Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2693 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. II, 30/01/2019, (ud. 21/09/2018, dep. 30/01/2019), n.2693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18145/2017 proposto da:

B.M.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SABOTINO 31, presso lo studio dell’avvocato GIORGIA MINOZZI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO BOTTANI;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V. SISTINA 42,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO GIORGIANNI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MATTEO GOZZI, REMO

DANOVI;

– controricorrente

e contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO CORTE D’APPELLO MILANO,

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO CORTE SUPREMA CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il

06/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/09/2018 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo, assorbito il quarto motivo, rigetto dei restanti motivi del

ricorso;

udito l’Avvocato MINOZZI Giorgia, difensore del ricorrente, che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato GOZZI Matteo, difensore del resistente, che si

riporta agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decisione n. 167 del 2016, depositata il 28.1.2016, la Co.Re.Di (Commissione Regionale Disciplinare) della Lombardia irrogava al notaio B., già avente sede principale in (OMISSIS) e sede secondaria in (OMISSIS), la sanzione pecuniaria di Euro 15.000 per la violazione: – della L. n. 89 del 1913, artt. 26 e segg. (legge notarile – divieto di apertura di più di une sede secondaria); e dell’art. 147, lett. b) legge notarile, in relazione all’art. 12 del codice deontologico (mancata comunicazione al Consiglio Notarile dell’apertura di una nuova sede).

La Co.re.di., con il provvedimento disciplinare impugnato, esponeva che: nei mesi di giugno e agosto 2015 erano pervenuti al Collegio notarile diversi esposti, nei quali si lamentava la presenza del B. presso sedi ((OMISSIS) e (OMISSIS)) diverse da quelle a lui assegnate (Milano e (OMISSIS)); i fatti posti alla base del provvedimento non potevano ritenersi contestati, nè dai documenti prodotti, nè dalle difese svolte dal notaio durante il procedimento. Secondo la Co.re.di., le difese del B. non potevano essere accolte, e tuttavia, una volta verificata la sussistenza delle violazioni contestate, la chiusura della sede secondaria di (OMISSIS), comunicata nel successivo mese di settembre 2015, valeva ad integrare una circostanza attenuante, idonea a mutare la sanzione della sospensione (irrogabile per la violazione dell’art. 147, lett. b), Legge Notarile) in quella, più lieve, del pagamento di una somma pecuniaria (art. 144 Legge Notarile).

Avverso questo provvedimento, interponeva reclamo il B. lamentando: a) la mancata contestazione, ab origine, della violazione dell’art. 12 codice deontologico; b) l’insussistenza delle violazioni contestate per la scarsa rilevanza, anche temporale, dell’attività svolta al di fuori delle sedi assegnate (non potendo tale attività riguardarsi alla stregua dell’apertura di un’altra sede secondaria); c) la mancata considerazione della tempestività della comunicazione, effettuata nel settembre 2015, dell’apertura di una nuova sede secondaria in (OMISSIS); d) la mancanza del requisito della non occasionalità della violazione delle norme del codice deontologico, requisito previsto dall’art. 147, lett. b), Legge Notarile; e) in via subordinata, la necessità, dato il concorso apparente tra le disposizioni di cui all’art. 26 Legge Notarile e art. 12 cod. deontologico, di applicare il solo art. 26 quale legge speciale e f) (vi) in ogni caso, l’eccessiva quantificazione della sanzione.

Si costituiva il Consiglio Notarile, contestando la fondatezza dei rilievi tutti ex adverso formulati e chiedendo il rigetto del reclamo.

La Corte di Appello di Milano, con ordinanza del 6 giugno 2017, notificata il 16 giugno 2017, rigettava l’appello. A sostegno di questa decisione la Corte distrettuale osservava: a) che andava rigettato il primo motivo di appello, perchè, nella memoria difensiva, il notaio B. aveva svolto ampie argomentazioni difensive in relazione all’art. 26 della Legge Notarile, prova di una piena conoscenza della relativa contestazione; b) doveva ritenersi accertato che il Notaio aveva aperto una sede secondaria che non aveva le caratteristiche della saltuarietà e della temporaneità e, tale apertura, non era stata tempestivamente comunicata; c) accertata l’apertura di un Ufficio Secondario e la mancanza di tempestiva comunicazione doveva ritenersi violato l’art. 10 codice deontologico che vieta l’apertura di un Ufficio secondario in più di un Comune sede notarile. d) corretta era stata l’applicazione della sanzione nei termini di cui alla decisione della Co.re.di..

