Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26950 del 02/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26950 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 15680-2011 proposto da:
CAVALLERI IVO CVLV1065C09B2961, domiciliato in ROMA,
VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato ANDREONI
AMOS, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BUFI AMEDEO, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
2723

contro

AZIENDA GARDESANA SERVIZI S.P.A. (P.I. 80019800236),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 112,
presso lo studio dell’avvocato MAGRINI SERGIO, che la

Data pubblicazione: 02/12/2013

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
DELL’OMARINO ANDREA, DAMOLI CLAUDIO, CANTONE LORENZO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 423/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato AMOS ANDREONI;
udito l’Avvocato SERGIO MAGRINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per raccoglimento del ricorso.

di VENEZIA, depositata il 08/02./2014. r.g.n. 833/2009;

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Verona, Ivo Cavalieri, premesso di
essere stato dipendente, con mansioni di addetto alla
manutenzione di impianti e reti, dell’Azienda Gardesana Servizi
S.p.A. chiedeva, previo accertamento dell’illegittimità del
licenziamento intimatogli per giusta causa il 9.5.2008, la

danni ex art. 18 L. n. 300\70.
A sostegno del ricorso eccepiva l’insussistenza della giusta causa,
confutando i fatti posti a fondamento del licenziamento. Veniva in
particolare contestato al Cavalieri di essere stato

“sorpreso

all’interno della proprietà della famiglia Simeoni di Rivoli
Veronese intento a manomettere un impianto di sollevamento
utilizzato per l’irrigazione dei campi, impianto dotato di una
pompa e di quadri elettrici” e di aver proposto “al titolare della
ditta Tecnopompe, & provvedere al pagamento di quanto dovuto
per la riparazione per il tramite dell’assegnazione da parte Sua
(del Cavalieri), per conto di Azienda Gardesane Servizi S.p.A., di
ordini fittizi per lavori ovvero di incaricarlo di eseguire inesistenti
lavori di manutenzione su impianti di AGS S.p.A., ovvero
simulando la necessità di effettuazione di un grosso intervento
urgente sempre su impianti AGS S.p.A., tutto con il solo fine di
“coprire” in tal modo l’importo” di €.4.100,00 (pari alla spesa
necessaria per il lavoro da eseguire a seguito della manomissione
della pompa dell’impianto di proprietà dei signori Simeoni)
ponendolo a carico di AGS S.p.A” (cfr. contestazione disciplinare
28.4.2008).
Si costituiva la società chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale, assunte le prove testimoniali, respingeva il ricorso.
Proponeva appello il Cavalieri lamentando che il primo giudice
aveva travisato le risultanze istruttorie e che comunque i fatti non
giustificavano il licenziamento inflittogli. Resisteva la società.

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condanna della società alla reintegrazione e al risarcimento dei

Con sentenza depositata 1’8 febbraio 2011, la Corte d’appello di
Venezia respingeva il gravame con condanna alle spese di lite.
Per la cassazione propone ricorso il Cavalieri, affidato a tre
motivi.
Resiste la società con controricorso. Entrambe le parti hanno
depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre ad omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, nn.
3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che la sentenza impugnata pose acriticamente a base
della decisione le deposizioni degli unici due testi escussi, che ad
avviso del ricorrente risultavano non decisive, non confermando
con chiarezza i gravi fatti contestati.
Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile in quanto richiede a questa S.C. un riesame delle
risultanze istruttorie e delle circostanze di fatto della controversia.
Risulta infatti del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione
ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un
nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria
valutazione delle risultanze degli atti di causa (ex plutimís, Cass.
Cass. 6 marzo 2006 n. 4766). Infondato in quanto il giudice di
appello ha congruamente motivato circa la prova degli addebiti
contestati, basandosi sul chiaro tenore delle deposizioni
testimoniali raccolte, non contenenti, come lamenta il ricorrente,
solo congetture ma la chiara conferma che, come peraltro
riportato a pag. 6 del ricorso, “Il Cavalleri insistette dicendomi
che per il pagamento (ammettendo dunque il fatto materiale
dell’asportazione di grossi cavi di rame dai fili elettrici della
pompa, come confermato dal teste Silvestrelli) avrebbe fatto in
modo di far figurare l’effettuazione di ordini fittizi per conto

