Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26940 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 26/11/2020), n.26940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21401-2019 proposto da:

CRIAS – CASSA REGIONALE PER IL CREDITO ALLE IMPRESE ARTIGIANE, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELA

CULTRERA;

– ricorrente –

contro

M.S., E.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato SANTINA FRANCO;

– resistenti –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 340/2019 del

TRIBUNALE di PATTI, depositata il 12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. RITA SANLORENZO che chiede

rigettarsi il ricorso.

 

Fatto

La Corte, osserva quanto segue.

1. M.S. e E.G. si opponevano a decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti il 22 marzo 2016 dal Tribunale di Patti per il pagamento di Euro 62.534,16, oltre interessi e spese, a Cassa Regionale per il Credito alle Imprese Artigiane – d’ora in poi, CRIAS per “sette effetti cambiari rimasti insoluti ed emessi a garanzia” di contratto di finanziamento stipulato il (OMISSIS); eccepivano, tra l’altro, la competenza del Tribunale di Catania quale foro esclusivo ai sensi dell’art. 7 del contratto.

CRIAS si costituiva, insistendo nella sua pretesa.

Il Tribunale di Patti, con sentenza del 12 giugno 2019, ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Catania e quindi revocato il decreto ingiuntivo, condannando l’opposta a rifondere le spese a controparte.

Il Tribunale ha osservato che, ai sensi degli artt. 28 e 29 c.p.c., la competenza per territorio può essere convenzionalmente derogata; inoltre chi fa valere un foro convenzionale esclusivo non è tenuto a indicare tutti i fori alternativi, eliminati dall’esclusività del foro convenzionale. Ha negato che la clausola del foro convenzionale nel caso in esame sia vessatoria e pertanto esiga una specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c., comma 2, ritenendo che sia stata oggetto di trattative “in quanto il contratto di finanziamento non è stato predisposto mediante la redazione di moduli e/o formulari” unilateralmente compilati. Ha escluso poi che sia rilevante l’emissione del decreto ingiuntivo “sulla base degli effetti cambiari atteso che tali titoli sono stati corrisposti a garanzia del finanziamento e, pertanto, la controversia rispetto ad essi rientra nel foro esclusivo stabilito dalle parti nel contratto”, osservando altresì che comunque, non avendo l’opposta, attrice sostanziale, prodotto le cambiali “non è possibile avere contezza del luogo in cui le stesse sono state emesse, quale luogo in cui è sorta l’obbligazione ex art. 20 c.p.c.”.

2. CRIAS ha proposto ricorso per regolamento necessario, da cui controparte si è difesa con memoria di costituzione. CRIAS ha poi inviato memoria per via postale.

Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

3. Il ricorso è articolato in tre motivi.

3.1 II primo motivo denuncia violazione e/o errata interpretazione del R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 44, degli artt. 18 e 20 c.p.c.

La clausola di cui all’art. 7 del contratto riguarderebbe la competenza del foro di Catania per “le contestazioni nascenti dal contratto”, e quindi quanto concerne “la interpretazione del contratto, la formazione, l’incontro delle volontà”, ma non il mancato pagamento dell’obbligazione cambiaria.

Nel contratto l’art. 2 prevede: “Il rimborso del finanziamento… dovrà avvenire con il pagamento di numero trentasei rate”; e statuisce altresì: “L’impresa, per le modalità di pagamento delle rate suddette…, rilascia numero trentasei effetti cambiari con data di creazione odierna, all’ordine della CRIAS, in regola con il bollo, non trasferibili firmati da M.S. ed E.G., di importo e scadenze uguali alle rate stesse, pagabili in Ist. Bancario San Paolo IMI Agenzia di St. Stefano di Camastra, tutti portanti la seguente dichiarazione: “Cambiale per prestito artigiano a medio termine, bollata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e successive modifiche e integrazioni””.