La cassazione di questa ordinanza è stata chiesta da B.M.M.C. con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. Il Consiglio notarile di Milano ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, B.M.M.C. lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, art. 153, u.c., in combinato disposto con l’art. 24 Cost., nella parte in cui l’ordinanza impugnata, in violazione dei disposti normativi e del fondamentale diritto di difesa e di contraddittorio, ha ritenuto giuridicamente irrilevante la mancata contestazione formale di un addebito disciplinare (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Il ricorrente sostiene che il provvedimento disciplinare avrebbe dovuto essere integralmente riformato perchè non indicava anche la violazione dell’art. 10 Codice Deontologico il quale prevede il divieto di apertura di Ufficio Secondario in più di un Comune sede notarile. La mancata indicazione dell’art. 10 Codice Deontologico violerebbe il principio della contestazione chiara e completa dell’addebito, determinando una lesione del diritto di difesa. Per altro, principi e regole normati, anche dall’art. 153 della legge notarile, prescrivono che, nella richiesta di procedimento, l’organo, che lo promuove, deve indicare il fatto addebitato e le norme che si assumono violate.

1.1. – Il motivo non ha ragion d’essere e non può essere accolto. Come già ha chiarito la Corte distrettuale “(….) se certo non può reputarsi sufficiente al fine della corretta instaurazione del contraddittorio, il generico richiamo alla violazione dell’ethos notarile, risulta, invece, a ciò sufficiente la specifica e compiuta descrizione delle condotte materiali non rispettose di una serie di norme del codice deontologico, che appaiono, inequivocamente, individuabili, ancorchè non espressamente determinate, anche attraverso la loro indicazione numerica. Pertanto, una volta verificato che la condotta (contestata) al notaio deve essere riguardata come apertura non consentita di un (ulteriore) ufficio secondario e una volta riconosciuta la mancanza di una tempestiva comunicazione (con violazione dell’art. 12 del codice deontologico) non può che ritenersi violato anche l’art. 10 codice deontologico (che vieta l’apertura di un Ufficio secondario in più di un Comune sede notarile) posto che la condotta materiale risulta specificamente contestata durante il procedimento notarile e che detta norma risulta comunque posta logicamente alla base della sanzione irrogata (….)”.

Come è stato già detto in più occasioni da questa Corte: al procedimento disciplinare, a carico dei notai, è applicabile il fondamentale principio della correlazione tra l’accusa e i fatti addebitati, nel provvedimento sanzionatorio, che, però, non impedisce al giudice disciplinare ed alla Corte d’appello, adita in sede di impugnazione del provvedimento sanzionatorio, di procedere ad una qualificazione giuridica del fatto diversa rispetto a quella formulata con la contestazione, in quanto essa non incide sul diritto di difesa dell’incolpato, alla cui tutela è preordinato il predetto principio.

1.2. – Senza dire che una disposizione normativa, normalmente, è identificata con “numero” che contrassegna una disposizione normativa all’interno di una legge, ma, anche, dal contenuto, tale che l’indicazione del numero rinvia al contenuto e il contenuto, se correttamente indicato, non può che rinviare al numero e alla rubrica, o a più numeri se quel contenuto è imputabile in tutto o in parte a disposizioni diverse.

Pertanto, nel caso concreto, i fatti materiali contestati (apertura non consentita di un ufficio secondario e la mancata comunicazione dell’apertura al Consiglio dell’ordine) rinviavano e/o richiamavano implicitamente l’articolo contrassegnato con il numero dieci del Codice Deontologico.

2. – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – Violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, art. 147, lett. b), in combinato disposto con gli artt. 10 e 12 dei Principi di deontologia professionale dei notai, nella parte in cui, la Corte d’appello, ha utilizzato la supposta violazione dell’art. 10 codice deontologico, con funzione costitutiva ed incriminatrice, in danno del ricorrente, perchè tale asserita violazione avrebbe fondato il requisito della non

occasionalità’ delle violazioni deontologiche richiesto

espressamente dall’art. 147, lett. b) della Legge Notarile ai fini dell’irrogazione della sanzione disciplinare. Sostiene il ricorrente che la Corte distrettuale, nell’affermare che l’art. 12 Codice Deontologico sia il presupposto logico dell’art. 10, tale che contestata la violazione della prima ne deriva, ipso facto, la contestazione di violazione della seconda, non avrebbe tenuto conto che l’art. 12 sanziona la mancata comunicazione da parte del Notaio dell’apertura dell’Ufficio secondario mentre l’art. 10 Codice Deontologico sanziona l’apertura di un ulteriore ufficio secondario. E di più, la Corte distrettuale avrebbe ritenuto legittimità la sanzione irrogata sulla base dell’affermazione della “non occasionalità” della violazione deontologica, utilizzando proprio la implicita e mai contestata violazione dell’art. 10 codice deontologico in funzione costitutiva del presupposto della non occasionalità della violazione.

2.1. – Il motivo è infondato perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi.

