Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26944 del 24/10/2018

Cassazione civile sez. II, 24/10/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 24/10/2018), n.26944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21239/2014 proposto da:

R.V., D.S.M., R.S. e

R.R.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MICHELE MERCATI n.

51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BRIGUGLIO, rappresentati

e difesi dall’avvocato GIROLAMO MONTELEONE;

– ricorrenti –

contro

B.F. e B.P.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO n. 78, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO IELO, rappresentati e difesi dall’avvocato

DOMENICO CANTAVENERA;

– controricorrenti –

e contro

EREDI DI G.A.;

M.P., M.G., R.R., R.D.,

R.E., R.F., R.L., R.M.,

G.M., RO.MA.AG. e RO.CA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1123/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/07/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 16.2.1999 R.V., in proprio e quale procuratore generale di Bo.Fr., alla quale in corso di causa è succeduto come erede, conveniva innanzi il Tribunale di Termini Imerese G.A., B.P.M., B.F., M.G., M.P., G.M., R.L., R.F., R.E., R.M., R.D., R.R., Ro.Ma.Ag. e Ro.Ca. per lo scioglimento della comunione esistente tra le parti in relazione ad alcuni beni immobili siti nel Comune di (OMISSIS). L’attore deduceva di essere proprietario, insieme alla Bo., della quota indivisa pari ad 1/4 del totale e di non aver potuto raggiungere con gli altri comproprietari un accordo bonario per la divisione dei beni in comunione.

Si costituivano B.P.M. e B.F. che non si opponevano alla divisione instando per il riconoscimento a loro favore della quota pari ad 1/4 del totale.

Si costituivano anche M.G. e M.P., deducendo di essere a loro volta comproprietari per 1/4 del totale e che uno dei beni, che originariamente era adibito ad albergo, era stato abbandonato negli anni.

Si costituivano R.L., R.E., R.F. e R.R. deducendo a loro volta di essere proprietari pro indiviso, insieme alla loro madre G.M. titolare di una riserva di usufrutto per 1/3, ed insieme ai fratelli R.M. e R.D., della quota pari ad 1/8 del totale e chiedevano l’attribuzione di detta quota.

Rimanevano invece contumaci G.M., Ro.Ma.Ag. e Ro.Ca..

All’esito dell’istruttoria, il Tribunale scioglieva la comunione tra l’attore e i convenuti, individuando i lotti da sorteggiare e compensando le spese del grado.

La decisione veniva impugnata ad istanza di R.V., insieme a D.S.M.P., R.S. e R.R.M., aventi causa da Ro.Ma.Ag. e Ro.Ca.. G.A., B.P.M., B.F., M.P. e M.G. resistevano al gravame. R.S. si costituiva personalmente, in quanto avvocato. Rimanevano invece contumaci R.L., R.E., R.F., R.R., R.D. e R.M..

Con la sentenza impugnata, n. 1123/2013, la Corte di Appello di Palermo, sul presupposto che gli appellanti avessero chiesto l’assegnazione a loro favore dell’immobile un tempo destinato ad albergo, riformava parzialmente la sentenza di prime cure assegnando agli appellanti detto immobile, con onere di conguaglio a favore delle altre parti, e attribuendo gli altri immobili, sempre con conguagli, alle altre parti.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione R.V., R.S., d.S.M.P. e R.R.M., affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso B.P.M. e B.F.. Le altre parti sono rimaste intimate. Sia i ricorrenti che i controricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè la Corte territoriale avrebbe loro attribuito un bene (nella specie, l’immobile in origine adibito ad albergo) che essi in effetti avevano inizialmente richiesto in assegnazione, salvo poi rinunciare a detta richiesta in sede di precisazione delle conclusioni. Ad avviso degli appellanti, in presenza di una rinuncia alla domanda di assegnazione di un bene oggetto di divisione originariamente formulata da una delle parti, il giudice non può attribuirlo a quella parte ma deve necessariamente disporne la vendita, dovendosi ritenere rinunciata l’originaria richiesta.