Da ciò la ricorrente deduce che il decreto ingiuntivo sarebbe stato “ottenuto sulla scorta di sette effetti cambiarii, che costituiscono il mezzo di pagamento scelto dal creditore e che non possono “subire” la scelta del foro che riguarda questioni attinenti al contratto in sè e per sè”. Osserva altresì che il decreto ingiuntivo sarebbe “fondato sul titolo cambiario che, sulla scorta di quanto indicato anche nel contratto di finanziamento, doveva essere pagato” nell’Agenzia IMI San Paolo di Santo Stefano di Camastra: avrebbe pertanto errato il Tribunale nell’affermare che, non avendo l’attuale ricorrente prodotto le cambiali, non è dato conoscere dove queste furono emesse ai fini dell’art. 20 c.p.c.

Il forum destinatae solutionis ai sensi del R.D. n. 1669 del 1933, art. 44, andrebbe individuato in primis mediante il luogo indicato sul titolo; e in forza di detta norma il giudice competente ad emettere il decreto ingiuntivo nei confronti dell’obbligato cambiario sarebbe individuabile nei fori di cui agli artt. 18,19 e 20 c.p.c., rivolgendosi al giudice ove è sorta o va adempiuta l’obbligazione.

3.2 II secondo motivo denuncia violazione e/o errata applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c.

Il Tribunale avrebbe errato nel negare che il contratto in oggetto non sia per adesione perchè stipulato con atto pubblico davanti al notaio. In realtà sarebbe stato stipulato davanti al notaio soltanto al fine di istituire una ipoteca legale immobiliare a garanzia del finanziamento; per il resto il contratto “riproduce i moduli e/o formulari redatti dagli Istituti che, come quello deducente, si occupano della erogazione del credito ad una moltitudine di utenti”.

Si argomenta poi sul fatto che le controparti, dinanzi a questa affermazione della natura adesiva del contratto resa dall’attuale ricorrente, non avrebbe nè contestato nè offerto di provare che tale non fosse: onere probatorio che sarebbe stato suo. La clausola del foro convenzionale pertanto sarebbe nulla per omessa doppia sottoscrizione.

3.3 II terzo motivo denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c. perchè non sono state compensate le spese processuali per ricorrenza di eccezionali ragioni.

4. Anzitutto, è opportuno riportare il testo integrale della clausola relativa alla competenza art. 7 del contratto -, la quale così recita:

“Ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 c.p.c. le parti espressamente convengono che l’unico foro competente per le eventuali contestazioni nascenti dal contratto sarà quello di Catania”.

Va ricordato – poichè ai fini della individuazione della competenza nel caso in esame rileva l’interpretazione della suddetta clausola contrattuale – che questa Suprema Corte, qualora debba accertare se il giudice di merito sia incorso in un errore di rito, è anche giudice del fatto (di recente in tal senso S.U. 25 luglio 2019 n. 20181); e ciò è stato riconosciuto anche a proposito, specificamente, della competenza (cfr., quanto a una clausola compromissoria, Cass. sez. 6-1, ord. 30 settembre 2015 n. 19546).

5. Il primo motivo appare basato su una prospettazione escludente il pagamento di cui si tratta dall’ambito di applicazione della clausola di foro convenzionale, a monte restringendo questa solo alla interpretazione e formazione del contratto e all’incontro delle volontà delle parti.

In primo luogo, deve allora rilevarsi che la clausola relativa al foro convenzionale come interpretata dal ricorrente viene distorta e, per così dire, mutilata: la clausola, infatti, determinando l’unico foro “per le eventuali contestazioni nascenti dal contratto”, inequivocamente copre, appunto, tutte le controversie “nascenti dal contratto”, non potendosi certo circoscrivere il suo ambito alla mera formazione del regolamento negoziale, come in sostanza prospetta il motivo (la clausola, si è visto, riguarderebbe soltanto “la interpretazione del contratto, la formazione, l’incontro delle volontà”) estromettendone la fondamentale fase esecutiva, che del negozio è il vero e proprio obiettivo.