Risulta con chiarezza dall’ordinanza impugnata (sia dall’esposizione dei fatti di causa che dalla motivazione) che, al notaio B., erano stati contestati: sia la violazione del dovere di procedere alla comunicazione dell’apertura di un ufficio secondario; sia il divieto di aprire una pluralità di uffici secondari (in (OMISSIS) e (OMISSIS)ì sedi diverse da quelle a lui assegnate ((OMISSIS) e (OMISSIS)). Tanto è vero che costituisce un motivo di reclamo (il n. 3) la mancata considerazione della tempestività della comunicazione effettuata nel settembre 2015 dell’apertura di una nuova sede secondaria in (OMISSIS). E, la Corte distrettuale con giudizio di merito insindacabile in questa sede, ha specificato che, risultando evidente l’apertura di un ulteriore ufficio secondario, da parte del notaio B. fin dal giugno 2015, la comunicazione del 28 settembre 2015 non poteva certamente considerarsi tempestiva.

La Corte distrettuale ha, altresì, chiarito, ancora una volta con giudizio di merito, che in quanto privo di vizi logici, non è suscettibile di valutazione in questa sede, che l’attività svolta dal notaio B. nel nuovo ufficio, era continuativa e non occasionale, dovendo considerare “(….) che la quantità degli atti rogati dal B. presso gli uffici del notaio S. e la protrazione di tale comportamento per ben cinque mesi si dimostrano circostanze idonee a smentire l’asserita saltuarietà e temporaneità dell’attività svolta dal notaio al di fuori delle sedi assegnate (…)”.

Appare, dunque, del tutto chiaro che la Corte distrettuale ha giudicato esistenti tutte le violazioni contestate al notaio B. così come risultavano contestate dalla decisione della Co.Re.Di..

3. – Con il terzo motivo il ricorrente lamenta (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 10 codice deontologico per avere la Corte d’Appello ritenuto applicabile tali norme pur in difetto di un elemento costitutivo e “presupposto” di entrambe ossia quello dell’ufficio secondario. Lo status di vacanza della sede di (OMISSIS), collegato al pensionamento del precedente notaio, ivi operante, esclude che quel comune potesse intendersi quale “sede notarile” ai fini delle norme in esame, con conseguente inesistenza del requisito dell’ufficio secondario. Sostiene il ricorrente che la Corte distrettuale nel ritenere applicabili, al caso di specie, la normativa di cui all’art. 10 c.c. e art. 26 Legge Notarile non avrebbe considerato che l’Ufficio di (OMISSIS) non avrebbe potuto esser considerato un ufficio secondario posto che dell’art. 10 cod. deont., comma 3, dispone che “ai fini del presente divieto non è considerato sede notarile il Comune monosede limitatamente al periodo di vacanza della sede stessa”., e la sede di (OMISSIS) era sede vacante per via del pensionamento del notaio S. dal 25 marzo 2015.

3.1. – Il motivo è inammissibile, sia perchè il ricorrente muove da un presupposto affermato ma non dimostrato, dato che non risulta che il Comune di (OMISSIS) sia monosede notarile e, soprattutto, per novità dell’eccezione dovendosi considerare che dalla ordinanza impugnata non risulta che tale eccezione sia stata formulata nel corso del giudizio di merito.

E’ ius receptum che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.

4. – Con il quarto motivo il ricorrente lamenta (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 138 bis in combinato disposto con la L. n. 89 del 1913, art. 147, lett. b). Sostiene il ricorrente che la Corte distrettuale non avrebbe correttamene applicato i criteri per la determinazione del quantum della sanzione irrogata e cioè: 1) la gravita della condotta; 2) l’arco temporale in cui si è protratta la violazione; 3) il rilevante numero di atti stipulati dal B..

4.1. – Il motivo è infondato.

Osserva questa Corte che la determinazione qualitativa e quantitativa della sanzione da applicare, nei limiti previsti dalla legge, rientra tra i poteri discrezionali dell’organo preposta ad irrogarla. Attesa la natura e la funzione, essenzialmente, punitiva di ogni sanzione, essa deve essere commisurata alla gravità del fatto (e delle sue circostanze) ed alla personalità del soggetto, autore dello stesso (come è previsto in tema di sanzioni penali dall’art. 133 c.p., ed in tema di sanzioni amministrative dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 11). Sennonchè il soggetto che irroga la sanzione non è tenuto ad un’analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, essendo sufficiente che egli indichi di aver tenuto conto, sia pure globalmente, dei criteri per il corretto esercizio di detto potere discrezionale nella scelta della pena e nella determinazione del quantum.

Nella fattispecie la Corte di Appello, ai fini del rigetto del motivo di reclamo avverso l’entità della sanzione irrogata dalla CO.RE.DI., ha chiarito di aver tenuto: della gravità della condotta, dell’arco temporale in cui si è protratta la violazione e del rilevante numero di atti stipulati in violazione delle norme contestate.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91, condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, a favore di parte controricorrente, al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso e accessori come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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