Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2694 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. II, 30/01/2019, (ud. 02/10/2018, dep. 30/01/2019), n.2694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13717-2014 proposto da:

CONSORZIO DI GESTIONE (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione O.G., rappresentato e

difeso dall’Avvocato CARLO CARLEVARIS ed elettivamente domiciliato

presso il suo studio in ROMA, VIA G. PUCCINI 9;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona della sua amministratrice pro

tempore P.D., rappresentato e difeso dall’Avvocato RICCARDO

CARNEVALI ed elettivamente domiciliato, presso lo stadio dell’Avv.

Carlo Patti, in ROMA, VIA TUSCOLANA 55;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2679/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

2/10/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato RICCARDO CARNEVALI per il controricorrente, che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il CONSORZIO DI GESTIONE (OMISSIS) costituito nel 2004 tra i proprietari delle aree edificabili del comprensorio urbanistico “(OMISSIS)”, in (OMISSIS), per la manutenzione, la gestione e l’esercizio delle opere di urbanizzazione di esso – aveva ottenuto nel 2008 il decreto ingiuntivo n. 11338/2008 per il pagamento di contributi arretrati pari a Euro 24.621,07 nei confronti del CONDOMINIO (OMISSIS).

Il suddetto Condominio proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto mero ente di gestione dell’edificio, mentre obbligati sarebbero stati solo i singoli consorziati, e cioè i singoli condomini.

Tale opposizione veniva accolta in primo grado dal Tribunale di Roma e confermata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 2679/2014, depositata il 22.4.2014, la quale affermava che i contributi consortili fossero dovuti dai singoli proprietari consorziati.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Consorzio di Gestione (OMISSIS) sulla base di un motivo, illustrato da memoria; resiste il Condominio (OMISSIS) con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, il Consorzio ricorrente lamenta la “Violazione dell’art. 75 c.p.c. in relazione all’art. 36 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

1.1. – La Corte di merito, nella sentenza impugnata, richiama l’orientamento secondo cui “le disposizioni in materia di condominio possono ritenersi applicabili al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo il consorzio alla categoria delle associazioni, in quanto non esistono schemi obbligati per la costituzione di tale ente, assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione statutaria (…). Ne consegue, altresì, che solo l’adesione al consorzio può far sorgere l’obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento dell’ente (Cass. n. 22641 del 2013; cfr. Cass. n. 1277 del 2003)”. Ed aggiunge che “in tema di consorzi volontari costituiti fra proprietari, qualora i contributi dovuti dal consorziato non si riferiscano alla gestione delle parti comuni, la relativa obbligazione non rientra fra quelle che, gravando sul condominio, trovano la loro fonte di prova nei bilanci condominiali, derivando la stessa dalla prestazione di servizi di natura contrattuale resi in favore del consorziato di cui deve essere fornita la prova (Cass. n. 6665 del 2005)”; ed ancora che “Solo la partecipazione al consorzio può determinare l’obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento (Cass. n. 1277 del 2003)”.

Ciò premesso, la Corte distrettuale afferma che la realità della partecipazione al consorzio dei singoli proprietari e la valenza dei principi più sopra richiamati non è inficiata dalla previsione dell’art. 5 dello statuto consortile che affida la rappresentanza dei consorziati facenti parte di un condominio all’amministratore dello stesso in quanto, fermi restando i rilievi mossi dal Condominio appellato alla validità di tale previsione che in questa sede non vengono esaminati in quanto ininfluenti ai fini di causa, tale rappresentanza non attribuisce al Condominio lo status di consorziato e non lo costituisce quindi obbligato in relazione ai contributi consortili dovuti invece dai singoli proprietari consorziati (v. sentenza impugnata pagg. 1 e 2).

2. – Il motivo è fondato.

2.1. – Appare pacifico che la natura del ricorrente sia quella dei consorzi di urbanizzazione, consistente in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi. Esso appartiene dunque a quelle figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, sicchè il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione (ex plurimis, Cass. n. 3389 del 2018; Cass. n. 13369 del 2017; Cass. n. 9568 del 2017; Cass. n. 18939 del 2016; Cass. n. 7427 del 2012).

Assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie (Cass. n. 1277 del 2003) è, pertanto, a tale volontà che va fatto pregiudiziale riferimento. In particolare mentre l’art. 2 dello statuto considera consorziati “i proprietari dei terreni e degli edifici sui terreni”, il successivo art. 5 precisa che “l’esercizio dei diritti consortili spetta: (…) d) in caso di condominio, all’amministratore di esso”; e che “all’adempimento degli obblighi consortili sono tenuti ciascun proprietario consorziato (…), i comproprietari in solido (…) i condomini solidalmente”. Tale regolamentazione statutaria conferma, dunque, che partecipanti al Consorzio sono “i proprietari” dei suoli (cioè di ciascun lotto edificabile), in caso di comproprietà, “i comproprietari” e, nel caso di edificazione “i condomini”.

2.2. – La sentenza impugnata si è limitata ad escludere che il Condominio abbia “lo status di consorziato” e sia “quindi obbligato in relazione ai contributi consortili”, confermandoli “dovuti invece dai singoli proprietari consorziati”, da ciò traendo, in modo apodittico la conseguente “carenza di legittimazione passiva del Condominio”. Così deliberando, tuttavia, la Corte di merito non distingue (con ciò violando le norme evocate) tra titolarità ed esercizio dei diritti consortili, che lo statuto esplicitamente prevede e disciplina proprio nel citato art. 5, in cui, viceversa, l’amministratore viene specificamente menzionato quale soggetto legittimato (tanto dal lato attivo quanto da quello, passivo) all'”esercizio dei diritti consortili” (di gestione, erogazione e riscossione delle relative quote).

D’altro canto, nella specie, non viene in gioco alcuna incidenza negativa sul profilo della realità che connota la figura atipica de qua, nè sul versante della responsabilità dei condomini, in riferimento alle obbligazioni assunte dal Condominio nei confronti di terzi, che rimane retta dal criterio di parziarietà (Cass. sez. un. n. 9148 del 2008; Cass. n. 14530 del 2017).

3. – Il ricorso va, dunque, accolto; in relazione alle censure accolte, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la stessa alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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