che impone la loro comunicazione alle Oo.ss. e l’esame congiunto di cui alla L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5.

Qualora il datore, per ragioni di carattere tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, non intenda attuare meccanismi di rotazione dovrà indicarne i motivi nel programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8).

Il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo la cassa integrazione, può ritenere non giustificata la non adozione della rotazione e promuovere un incontro tra le parti sul punto. Ove non si pervenga ad un accordo entro tre mesi dalla data della concessione del trattamento di integrazione il Ministro stesso stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione sulla base delle proposte formulate dalle parti (comma 8, secondo periodo).

8.- Su tale assetto intervenne il D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, emanato per delega conferita dall’art. 20 della legge di semplificazione amministrativa 15.3.97 n. 59, che inserì il procedimento per la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria – come regolato dalla L. n. 223 del 1991 – tra quelli sottoposti a delegificazione mediante regolamento emesso ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2 (art. 20, comma 8, in relazione al n. 90 dell’allegato 1 alla legge stessa).

9.- I rapporti tra le due fonti sono stati definiti dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che la disciplina del D.P.R. n. 218 non abroga la L. n. 223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli oneri di comunicazione fissati dall’art. 1 di quest’ultima. Il D.P.R. n. 218 non incide, infatti, sulle disposizioni del combinato disposto della L. n. 164 del 1975, art. 5 e della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7 – riguardanti l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonchè le modalità di rotazione poste da tali disposizioni in capo dell’imprenditore -atteso che la disciplina da esso fissata attiene unicamente alla fase propriamente amministrativa del procedimento di concessione della integrazione salariale (Cass. 28.11.08 n. 28464).

Può, dunque, affermarsi con questa impostazione (successivamente ripresa da numerose altre sentenze, tra le quali v. Cass. 31.1.11 n. 2155, n. 2156, n. 2157, Cass. 21.2.11 n. 4151 e 4152) che per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione, la L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, prescrive che il datore di lavoro comunichi alle Organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in relazione a quanto previsto dalla L. n. 164 del 1975, art. 5. Tale disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle Organizzazioni sindacali, anche dopo l’entrata in vigore della disciplina del D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, atteso che tale disciplina non incide con effetto abrogativo o modificativo sulle suddette disposizioni ma è volta unicamente a diversamente regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione di integrazione salariale.

Ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta per quel che riguarda gli obblighi di rilevanza collettiva del datore di lavoro (L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8), precisando, altresì, che la richiamata normativa regolamentare non ha spostato l’informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione di avvio della procedura a quello immediatamente successivo dell’esame congiunto, in quanto, altrimenti, il contenuto della norma di cui al cit. D.P.R. n. 218, art. 2, sarebbe estraneo all’esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con compressione dei diritti di informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato (Cass. 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393, entrambe emanate a conclusione del procedimento per condotta antisindacale promosso dalle Oo.ss. nei confronti di Fiat con riferimento alla procedura di cigs ora in esame avviata con la comunicazione del 31.10.02).

10.- Sulla base di queste considerazioni, all’esito dell’esame delle questioni sub 5.2 e 5.3, può ritenersi corretto l’assunto del giudice di merito che – pur dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 218 del 2000 – la comunicazione che il datore, ai sensi della L. n. 164 del 1975, art. 5, è tenuto a dare alle rappresentanze sindacali aziendali debba contenere l’indicazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione, i quali solo successivamente dovranno costituire oggetto del successivo esame congiunto.

11.- Consegue l’irrilevanza della questione attinente il rilievo assegnato alla documentazione di provenienza ministeriale (n. 5.5).

Ove si ritenga che criteri di individuazione e modalità di rotazione debbono essere indicate ab initio nella comunicazione di avvio, è superfluo esaminare la tesi che assegna valore asseverativo ad un documento che attesta che quell’indicazione è avvenuta solo in un momento successivo, e cioè in sede di esame congiunto.

