Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26947 del 23/12/2016

Cassazione civile, sez. I, 23/12/2016, (ud. 13/10/2016, dep.23/12/2016),  n. 26947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6225-2010 proposto da:

DEUTSCHE BANK S.P.A., (p.i. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30,

presso l’avvocato GIAMMARIA CAMICI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DANIELE MAGNANI, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

TESSITURA C.M. & C. S.P.A. (p.i. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LAVINIO 15, presso l’avvocato GIOVANNI BIZZARRI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GERMANO SONETTI,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI SONDRIO SOC. COOP. PER AZIONI, B.P.,

B.C.;

– intimate –

Nonchè da:

BANCA POPOLARE DI SONDRIO SOC. COOP. PER AZIONI (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, Via PACUVIO 34, presso l’avvocato GUIDO

ROMANELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BENITO PERRONE, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

TESSITURA CARLO MAJOCCHI & C. S.P.A., B.P.,

B.C., DEUTSCHE BANK S.P.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 257/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato G. CAMICI che ha chiesto

l’accoglimento del proprio ricorso e rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per la controricorrente TESSITURA C. M., l’Avvocato G.

BIZZARRI che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso e rigetto

del principale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale BANCA POP.

SONDRIO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale,

accoglimento del proprio ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. In data 25 giugno 1999, la società Tessitura Carlo Majocchi & C. s.p.a. inviava per posta alla propria cliente Tessilstudio s.n.c. l’assegno bancario non trasferibile n. (OMISSIS), dell’importo di Lire 761.732, tratto sul proprio conto corrente n. (OMISSIS) aperto presso la Banca Popolare di Sondrio s.p.a. Successivamente la società emittente veniva a conoscenza del fatto che il titolo era stato pagato dalla Deutsche Bank s.p.a., per il maggiore importo di Lire 196.677.000 a favore della Master s.a.s. di M.B. & C., il cui titolare lo aveva presentato a detta banca, girandolo per l’incasso. Con atto di citazione notificato l’8 marzo 2000, la Tessitura Carlo Majocchi & C. s.p.a. conveniva, pertanto, in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la Banca Popolare di Sondrio s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti, quantificati in Lire 196.677.000, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria. La convenuta si costituiva, proponendo domanda di garanzia nei confronti della Deutsche Bank s.p.a. e della Master s.a.s. di Maurizio Bianchi & C., che evocava in giudizio, al fine di essere dalle medesime manlevata dalla domanda avanzata nei suoi confronti da parte attrice. La Deutsche Bank s.p.a. si costituiva, proponendo, a sua volta, domanda di garanzia nei confronti della Master s.a.s. di Maurizio Bianchi & C. Quest’ultima non si costituiva in giudizio. Il Tribunale adito, con sentenza n. 7490/2005, rigettava la domanda principale e, di conseguenza, disattendeva anche le domande di garanzia.

2. Avverso tale decisione proponeva appello principale la Tessitura C.M. s.p.a. ed appello incidentale la Deutsche Bank s.p.a., con il quale l’istituto di credito chiedeva la condanna della Master s.a.s. di M.B. & C. a tenerla indenne da quanto la medesima avesse dovuto pagare, per effetto dell’eventuale accoglimento della domanda di garanzia proposta dalla Banca Popolare di Sondrio. Quest’ultima si costituiva a sua volta in giudizio, depositando peraltro solo nell’udienza di prima comparizione – la propria comparsa, nella quale riproponeva la domanda di garanzia nei confronti della Deutsche Bank s.p.a. e della Master s.a.s. di M.B. & C. La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 257/2009, depositata il 27 gennaio 2009, accoglieva l’appello principale e condannava la Banca Popolare di Sondrio al pagamento, in favore della Tessitura C.M. & C. s.p.a., della somma di Euro 101.575,19, oltre interessi legali e spese del giudizio. La medesima pronuncia ritenendo sussistere la responsabilità di entrambi gli istituti di credito – accoglieva parzialmente la domanda di manleva proposta dalla appellata Banca Popolare di Sondrio, condannando la Deutsche Bank s.p.a. a tenere indenne la prima del 50% dell’importo da essa dovuto all’appellante. La Corte di Appello accoglieva, infine, la domanda di manleva proposta da entrambe le banche nei confronti della Master s.a.s., condannando quest’ultima a tenerle indenni degli importi dalle medesime dovuti all’appellante, oltre che delle spese di giudizio.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso principale la Deutsche Bank s.p.a. nei confronti della Banca Popolare di Sondrio s.p.a., della Tessitura C.M. &. C. s.p.a. e di P. e B.C., quali eredi di B.M., legale rappresentante della Master s.a.s. (cancellata, nelle more, dal registro delle imprese), sulla base di tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. Le resistenti Tessitura C.M. &. C. s.p.a. e Banca Popolare di Sondrio s.p.a. hanno replicato con controricorso, contenente, altresì, quello della Banca Popolare di Sondrio s.p.a., ricorso incidentale affidato a quattro motivi. Le intimate P. e B.C. non hanno svolto attività difensiva.

