Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26946 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. I, 14/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 14/12/2011), n.26946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2630/2011 proposto da:

D.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO 22, presso l’avvocato LUSI

Luigi, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato INNOCENZI

FRANCESCO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.F., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

nonchè da:

M.A. (c.f. (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA BORSIERI 3, presso l’avvocato CORAPI GIUSEPPE,

rappresentati e difesi dall’avvocato SIMONE RENATO, giusta procura a

margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

D.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO 22, presso l’avvocato

LUIGI LUSI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

INNOCENZI FRANCESCO, giusta procura a margine del controricorso al

ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 11/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

uditi, per il ricorrente, gli Avvocati LUSI e INNOCENZI che hanno

chiesto l’accoglimento del ricorso principale, inammissibilità

dell’incidentale;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato

SIMONE che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento

dell’incidentale (e deposita avviso di ricevimento);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ai sensi del D.P.R. n. 570 del 1990, art. 82, notificato in data 20 e 24 maggio 2010, M.A., + ALTRI OMESSI chiedevano l’annullamento della Delib. n. 17 del consiglio comunale di Moriero pubblicata nell’albo pretorio il 24 aprile 2010, avente ad oggetto la convalida degli eletti a seguito delle consultazioni comunali svoltesi nei giorni 28 e 29 marzo del 2010. Chiedevano altresì l’accertamento della ineleggibilità e dell’incompatibilità del sindaco eletto del comune di Moriero, D.G., ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, n. 5 e n. 11, art. 63, comma 1, e art. 65 (TUEL).

Resisteva D.G. ed il Tribunale di Avezzano rigettava l’azione proposta, escludendo che ricorressero le ragioni di ineleggibilità e di incompatibilità dedotte.

Con ricorso del 27 ottobre 2010 gli originari ricorrenti proponevano appello davanti alla corte di L’Aquila. Resisteva all’impugnazione il D..

Rigettate alcune eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa del D. e non riproposte in questa sede,la Corte di merito accoglieva l’appello ritenendo fondata la questione dell’ineleggibilità del sindaco ai sensi dell’art. 60, comma 1, n. 11, (TUEL). Riteneva infatti rilevante in tal senso la carica di liquidatore del Consorzio Gestione Risorse Forestali ed Ambientali della Valle Rovereto, azienda dipendente dal Comune, ricoperta dal D. all’epoca delle elezioni. Riteneva in proposito che il liquidatore è il legale rappresentante dell’ente che lo amministra, sia pure con i poteri limitati dalla funzione liquidatoria. Affermava pertanto che la ratio del disposto normativo intesa ad impedire tra i vari candidati concorrenti la alterazione della par condicio attraverso la possibilità del titolare di un ufficio pubblico di esercitare forme di pressione sull’elettore, era perfettamente individuabile nella situazione esaminata. Traeva anche argomento a fondamento della tesi appena esposta il fatto che il D. avesse rassegnato il 23 aprile 2010, dunque dopo lo svolgimento della consultazione elettorale, le proprie dimissioni dalla carica di liquidatore.

La Corte d’appello, quindi, riteneva che anche a volersi pervenire a differenti opinioni in ordine alla prima questione di ineleggibilità si doveva comunque accogliere il secondo motivo dell’appello con il quale i ricorrenti avevano riproposto la stessa questione, ma ai sensi dell’art. 60, comma 1, n. 5 (TUEL). Ciò sulla base della constatazione che il comune di Moriero gestisce la Riserva naturale amministrata dal Consorzio e che il Consiglio Regionale d’Abruzzo, di cui D. era anche vice presidente, è a sua volta competente per l’approvazione del piano di assetto naturalistico, del programma pluriennale di attuazione,e del piano di gestione della riserva. Lo stesso Consiglio Regionale del quale il D. era componente esercitava il controllo sul rispetto del regolamento e sull’osservanza dei vincoli urbanistici che il Comune del quale egli doveva diventare sindaco, aveva il potere di imporre. Si configurava quindi, secondo la corte d’appello, una seconda condizione di ineleggibilità di cui all’art. 60 predetto, ulteriore a quella già precisata. La corte d’appello riteneva, infine, di non esaminare gli altri motivi posti a base dell’appello riguardanti questa volta una forma di incompatibilità, essendo essi ormai superati dall’accoglimento dei motivi proposti in tema di ineleggibilità.