In secondo luogo, nel caso in esame il pagamento mediante determinati effetti cambiari è stato espressamente previsto nel contratto quale modalità ordinaria del pagamento delle rate, come si evince proprio dall’art. 2 riportato nel motivo, clausola assai puntuale che determina anche l’istituto bancario dove avrebbero dovuto essere pagate le cambiali (“L’impresa, per le modalità di pagamento delle rate suddette…, rilascia numero trentasei effetti cambiari con data di creazione odierna, all’ordine della CRIAS, in regola con il bollo, non trasferibili firmati da M.S. ed E.G., di importo e scadenze uguali alle rate stesse, pagabili in Ist. Bancario San Paolo IMI Agenzia di St. Stefano di Camastra…”).

Il ricorrente asserisce che il decreto ingiuntivo “è stato ottenuto sulla scorta di sette effetti cambiarii, che costituiscono il mezzo di pagamento scelto dal creditore”. Ciò non è sostenibile, proprio in forza dell’art. 2 del contratto: le parti hanno concordato, come tutto il resto del regolamento contrattuale, il mezzo di pagamento – rectius, di restituzione includente il corrispettivo – da parte del finanziato. E’ peraltro vero che il pagamento delle cambiali, quale mezzo di pagamento eletto nel contratto, coincide proprio con l’adempimento dell’obbligazione che grava sul finanziato. Il che comporta, tuttavia, che l’obbligazione contrattuale suddetta l’attuale ricorrente in via monitoria ha proposto l’azione causale, fuoriuscendo così dall’ambito di applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, art. 44, che ha qui invocato (cfr. Cass. sez. 3, 23 giugno 2000 n. 8547).

D’altronde, il Tribunale nell’impugnata pronuncia ha rilevato che la ricorrente monitoria, non ha prodotto le cambiali: il che conferma che ha agito fondandosi sul contratto – azione causale -, non risultando quindi applicabile il R.D. n. 1669 del 1933, art. 44.

Il Tribunale giunge allo stesso risultato – si nota per mera completezza – affermando tra l’altro che gli effetti cambiari “sono stati corrisposti a garanzia del finanziamento”. In realtà dall’art. 2 del contratto emerge che sono stati rilasciati quali mezzi di diretto adempimento da parte del finanziato, per cui il loro utilizzo non scatta a garanzia di inadempimento di una obbligazione principale, bensì costituisce proprio l’adempimento dell’obbligazione principale che grava il finanziato stesso.

Il motivo, in conclusione, è infondato, nulla adducendo che smentisca l’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 7 del contratto de quo e dunque la competenza esclusiva del Tribunale di Catania.

6. Il secondo motivo, poi, reca in tema una censura palesemente infondata, in quanto la giurisprudenza di questa Suprema Corte – a prescindere dal fatto che la sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione degli artt. 1341-1342 c.c. è una affermazione meramente assertiva della ricorrente – ha nettamente chiarito che solo la controparte del predisponente è legittimata a eccepire la nullità per mancanza di specifica approvazione (Cass. sez. 2, 21 agosto 2017 n. 20205) e – per di più – che effettivamente, qualora il contratto sia stipulato per atto pubblico, le clausole, pur se predisposte da una delle parti, non rilevano neppure ai fini dell’art. 1341 c.c., per cui, anche se vessatorie, non esigono una specifica approvazione (Cass. sez. 2, 20 giugno 2017 n. 15237).

7. Il terzo motivo, infine, è manifestamente infondato, in quanto la carenza di compensazione delle spese giammai viola l’art. 92 c.p.c., la sua disposizione rientrando nella discrezionalità del giudice.

8. In conclusione, il ricorso risultando infondato, competente è il Tribunale di Catania, davanti al quale la causa sarà riassunta a norma di legge. La ricorrente deve essere condannata a rifondere alla controparte le spese processuali del presente giudizio, le quali – non essendo in caso di regolamento di competenza applicabile alcuno dei criteri previsti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 5, trattandosi di giudizio che ha rilievo meramente processuale (cfr. Cass. sez. 6-1, ord. 4 settembre 2018 n. 21613) – devono rapportarsi al valore indeterminabile della causa (v. Cass. sez. 6-3, ord. 14 gennaio 2020 n. 504) e pertanto essere liquidate come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigettando il ricorso, dichiara la competenza del Tribunale di Catania e condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.000, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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