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Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa

dell’azienda o che avrebbe simulato la necessità di un grosso
intervento urgente sempre per conto dell’azienda” (teste Naoni).
Risultando irrilevante la dedotta circostanza che il Cavalieri
avesse o meno i poteri o la possibilità di fare quanto ora riferito,
resta la assoluta gravità dei fatti contestati.
2.-Con il secondo motivo il Cavalieri denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., oltre ad omessa,

controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, nn.
3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che la Corte territoriale si basò unicamente sulle
deposizioni dei due testi riferiti, senza dar corso all’escussione dei
testi di parte ricorrente. Pur ammettendo che rientra nella
discrezionalità del giudice di merito valutare quali prove porre a
base della decisione, il ricorrente si duole che allorquando le
prove acquisite siano carenti e contraddittorie, lo stesso giudice
sia tenuto ad esaurire l’istruttoria richiesta.
Il motivo è infondato. Oltre a richiedere a questa S.C. autonomi e
diversi apprezzamenti dei fatti (quali ad esempio la circostanza
che il teste Naoni avrebbe comunque proweduto al prelievo della
pompa portandola nella propria officina), va qui ribadito che il
giudice di merito è libero di porre a fondamento della decisione
gli elementi istruttori che ritenga più idonei a dimostrare i fatti in
discussione (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006
n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre
2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo
2010 n. 7394), così come di dichiarare chiusa l’istruttoria
allorquando ritenga raggiunti sufficienti elementi per decidere
(Cass. 22 aprile 2009 n. 9551, Cass. n.15955 del 2004).
3.- Con il terzo motivo il Cavalieri denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c., oltre ad omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto

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insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto

controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, nn.
3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che il giudice di appello, nel motivare la gravità dei fatti,
si basò sul mero timore espresso da un teste che il ricorrente
potesse mettere in atto i rimedi (certamente illeciti) riferiti.
Lamenta ancora che la sentenza impugnata non motivò
adeguatamente in ordine alla proporzionalità della sanzione

Il motivo è infondato, posto che, come sopra evidenziato, il
giudice d’appello ha accertato non già le congetture di un teste,
quanto piuttosto la chiara conferma del taglio dei grossi fili di
rame e di quel che il Cavalieri propose al fine di rimediare al
danno (essendo, a causa di ciò, la complessa pompa divenuta
inservibile). Quanto alla proporzionalità, mentre risulta irrilevante,
in caso di oggettiva gravità dei fatti contestati, la dedotta assenza
di precedenti disciplinari (Cass.10 luglio 1984 n. 4025; Cass. 15
ottobre 1985 n. 5060), o che i fatti siano awenuti fuori dell’orario
di lavoro (da ultimo, Cass. 30 gennaio 2013 n. 2168), ritiene la
Corte corretta ed adeguata la motivazione della sentenza
impugnata laddove ha ritenuto che tali fatti, commessi peraltro
da un addetto alla manutenzione degli impianti, siano tali da
ledere irrimediabilmente la fiducia che è alla base del rapporto di
lavoro, considerando non solo il grave danneggiamento di una
pompa di un impianto di irrigazione, attraverso l’irrimediabile
taglio dei cavi elettrici in rame, ma anche l’ancora più grave —ed
esplicitamente dichiarata- intenzione di addebitare alla datrice di
lavoro i costi della riparazione attraverso ordini e fatturazioni

Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.

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adottata.

La Corte dichiara rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che
liquida in E.50,00 per esborsi, E.3.000,00 per compensi, oltre
accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 settembre

2013

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