D.G. ricorre per cassazione avverso tale sentenza con un complesso atto articolato su cinque motivi.

Resistono di gli originari attori con controricorso e spiegano ricorso incidentale condizionato.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I due ricorsi vanno preliminarmente riuniti.

2.a. Con il primo motivo di ricorso D. lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo del giudizio. Lamenta altresì la violazione del n. 3 della stessa norma e quindi la violazione o la falsa applicazione dell’art. 60, comma 1, n. 11 (TUEL) e quindi degli artt. 12 e 14 disp. gen.. Tutto ciò in relazione alla ritenuta assimilabilità dell’amministratore del Consorzio, indicato dalla lettera della legge, al liquidatore.

Sostiene che la conclusione cui è giunta la Corte di merito anzitutto ha fatto applicazione analogica della norma che espressamente stabilisce l’incompatibilità con riferimento all’amministratore delle società controllate,così violando il principio generale che impedisce nella materia dei diritti di costituzionali ogni interpretazione analogica limitativa del patrimonio giuridico di un soggetto. Quindi rileva che altra è la funzione del liquidatore, a proposito del quale la stessa sentenza impugnata riconosce che ha poteri limitati, e altra ancora quella dell’amministratore ovvero del dirigente, al quale la norma invocata fa pure riferimento.

In sostanza la figura del liquidatore, ancorchè ad essa siano connessi poteri di amministrazione, è totalmente funzionale alla estinzione della società ed è dunque intrinsecamente diversa, nella sua natura giuridica, a quella dell’amministratore la cui proiezione operativa e giuridica è indeterminata nel tempo e negli obiettivi.

2.b. Osserva anzitutto il collegio che la Corte di merito espressamente ha chiarito di non aver dato luogo, per raggiungere una criticata conclusione, ad una interpretazione analogica della norma del Tuel. Essa chiarisce di aver proceduto alla identificazione di una perfetta sovrapponibilità tra la figura del liquidatore è quella dell’amministratore, ovvero del presidente di un Consorzio quale quello di cui si tratta. La doglianza esposta, pertanto, va esaminata alla luce di questa affermazione della Corte di merito per verificare per l’appunto se essa ha proceduto alla assimilazione delle due figure e se tale assimilazione è corretta sul piano giuridico.

2.c. Ciò premesso rileva il collegio che la giurisprudenza della Corte di Cassazione a seguito di un dibattito giurisprudenziale che ha conosciuto anche talune diversificazioni, è pervenuta ad una conclusione che il collegio condivide. La Corte ha infatti chiarito che l’appartenenza al consiglio di amministrazione di una società per azioni con capitale maggioritario di un Comune o di una Provincia configura causa di ineleggibilità alla carica di Sindaco del medesimo ente locale ovvero di Presidente della Provincia, di cui all’articolo 60 in questione, perchè la nozione, in quel caso, di dirigente, recepita dalla menzionata norma non è da intendere nel senso proprio dell’art. 2095 cod. civ.. La legge, insomma, secondo le Sezioni Unite della Corte non ha inteso indicare una particolare categoria di prestatori di lavoro subordinato, giacchè essa deve essere letta nel contesto normativo in cui è inserita e quindi applicata con riguardo alla disciplina giuridica delle società per azioni (ndr nel caso dì specie), e quindi con riferimento alla posizione di quanti concorrono all’elaborazione delle scelte gestorie e di politica economica dell’ente societario (Sez. un. n. 17981 del 2003).

E’ opportuno precisare che detto indirizzo è stato preceduto da una evoluzione della giurisprudenza della corte di cassazione anche (sent. n. 17121 del 2010) nella materia dei liquidatori delle società, sia pure sotto il profilo della estensione ad essi della responsabilità degli amministratori ovvero della responsabilità che la legge configura letteralmente in capo agli amministratori.

Insomma, secondo tale indirizzo, il contesto della società per azioni individua anche nel liquidatore un amministratore in senso tecnico, ancorchè i suoi poteri siano finalizzati all’obiettivo della liquidazione. L’ente, nello stato di liquidazione, esiste ed opera secondo le regole sue proprie innanzitutto,e quindi con la finalità e le regole della liquidazione.

