Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26946 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 23/12/2016, (ud. 13/10/2016, dep.23/12/2016),  n. 26946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11381-2009 proposto da:

AZZURRA S.A.S. DI P.G., già AURORA CHEMICAL, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso l’avvocato ANDREA CUCCIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ERMANNO BOCCHINI, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CAIAZZO INDUSTRIE DETERGENTI S.R.L.;

– intimata –

Nonchè da:

CAIAZZO INDUSTRIE DETERGENTI S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO CARBONE, giusta procura

speciale per Notaio dott. F.R.M. di (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AZZURRA S.A.S. DI PENNINO GIUSEPPE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1161/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato E. BOCCHINI che ha chiesto

l’accoglimento del proprio ricorso e rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

C. CARBONE che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso e

rigetto del ricorso principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 18 dicembre 2000, la Caiazzo Industrie Detergenti s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, la Azzurra s.a.s. di Pennino Giuseppe (già Aurora Chemical s.a.s.), chiedendo accertarsi che quest’ultima – ponendo in commercio un prodotto del tutto simile, per nome e segni distintivi, a quello prodotto e venduto dall’attrice – aveva posto in essere un atto di concorrenza sleale per imitazione servile, aì sensi dell’art. 2598 c.c. L’istante chiedeva, inoltre la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti, sia per le perdite determinate dalla menzionata attività concorrenziale, sia per la lesione all’immagine aziendale ed alla originalità dei prodotti. Il Tribunale adito, con sentenza n. 11224/2005, accoglieva la domanda, condannando la Azzurra s.a.s. al risarcimento, in favore della Caiazzo Industrie Detergenti s.r.l., dei soli danni derivanti dall’attività costituente concorrenza sleale posta in essere dalla convenuta.

2. Avverso tale sentenza proponevano appello principale l’Azzurra s.a.s., nonchè appello incidentale la Caiazzo Industrie Detergenti s.r.l., che venivano entrambi disattesi dalla Corte dì Appello dì Napoli, con sentenza n. 1161/2008, depositata il 26.3.2008. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure, rigettando l’appello principale, riteneva non vincolante la sentenza penale emessa nei confronti del legale rappresentante dell’Azzurra s.a.s., ma reputava che fossero stati accertati in concreto, sulla base delle risultanze istruttorie acquisite in sede civile, gli estremi dell’ imitazione servile posta in essere da detta società. La medesima sentenza riteneva, peraltro, quanto all’appello incidentale proposto dalla Caiazzo Industrie Detergenti s.r.l., che non fosse stata comprovata da detta società la sussistenza di un effettivo danno all’immagine aziendale ed all’originalità dei prodotti diversi dal sapone per cui è causa.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso la Azzurra s.a.s. di P.G. nei confronti della Caiazzo Industrie Detergenti s.r.l., sulla base di due motivi. La resistente ha replicato con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, la Azzurra s.a.s. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 56 e 517 c.p. e art. 2598 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. La ricorrente censura l’impugnata sentenza per avere la Corte di Appello – a suo dire – affermato che gli estremi della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. ricorrerebbero anche quando l’attività, consistente nel vendere o nel porre altrimenti in circolazione un determinato prodotto industriale, imitandone il marchio o i segni distintivi, sia stata solo tentata.

1.2. La censura è inammissibile.

1.2.1. Il motivo, invero, così come articolato dalla ricorrente, non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, sicchè esso difetta dei requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, richiesti dal disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. ex plurimis, Cass. 3741/2004; 13259/2006; 15952/2007).

1.2.2. Ed infatti, la decisione di appello (pp. 11-13) non ha affermato affatto quanto dedotto dalla ricorrente, ovverosia che il tentativo di vendere o di porre comunque in circolazione merce che imiti un prodotto di un’altra ditta, appartenente allo stesso settore industriale, sia equiparabile ed assimilabile alla concorrenza sleale consumata. La Corte partenopea si è, difatti, limitata a statuire che la decisione penale di condanna del legale rappresentante della Azzurra s.a.s. non fa stato nel giudizio civile, per un duplice motivo. In primo luogo, per la non integrale coincidenza delle parti dei due giudizi, non essendo stata citata nè essendo intervenuta nel processo penale la responsabile civile del reato, ossia la Aurora Chemical s.a.s. (ora Azzurra s.a.s.). In secondo luogo, per il fatto che dalla decisione emessa in sede penale non era possibile trarre la prova certa, nè che vi fosse stata una diffusione del prodotto con segni distintivi mendaci, nè che il prodotto in questione non fosse mai stato posto in commercio, essendo stato accertato in concreto solo che il legale rappresentante aveva posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di un sapone del tutto simile a quello prodotto dalla ditta Caiazzo. Il dubbio circa la sussistenza di una condotta di effettiva diffusione del prodotto imitativo dell’altro non poteva, pertanto, impedire – come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale – un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità in sede civile, alla stregua degli elementi di prova ivi raccolti, essendo tale accertamento precluso solo dall’accertamento in sede penale – non operato nel caso di specie – dell’insussistenza del fatto o della mancata partecipazione dell’imputato ad esso, secondo la formula “perchè il fatto non sussiste” o “perchè l’imputato non lo ha commesso” (cfr. ex plurimis, Cass. 19559/2006; 4498/2016).

