Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26942 del 22/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2019, (ud. 08/07/2019, dep. 22/10/2019), n.26942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34116-2018 proposto da:

E.H.O.B., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato POSSIS ROMINA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 10/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MELONI

MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 10/10/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano in ordine alle istanze avanzate da E.H.O.B. nato in Nigeria il 21/5/1981, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano di essere fuggito dal proprio paese in quanto aveva ereditato la casa ed il patrimonio dalla donna che lo aveva adottato e cresciuto ma non era stato in grado di dimostrare con i documenti la sua qualità di erede. Pertanto i parenti lo avevano aggredito e minacciato di morte.

Avverso il decreto del Tribunale di Milano ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, in quanto il giudice ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare la situazione sociale e politica generale della Nigeria ed il rischio di subire un danno grave in caso di rientro.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (erroneamente indicato come 25 del 2009) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Milano, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è inammissibile.

I motivi di merito proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. Il Tribunale infatti ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili e in riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva con uso di informazioni aggiornate e precise sulla situazione del paese di origine l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludendo così il diritto alla protezione sussidiaria.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Inoltre, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, il Tribunale ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti da numerosi siti internet tutti elencati nella sentenza da cui ha evinto che non vi sono situazioni critiche di sicurezza e di ordine pubblico nella Nigeria.

In ordine al secondo motivo di ricorso ed in particolare alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva pertanto inammissibile in quanto censura senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto con condanna alle spese del ricorrente. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, risultando che il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 8 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2019

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