5. Entrambe le banche hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via pregiudiziale, va rilevato che la resistente Tessitura C.M. & C. s.p.a. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso della atteso che esso, nella copia notificata alla deducente, non contiene nè la firma della parte conferente la procura, nè quella, per autentica, del difensore, rendendo impossibile stabilire se il rilascio della procura sia avvenuto in data anteriore o, quanto meno contemporanea, alla notifica dell’atto introduttivo del presente giudizio.

1.1. L’eccezione è infondata.

1.1.1. Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per Cassazione, è sufficiente che la parte abbia regolarmente sottoscritto la procura al difensore nell’originale del ricorso, non rilevando che tale sottoscrizione manchi nella copia notificata, nella quale sia fatta menzione del rilascio della procura (Cass. 154/1983; Cass. 5896/1985). Ne discende che, qualora l’originale del ricorso per cassazione rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione ad opera del medesimo della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura, la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata non determina l’inammissibilità del ricorso, ma una mera irregolarità, quando tale copia contenga elementi idonei (come la trascrizione o l’indicazione della procura o l’attestazione dell’ufficiale giudiziario in ordine alla richiesta di notificazione) a dimostrare la provenienza dell’atto da difensore munito di mandato speciale (cfr. Cass. S.U. 11632/2003; Cass. 13385/2005; Cass. 4548/2011; Cass. 3791/2014).

1.1.2. Nel caso concreto, l’originale del ricorso della Deutsche Bank reca la sottoscrizione della banca ricorrente nella procura conferita al difensore, con la firma del difensore medesimo, munito di procura speciale, mentre la copia notificata dell’atto contiene, sia la trascrizione della procura, che l’attestazione dell’ufficiale giudiziario in ordine alla richiesta di notificazione, proveniente dal difensore della ricorrente, per cui la dedotta inammissibilità non può ritenersi sussistente.

2. Passando, quindi, all’esame del merito, va rilevato che, con il primo motivo di ricorso, la Deutsche Bank s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1.

2.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto ammissibile la domanda di garanzia riproposta dalla Banca Popolare di Sondrio nei confronti di Deutsche Bank s.p.a., in mancanza di un tempestivo appello incidentale, ai sensi degli artt. 343 e 166 c.p.c., essendosi l’istituto di credito appellato costituito solo nella prima udienza dinanzi alla Corte di Appello di Milano. Sicchè la domanda in parola avrebbe dovuto essere considerata inammissibile, poichè tardiva, non potendosi – a parere della deducente – condividere l’assunto della Corte territoriale, secondo cui sarebbe stata sufficiente la mera riproposizione in appello, ex art. 346 c.p.c., della domanda di garanzia non esaminata in primo grado, in quanto assorbita dal rigetto della domanda principale, essendo, per contro, necessaria la proposizione di un tempestivo appello incidentale.