1.2.3. In tal senso, la stessa decisione di appello si fa, altresì, carico di evidenziare (pp. 19 e ss.) le risultanze istruttorie, acquisite agli atti del giudizio civile, dalle quali ha tratto il convincimento che la commercializzazione del prodotto da parte della Azzurra s.a.s. fosse effettivamente avvenuta e che, quindi, l’illecito posto in essere dalla odierna ricorrente fosse da reputarsi sussistente.

1.3. Per tali ragioni, dunque, il mezzo, in quanto inammissibile, non può trovare accoglimento.

2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Azzurra s.a.s. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 652 e 654 c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. La ricorrente denuncia, invero, la violazione degli artt. 652 e 654 c.p.p., per non avere la Corte territoriale tenuto conto – ai fini di valutare l’efficacia vincolante che la sentenza emessa in sede penale nei confronti del legale rappresentante della Azzurra s.a.s. dovrebbe rivestire, a parere della ricorrente, nel giudizio civile – del fatto che la società Caiazzo s.r.l., offesa dal reato, si era costituita parte civile nel suindicato processo penale.

2.2. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.

2.2.1. In primo luogo, infatti, la censura non attinge la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, laddove evidenzia la non coincidenza totale delle parti dei due giudizi, preclusiva dell’estensione del giudicato penale al giudizio civile, e ciò per non essere intervenuta nel giudizio penale proprio la Azzurra s.a.s., quale responsabile civile dell’illecito posto in essere dal suo amministratore. Al riguardo va richiamato l’orientamento di questa Corte, secondo cui, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, il responsabile civile che non sia stato citato o non sia intervenuto nel processo penale non può subire alcun pregiudizio giuridico dalla sentenza penale di condanna del soggetto del cui illecito egli debba rispondere in sede civile. Per il che, nei suoi confronti (diversamente da quanto stabilito dal previgente art. 27 codice di rito penale del 1930 come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 99 del 1973), gli accertamenti di fatto compiuti dal giudice penale privi dell’efficacia vincolante del giudicato – possono essere autonomamente valutati in sede civile (cfr. Cass. 19387/2004).

2.2.2. Va, peraltro, altresì rilevato che la Azzurra s.a.s. – come si evince anche dal quesito di diritto limitato all’affermazione della sufficienza, ai fini della vincolatività del giudicato penale in sede civile, della presenza nel giudizio penale della persona offesa dal reato, costituitasi parte civile – non censura affatto l’altra ratio decidendi sulla quale il giudice di appello ha fondato la decisione circa il carattere non vincolante del giudicato penale in sede civile, costituita dal carattere dubitativo dell’accertamento circa la diffusione del prodotto costituente imitazione servile, operato in sede penale. Orbene, va osservato, al riguardo che, in tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito (o un capo di questa) si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una sola di tali ragioni, determina l’inammissibilità, per difetto d’interesse, anche del gravame (o del motivo di gravame) proposto avverso le altre. E’ di tutta evidenza, infatti, che l’avvenuto accoglimento del ricorso (o del motivo di ricorso) non inciderebbe sulla “ratio decidendi” non censurata, onde la sentenza resterebbe pur sempre fondata, del tutto legittimamente, su di essa (cfr., ex plurimis, Cass.S.U. 16602/2005; 2811/2006; 13906/2007; 21431/2007).

2.3. La doglianza in esame, poichè inammissibile, va disattesa.

3. Passando, quindi, all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale, va rilevato che la Caiazzo Industrie Detergenti s.r.l. denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

3.1. La ricorrente in via incidentale si duole, invero, del fatto che la Corte territoriale, sebbene abbia accertato la contraffazione del marchio “(OMISSIS)” che contraddistingue i prodotti della Caiazzo s.r.l., non abbia, poi, adeguatamente motivato in ordine al rigetto della domanda di risarcimento del danno all’immagine aziendale ed all’originalità dei prodotti diversi dal sapone per cui è causa, derivato alla ricorrente in via incidentale dall’attività di concorrenza sleale posta in essere dalla Azzurra s.a.s..

3.2. Il mezzo è inammissibile.

3.2.1. Va osservato, in proposito, che la motivazione omessa o insufficiente – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie concreta – è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento. Il vizio in parola non è, per converso, ravvisabile quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal giudice di merito attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (cfr. Cass. S.U. 24148/2013).

3.2.2. Nel caso di specie, per contro, la censura è finalizzata ad ottenere un riesame delle risultanze istruttorie, in special modo delle deposizioni testimoniali, in parte riprodotte nel controricorso (la Corte di appello “ha omesso di considerare a fondo le deposizioni testimoniali”, p. 10 del controricorso), sulla base delle quali il giudice di appello è, motivatamente, pervenuto alla conclusione di escludere le voci di danno in discussione.

3.3. Ne consegue che anche il ricorso incidentale, poichè inammissibile, non può trovare accoglimento.

4. Concorrono giusti motivi, tenuto conto dell’esito finale del giudizio, per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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