Consegue che il liquidatore è amministratore di una società in liquidazione. Nella specie dunque si deve concludere che il liquidatore, in questo caso di un Consorzio, è amministratore dello stesso giacchè raggiunge il fine della liquidazione esercitando poteri tipici ed esclusivi di amministratore dell’ente. Consegue la correttezza della decisione della corte d’appello che, come essa stessa ha voluto precisare, non ha effettuato una interpretazione analogica e meno che mai una interpretazione estensiva dell’art. 60, attribuendo ad una situazione non prevista dalla legge il regime giuridico previsto per diversa, ritenuta analoga, situazione. La Corte invece del tutto correttamente ha assimilato la figura del liquidatore quella dell’amministratore, senza dimenticare e dunque senza alcuna contraddizione laddove li rammenta, i poteri più limitati che il liquidatore esercita rispetto all’amministratore in senso stretto.

Il motivo è pertanto infondato.

3. Con il secondo motivo di ricorso D. censura la sentenza aquilana di illogicità e contraddittorietà di motivazione circa un fatto decisivo, nonchè per la violazione e la falsa applicazione all’art. 60, comma 1, n. 11 del citato TUEL, per aver ritenuto sussistente il rapporto di dipendenza ivi previsto e disciplinato, in termini per l’appunto di ineleggibilità.

3.a Osserva il Collegio che la sentenza impugnata ha esaminato anche il punto in questione, ma tuttavia come ulteriore ratio decidendi rispetto a quella già oggetto della prima censura esaminata. Detta prima ratio dunque, relativa alla ritenuta assimilazione della figura del liquidatore a quella dell’amministratore, è pienamente autonoma ed è sufficiente a sostenere, da sola, la decisione del giudice del merito. L’esame del secondo motivo dunque risulta assorbito dalla ritenuta infondatezza del primo motivo giacchè in ogni caso il suo esito non potrebbe comportare accoglimento del ricorso.

4. Con il terzo motivo del suo ricorso il ricorrente lamenta violazione e la falsa applicazione del principio ricavabile dall’art. 113 c.p.c., in base al quale la qualificazione giuridica del fatto è rimessa all’attività del giudice e non al comportamento della parte.

In sostanza sostiene che il giudice ha argomentato nel senso criticato rilevando in qualche modo nel comportamento del D. concretizzatosi nelle dimissioni da liquidatore del consorzio successivamente alla elezione, una sorta di adesione alle doglianze mosse dagli originari attori nei confronti della sua elezione.

4.a. La doglianze è infondata. Il passaggio argomentativo al quale essa si riferisce è del tutto autonomo ed ulteriore rispetto alla ratio decidendi che, si è detto, sostiene la decisione e non costituisce affatto un punto decisivo della sentenza stessa.

5. Con il quarto motivo il ricorrente afferma la violazione dell’art. 60 TUEL, comma 1 n. 5, relativamente alla sussistenza della ulteriore condizione di ineleggibilità determinare dal rapporto di controllo istituzionale sull’amministrazione del Comune da parte dell’ente regione, nel consiglio del quale il D. sedeva.

5.a. Ancora una volta va detto che la ratio decidendi in questione è risultata ulteriore a quella che da sola è sufficiente a sostenere la il deciso e nei confronti della quale sono state respinte le critiche.

Il motivo è inammissibile.

6. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la motivazione omessa su un punto decisivo della controversia. Sostiene che nel controricorso in appello l’appellato aveva dedotto che qualora non fossero state ritenute convincenti le osservazioni illustrate doveva soccorrere l’esimente prevista dall’art. 67 TUEL. Detta questione non sarebbe stato esaminato, secondo l’odierno ricorrente, benchè decisiva.

6.a. Osserva la corte che come esattamente rilevano i controricorrenti la questione suddetta non è mai stata introdotta nè trattata in primo grado, davanti al Tribunale di Avezzano. Essa è stata sollevata in fase di appello e sul punto non si è pronunciato il giudice di secondo grado. Il motivo avrebbe dovuto precisare per ottenere l’esame della doglianza proposta che, per l’appunto, la questione era stata ritualmente introdotta in primo grado e che l’esito del relativo esame aveva prodotto la sua legittima riproposizione in secondo grado.

Il motivo è inammissibile.

7. Il ricorso principale deve essere rigettato. Il rigetto assorbe la trattazione del ricorso incidentale che è espressamente condizionato.

8. Il ricorrente principale deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbita la trattazione del ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del resistente e le liquida in Euro 3000,00 per onorari, nonchè in Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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