12.- Neppure può sostenersi che gli accordi 18.3.03 e 22.7.03 avrebbero sanato ogni eventuale vizio della procedura attivata con la lettera 31.10.02.

In proposito va precisato che la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (Cass. 2.8.04 n. 14721, 21.8.03 n. 12307 ed altre) parte dal presupposto che l’accordo sia di per sè esaustivo delle esigenze conoscitive e di esternazione imposte dal combinato normativo della L. n. 164, art. 5 e della L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8, in quanto in tal caso sarebbe solo inutile formalismo imporre al datore di comunicare alle Oo.ss. quei criteri di selezione che proprio con esse ha elaborato (Cass. 3.5.04 n. 8353).

Nel caso di specie, tuttavia, l’accordo – intervenuto a procedura già iniziata e quando molte centinaia di lavoratori erano già stati posti in cassa integrazione – si limita a formulare un generale sistema di rotazione a partire dall’aprile 2003, senza indicare il procedimento di individuazione dei soggetti interessati, il che esclude quel carattere esaustivo sopra rilevato.

Inoltre, per il fatto di essere intervenute a procedura già iniziata, le modalità concordate in sede di accordo non possono soddisfare all’essenziale esigenza cui la preventiva comunicazione è preposta, e cioè quella di consentire (non solo alle Oo.ss. di confrontarsi sul punto, ma anche) ai lavoratori coinvolti nella procedura – tanto prima che dopo il raggiungimento dell’accordo – di verificare se l’utilizzo della cassa integrazione da parte del datore di lavoro sia coerente al programma di superamento della crisi adottato e, quindi, di consentire la tutela della loro posizione individuale, nella sostanza controllando il potere del datore di collocarli in cassa integrazione (v. anche Cass. 10.5.10 n. 11254).

13.- Escludendo il carattere sanante degli accordi 18.3.03 e 22.7.03 ed assegnando natura ostativa alle omissioni della comunicazione, il giudice di merito si è attenuto ad una lettura della norma basata su un principio pacifico, affermato da Cass., S.u., 11.5.00 n. 302, secondo cui in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle Oo.Ss., ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7 e L. n. 164 del 1975, art. 5, commi 4 e 5). Ove l’illegittimità può essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.

14.- Quanto all’incidenza della comunicazione 31.10.82 sulla posizione del ricorrente (n. 5.5). deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha precisato che “i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere …”, di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 1, debbono essere connotati dal requisito della specificità, ovvero, dalla “idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri”, precisandosi che l’aggettivazione “non individua una specie nell’ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione”, atteso che “un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta” (v. Cass. 1.7.09 n. 15393, che richiama Cass. 23.4.04 n. 7720, e fa chiaro riferimento a S.u. n. 302 del 2000, citata).

Tale specificità non è stata riscontrata dal giudice di merito, che – analizzando il contenuto specifico dei documenti in considerazione – ha ritenuto non evidenziato con sufficiente specificità il percorso aziendale che ha portato all’individuazione dei singoli lavoratori da sospendere in cassa integrazione, tanto nell’originaria comunicazione del 31.10.02, quanto nell’accordo 22.7.03 (e nella prodromica comunicazione 18.7.03), il quale pure faceva riferimento ai lavoratori adibiti alla produzione di un singolo modello di vettura.

Trattasi di valutazione di merito che, in quanto congruamente motivata, non è suscettibile di censura in sede di legittimità”.

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

La società ha depositato una memoria.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, valutando le argomentazioni ribadite nella memoria depositata dalla società insufficienti a determinare un mutamento di giudizio.

Il ricorso va pertanto respinto, con la condanna della ricorrente alle spese di questo giudizio, la cui liquidazione è effettuata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al resistente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.000,00, oltre accessori, per onorari, che distrae agli avv.ti Giuseppe e Benedetto Pellerito nonchè Silvio Chiodo.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011

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