2.2. La censura è infondata.

2.2.1. Questa Corte, nella camera di consiglio del 15 dicembre 2015, rilevava che sulla questione introdotta dalla ricorrente con il motivo di ricorso in esame doveva registrarsi un evidente contrasto di giurisprudenza. Una parte delle decisioni di legittimità affermava, invero, che, qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è sufficiente la riproposizione, ex art. 346 c.p.c., della domanda non esaminata o respinta dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, poichè la richiesta dell’appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma tende alla riforma della pronuncia concernente un rapporto diverso, non dedotto in giudizio con l’appello principale (cfr. Cass. 2792/1971; Cass. 2760/1979; Cass. 6633/1987; Cass. 2671/1989; Cass. 2992/1995; 11060/1997; Cass. 2061/2004; Cass. 5249/2006; Cass. 15107/2013). Altra parte della giurisprudenza affermava, invece, che, qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è necessaria la proposizione di appello incidentale condizionato, essendo sufficiente la riproposizione, ex art. 346 c.p.c., della domanda non esaminata dal primo giudice per essere stata respinta la domanda principale. La parte vittoriosa in primo grado non ha, infatti, motivo di dolersi dell’impugnata sentenza nè dispone di elementi sui quali fondare le proprie censure, sicchè non può che limitarsi, per superare la presunzione di rinunzia, a riproporre la domanda di garanzia non esaminata, ancorchè il rapporto dedotto in giudizio con l’appello principale sia diverso da quello concernente la domanda proposta nei confronti dei chiamati in causa (cfr. Cass. 6375/1988; Cass. 8973/2000; Cass. 2051/2014).

Con ordinanza del 15 dicembre 2015, pertanto, il collegio – rilevato che in ordine a tale questione era stata effettuata dalla seconda sezione civile, con ordinanza n. 2118/2015, la rimessione alle Sezioni Unite – rinviava la causa a nuovo ruolo, in attesa di tale decisione.

2.2.2. Tanto premesso, va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno risolto la questione/affermando che, in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la mera riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (cfr. Cass. S.U. 7700/2016). Ne consegue che, poichè nel caso di specie la domanda di garanzia era stata proposta in prime cure dalla Banca Popolare di Sondrio nei confronti della Deutsche Bank “in via subordinata”, ossia condizionatamente all’accoglimento della domanda attorea, come dedotto dalla stessa ricorrente Deutsche Bank s.p.a. (p. 3 del ricorso), la sua reintroduzione nel giudizio di appello non richiedeva la riproposizione di un apposito appello incidentale, soggetto ai termini di cui agli artt. 343 e 166 c.p.c., essendo sufficiente la sua riproposizione ex art. 346 c.p.c..

2.3. Il mezzo va, di conseguenza, rigettato.

3. Con il secondo motivo di ricorso principale della Deutsche Bank e con il primo e secondo motivo del ricorso incidentale della Banca Popolare di Sondrio – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 2056, 1227 e 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione si un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

3.1. Le ricorrenti principale ed incidentale si dolgono del fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto di porre a carico sia della banca trattaria (Banca Popolare di Sondrio s.p.a.), che della banca girataria per l’incasso (Deutsche Bank s.p.a.), la responsabilità del pagamento dell’assegno ad un terzo (Master s.a.s. di Maurizio Bianchi & C.) per un importo superiore a quello recato dal titolo, e ciò sulla base di un mero esame visivo del documento, posto in controluce, senza tenere in alcun conto, sul piano motivazionale, del notevole concorso di colpa dell’emittente l’assegno, Tessitura C.M. & C. s.p.a., che aveva tratto un assegno bancario senza data e luogo di emissione ed aveva improvvidamente utilizzato la posta ordinaria, per la sua spedizione al preteso beneficiario, Tessilstudio s.n.c.

Siffatta conclusione cui è pervenuto il giudice di seconde cure si porrebbe, invero, in contrasto con quanto deve desumersi dal disposto delle disposizioni succitate, ovverosia che la responsabilità della banca per il pagamento di un assegno non trasferibile ad un soggetto diverso dal prenditore o dalla banca girataria per l’incasso, presuppone la violazione, in concreto, del dovere di diligenza media esigibile dall’istituto di credito, la cui prova cederebbe comunque a carico del danneggiato.

