Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26947 del 15/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 15/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 15/12/2011), n.26947
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (c.f. (OMISSIS)),
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentata e difesa
dall’Avvocato CORETTI ANTONIETTA e dagli Avvocati STUMPO VINCENZO e
DE ROSE EMANUELE per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2923/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 28/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;
udito l’Avvocato Clementina Pulli per delega Coretti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato.
Fatto
RITENUTO FATTO E DIRITTO
1- C.M., operaia agricola a tempo determinato, si rivolse al giudice del lavoro di Foggia per ottenere il ricalcolo dell’indennità di disoccupazione agricola corrisposta in relazione alle giornate di lavoro effettuate nell’anno 2001, ai sensi del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 in relazione alla retribuzione fissata dalla contrattazione integrativa collettiva della provincia, anzichè in base al salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non più incrementato.
2.- Il Tribunale accoglieva la domanda parzialmente, affermando peraltro che non doveva essere incluso nel salario reale della lavoratrice la c.d. quota di t.f.r.
3.- Proposto appello dall’operaia, la Corte d’appello di Bari (sentenza depositata il 28.09.09) accoglieva l’impugnazione e condannava l’INPS a riliquidare l’indennità di disoccupazione corrisposta all’appellante per l’anno di riferimento, ponendo a base del calcolo il salario fissato pro tempore dalla contrattazione collettiva provinciale, compresa la c.d. quota di trattamento di fine rapporto, oltre accessori.
4.- Proponeva ricorso per cassazione l’INPS. Non svolgeva attività difensiva l’assicurato. Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.
5.- Con il ricorso per cassazione l’INPS deduce violazione degli artt. 44, 49, e 53 del ccnl operai agricoli e florovivaisti del 10.7.98, in relazione al D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 6, comma 4, lett. a) ed all’art. 1362 c.c. e segg. e all’art. 2120 c.c., nonchè alla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, commi 10 e 11, contesta la tesi della Corte d’appello che l’emolumento denominato trattamento di fine rapporto (t.f.r.) corrisposto agli operai agricoli a tempo determinato costituisca una componente della retribuzione, come tale idonea a determinare la indennità di disoccupazione, e non salario differito, escluso ai sensi del detto art. 6, comma 4, lett. a) sia dalla base imponibile dei contributi previdenziali, sia dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in agricoltura.
6.- Confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n. 10546, secondo cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, questa Corte ha ulteriormente affermato che “sulla base del suddetto principio, la voce denominata quota di t.f.r. dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, conv. dalla L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva” (v. Cass. 5.1.11 n. 202 e numerose altre conformi).
7.- Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal legislatore il quale con norma interpretativa contenuta nel D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (conv. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111) prevede che il D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e il D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5 convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
8.- Il ricorso è, dunque, fondato e deve essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, può provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda.
9.- Nulla deve statuirsi per le spese dell’intero giudizio, trattandosi di controversia a contenuto previdenziale iniziata prima dell’ottobre 2003.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda, nulla disponendo per le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011