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo, la violazione dell’art. 132 c.p.c., per sostanziale difetto di motivazione e la violazione e falsa applicazione degli artt. 718,720,728,1114 e 1116 c.c., perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto indivisibile l’albergo sulla base delle valutazioni del C.T.U., a loro volta erronee perchè l’ausiliario non aveva tenuto conto, nella determinazione del valore del bene in discussione, del fatto che esso abbisognava di importanti interventi di recupero. Inoltre, non aveva considerato che il Comune di (OMISSIS), piccolo paese di montagna sito nell’entroterra della Provincia di Palermo, era privo di qualsiasi vocazione turistica e, dopo la chiusura delle miniere di zolfo attive in zona sino agli anni sessanta, anche di attività economiche di qualche rilievo. Di conseguenza, la stima operata dal C.T.U. era da ritenere erronea in punto di valore, con conseguente nullità dell’intero progetto divisionale per sostanziale lesione dei diritti degli appellanti.

Il primo motivo è fondato. Ed invero i ricorrenti avevano inizialmente richiesto l’assegnazione del cespite già adibito ad albergo, ma poi – in sede di precisazione delle conclusioni in appello – avevano rinunciato all’istanza, invocando piuttosto la vendita all’asta dello stesso. La Corte territoriale ha quindi deciso ultra petita nella parte in cui ha attribuito agli odierni ricorrenti un bene del quale essi non avevano chiesto l’assegnazione (rectius, alla cui assegnazione essi avevano rinunciato in sede di precisazione delle conclusioni).

Sul punto, va ribadito il principio secondo cui “Nel giudizio di divisione avente ad oggetto beni immobili, l’istanza di assegnazione in proprietà esclusiva e quella di vendita del bene sono da considerare fra loro antitetiche; ne consegue che, ove la parte che in precedenza abbia avanzato tale istanza, in sede di precisazione delle conclusioni, abbia formulato domanda di vendita, il giudice non può procedere all’assegnazione del bene in proprietà esclusiva dovendosi presumersi abbandonata la relativa precedente istanza; nè può assumere rilievo un’eventuale modifica di tali conclusioni formulata in sede di comparsa conclusionale, attesa la limitata funzione di quest’ultima, volta alla sola illustrazione delle conclusioni già assunte” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24728 del 23/11/2011, Rv. 619765).

Con riferimento invece alla seconda censura, è opportuno premettere che la statuizione relativa alla ritenuta indivisibilità del bene già adibito ad albergo non è suscettibile di passare in giudicato, posto che essa non integra un decisum indipendente, bensì una porzione della sequenza logica articolata in fatto (non comoda frazionabilità del bene e richiesta di sua assegnazione da parte del coerede), norma (art. 720 c.c.) ed effetto finale (assegnazione). In argomento, va ribadito il principio secondo cui “Costituisce capo autonomo della sentenza – come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno – solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2379 del 31/01/2018, Rv. 647932; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22863 del 30/10/2007, Rv. 599955).

Infatti “La locuzione giurisprudenziale “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, con la conseguenza che la censura motivata anche in ordine ad uno solo di tali elementi riapre la cognizione sull’intera statuizione, perchè, impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta interpretazione” (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 16853 del 26/06/2018, Rv. 649361; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 12202 del 16/05/2017, Rv. 644289 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 2217 del 04/02/2016, Rv. 638957). Da ciò consegue che l’accoglimento del primo motivo, relativo all’effetto finale (assegnazione del bene) per difetto di una delle sue premesse necessarie, rappresentata dalla richiesta di assegnazione del coerede, importa l’assorbimento del secondo, relativo all’altra premessa logica della non comoda divisibilità.

In definitiva, il primo motivo del ricorso va accolto ed il secondo va dichiarato assorbito, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo che dovrà formulare un diverso progetto divisionale.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo anche per le spese del presente grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2018

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