3.2. Le doglianze sono infondate.

3.2.1. Il R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 43, comma 2, dispone che “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento”. L’espressione “colui che paga”, adoperata dalla norma in esame – come questa Corte ha più volte avuto modo di chiarire va intesa in senso ampio. Essa, infatti, non solo va riferita alla banca trattarla (o all’emittente, in caso di assegno circolare), essendo quest’ultima tenuta, quando il titolo le viene rimesso in stanza di compensazione, a rilevarne l’eventuale alterazione o falsificazione, quando ciò sia verificabile con la diligenza media, ma va considerata applicabile anche alla diversa banca cui l’assegno sia stato girato per l’incasso da un proprio cliente e che lo abbia in favore di costui monetizzato (o accreditato sul suo conto corrente) per poi inviarlo alla stanza di compensazione. Siffatta conclusione – corroborata dall’analogia con quanto previsto dalla L. assegni, art. 41, u.c., che espressamente equipara a quella del trattario la responsabilità del banchiere presso il quale sia stato posto all’incasso un assegno sbarrato – è giustificata dal rilievo che non già la banca trattarla (art. 38 cit. R.D.), bensì soltanto la banca negoziatrice è tenuta ed è concretamente in condizione di controllare l’autenticità della firma di colui che, girando l’assegno per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento (cfr., ex plurimis, Cass. S.U. 14712/2007, in motivazione; Cass. 6624/2010; 20573/2010).

3.2.2. E tuttavia, una tale responsabilità di entrambi gli istituti di credito non può certamente prescindere da una valutazione in concreto sull’uso della diligenza richiesta al bancario medio sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili all’attività bancaria le disposizioni di cui all’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 1992 c.c., comma 2. In tale prospettiva, questa Corte ha affermato che, nel caso di pagamento, da parte di una banca, di un assegno circolare trafugato ed alterato, non basta, ai fini dell’applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2, la mera rilevabilità dell’alterazione, occorrendo che la stessa sia visibile “ictu oculi”, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, nè deve essere un esperto grafologo. Il giudice di merito dovrà, pertanto, verificare se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche (cfr. Cass. 6524/2000; 15066/2005; 20292/2011; 6513/2014; 1377/2016).

3.2.3. Nel caso di specie, la Corte di Appello ha anzitutto affermato che, con l’esibizione dell’assegno per cui è causa da parte della banca trattaria, ad istanza della società appellante principale, la Tessitura C.M. aveva “assolto il proprio onere probatorio”, atteso che l’acquisizione di detto titolo al giudizio ha indubbiamente consentito alla Corte di verificare – se fosse stato necessario, con l’ausilio di una consulenza d’ufficio – l’esistenza, o meno, delle denunciate alterazioni. E l’affermazione appare del tutto corretta, poichè l’elemento probatorio essenziale, in subiecta materia, è costituito proprio dall’esame dell’assegno di cui si assume l’alterazione.

Ed invero, la Corte territoriale ha accertato che – esaminato in controluce (operazione elementare che l’impiegato di banca è certamente tenuto a fare) – l’assegno presentava una minore consistenza materiale, risultando il fondo della carta più chiaro e meno compatto rispetto alle altre zone, in corrispondenza degli spazi destinati all’indicazione della somma (in cifre ed in lettere) e del beneficiario. La localizzazione di tali “sbiancamenti”, con evidenti segni di sovrapposizione, proprio nella parti concernenti la cifra, alla quale rispetto agli originali sei numeri – risultavano aggiunti tre zeri, ed alla denominazione del beneficiario, a cui si è aggiunta la sensazione tattile di minore consistenza, derivata dallo “sfregamento dei polpastrelli sulle zone alterate”, hanno, pertanto, indotto la Corte territoriale a ritenere evidentemente contraffatto l’assegno in questione.

3.2.4. Orbene, essendo la falsificazione percepibile ictu oculi dal mero esame visivo del titolo, la responsabilità della banca negoziatrice e di quella trattaria, che ha esaminato successivamente l’assegno nella stanza di compensazione, deve considerarsi evidente, a prescindere – come esattamente rilevato dalla Corte di Appello – dalle modalità con le quali l’assegno sia pervenuto illecitamente in possesso di terzi. D’altro canto, la Corte non potrebbe in questa sede, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione, in alcun modo sostituire al giudizio di fatto operato dal giudice di seconde cure una propria ricostruzione della vicenda, in conformità alle aspettative delle ricorrenti (Cass. S.U. 24148/2013).

3.2.5. Ma neppure giova a queste ultime eccepire la sussistenza di un concorso di colpa dell’emittente l’assegno, Tessitura C.M. & C. s.p.a., che aveva tratto un assegno bancario senza data e luogo di emissione ed aveva utilizzato, per la sua spedizione al preteso beneficiario, Tessilstudio s.n.c., la posta ordinaria. Ed invero, posto che dalla sentenza di appello non è dato desumere in alcun modo che fosse in qualche modo emerso, dagli atti di causa, che l’assegno in parola era stato emesso senza data e luogo di emissione, mentre dalla sentenza di primo grado – trascritta nel ricorso (pp. 30 e 31) – si evince soltanto che la lettera in data 15 giugno 1999, di spedizione dell’assegno, non conteneva l’indicazione della data di emissione dell’assegno, del tutto infondata si palesa l’eccezione in parola per quanto concerne le modalità di spedizione del titolo di credito. Va osservato, infatti, che la condotta tenuta dal traente un assegno di rilevante importo, consistita nella spedizione del titolo medesimo al beneficiario, a mezzo lettera raccomandata, non assume alcun rilievo causale in riferimento all’evento produttivo del danno lamentato dallo stesso traente, determinatosi in ragione del successivo pagamento dell’assegno in favore di soggetto estraneo al rapporto cartolare, a seguito di riconoscibile falsificazione nel nome del beneficiario. Detto evento è, per vero, da ascrivere unicamente alle condotte colpose realizzate, nonostante l’evidente falsificazione, rispettivamente dall’istituto di credito che ha posto il titolo all’incasso e dalla banca che lo ha presentato in stanza di compensazione, non potendo essere invocata, al fine di radicare una concorrente responsabilità del traente, la disciplina recata dal D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 83 e 84 sul divieto di includere nelle corrispondenze ordinarie denaro, oggetti preziosi e carte di valore, giacchè attinente ai soli rapporti tra l’ente postale e gli utenti del medesimo (cfr. in tal senso, Cass. 7618/2010; 23460/2014).

3.3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, le censure in esame devono essere rigettate.

4. Con il terzo motivo del ricorso principale ed il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale la Deutsche Bank e la Banca Popolare di Sondrio denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. violazione artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 1710, 1227 e 2697 c.c., nonchè la motivazione contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

4.1. Le ricorrenti censurano, da punti di vista diametralmente opposti, la decisione di seconde cure: la ricorrente principale, per avere tale decisione evidenziato una maggiore negligenza della banca trattaria rispetto alla negoziatrice, ed avere, nondimeno, posto – del tutto contraddittoriamente – la responsabilità dell’illecito a carico di entrambe le banche in pari misura (50%); la ricorrente incidentale, per non avere la Corte di Appello posto l’intera responsabilità dell’illecito a carico della banca negoziatrice (ricorrente principale).

4.2. Le doglianze sono infondate ed in parte inammissibili.

4.2.1. Per quanto attiene, invero, al motivo di ricorso principale, sub specie del vizio di motivazione, va osservato che il vizio in parola ricorre soltanto in presenza di argomentazioni in contrasto tra loro, tali da non rendere agevole la comprensione della “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice nell’emettere la decisione impugnata (cfr. Cass. 8106/2006; Cass. S.U. 25984/2010; 3270/2015).

4.2.2. Nel caso concreto, è evidente che la Corte territoriale, dopo avere accertato la responsabilità della banca negoziatrice, che per prima aveva avuto modo di esaminare l’assegno, ha voluto affermare anche la concorrente responsabilità della banca trattaria – che poteva apparire più defilata – assumendo che la stessa era stata, sebbene avesse visto il titolo solo in un secondo momento, ancora più negligente della prima per avere omesso di chiedere informazioni al cliente. In definitiva dalla sentenza si comprende chiaramente che la Corte ha inteso attribuire una responsabilità paritaria alle due banche, rafforzando – impropriamente – la motivazione in ordine alla banca trattaria, con l’affermarne una responsabilità anche maggiore, per il ruolo apparentemente più di secondo piano che quest’ultima rivestiva nella vicenda.

4.2.3. Per quanto concerne, poi, il terzo motivo di ricorso principale, sub specie della violazione di legge, ed i motivi terzo e quarto di ricorso incidentale, le censure sono inammissibili, poichè la determinazione del concorso di colpa operata dal giudice di merito può essere censurata in cassazione solo sub specie del vizio di motivazione, e non della violazione di legge (cfr. Cass. 20283/2004; Cass. 6752/2011).

4.3. Le doglianze suesposte vanno, pertanto, disattese.

5. Ne consegue che sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere rigettati.

6. Concorrono giusti motivi, tenuto conto dell’esito finale del giudizio, per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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