Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2693 del 05/02/2010

Cassazione civile sez. I, 05/02/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 05/02/2010), n.2693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 699/05 proposto da:

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali dom.to in Roma via dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

E.A., elett.te dom.to in Roma via Cantaro 17 presso

l’avv. D’Ambrosio Romana con gli avv.ti Vincenzo Vitale e Nicola Pepe

del Foro di Brindisi che lo rappresentano e difendono per procura

speciale in atti;

– controricorrente –

e

Regione Puglia in persona del rapp.te in carica – Comune di Carovigno

in persona del Sindaco in carica;

– intimati –

sul ricorso 3333/05 proposto da:

E.A., dom.to, rapp.to e difeso c.s. ricorrente

incidentale contro Ministero delle Politiche Agricole e Forestali

Regione Puglia;

– intimati –

Entrambi avverso la sentenza del Giudice di Pace di San Vito dei

Normanni in data 7.8.2004;

Udita la relazione del relatore cons. Dr. Luigi Macioce svolta nella

p.u. del 9-11-2009.

Udito il P.G. nella persona del Sost. Proc. Gen. Dr. M. Velardi che

ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo e l’assorbimento

degli altri ed il rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agricoltore E.A. convenne innanzi al Giudice di Pace di San Vito dei Normanni la Regione Puglia, il Comune di Carovigno, la Provincia di Brindisi ed il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali al fine di ottenere il pagamento della somma di Euro 521,49 oltre interessi a titolo di saldo dell’importo dovuto per contributi per calamità naturale previsti dal D.L. n. 367 del 1990, art. 2, comma 2 conv. in L. n. 31 del 1991. Si costituirono i convenuti – eccependo la Regione la prescrizione e la carenza della propria legittimazione nonchè prospettando l’incostituzionalità della normativa sul contributo nella parte in cui fosse interpretata come impositiva di un obbligo per somme superiori a quelle stanziate – ed il GdP con sentenza 7.08.2004, dichiarata la propria giurisdizione e la propria competenza, dispose la condanna del M.P.A.F., per Euro 521,49, in favore dell’ E., affermando che era competente l’adito Giudice ai sensi dell’art. 20 c.p.c. (nel Comune essendo la tesoreria comunale che, per Legge Regionale, aveva emesso l’ordinativo di pagamento), che sussisteva la giurisdizione vertendosi in materia di diritti soggettivi, che l’unico obbligato era il Ministero, tenuto a fornire alla Regione i fondi con i quali dotare il Comune per i pagamenti necessari al saldo dell’intero contributo, che era indiscutibile il diritto dell’agricoltore alla percezione nell’intero del contributo.

Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 20.9.2004, il Ministero delle P.A.F. ha proposto ricorso il 19.11.2004, contenente tre motivi, al quale ha resistito, con controricorso notificato il 28.12.2004, l’ E., nel quale ha articolato ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo, basato su due profili ed una subordinata questione di legittimità costituzionale. Regione e Comune non hanno formulato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vanno riuniti i due ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Esaminando il ricorso del Ministero delle P.A.F., si osserva che con esso si formulano tre motivi.

Con il primo si lamenta la violazione degli artt. 2944 e 2946 c.c. per avere il GdP ignorato il compimento al di del ricorso per ingiunzione del corso decennale (iniziato nel 1991) della prescrizione. Con il secondo mezzo – denunziante la violazione delle L. n. 31 del 1991, L. n. 590 del 1981 e della L.R. Puglia n. 24 del 1990 – il ricorrente si duole del fatto che il GdP abbia violato i principi per i quali esso Ministero, tenuto alla provvista dei fondi deliberati dal Parlamento in favore dell’Ente Regione, mai sarebbe potuto ritenersi obbligato diretto in favore del beneficiario. Con il terzo motivo si lamenta la violazione del D.L. n. 367 del 1990, art. 11 conv. in L. n. 31 del 1991, nonchè del D.L. n. 136 del 2004, art. 8 septies conv. in L. n. 186 del 2004, per avere il GdP ignorato che il contributo preteso non costituiva oggetto di un diritto all’intero ammontare previsto ma solo a quella parte che fosse stata adeguatamente coperta dalla autorizzazione di spesa.

Si esamina in via preliminare la doglianza di cui al secondo motivo, avente profilo assorbente siccome afferente la indebita condanna diretta del Ministero. La doglianza è certamente ammissibile, in un ricorso avverso sentenza emessa in giudizio di “equità necessaria”, là dove postula la violazione del principio fondamentale in materia di obbligazioni pubbliche costituito dalla distinzione tra obbligazione giuridica della P.A. di erogare il dovuto al privato creditore ed obbligo politico della stessa Amministrazione di somministrare all’Ente obbligato i fondi disponibili per la provvista. Ma la doglianza è anche indiscutibilmente fondata, come ripetutamente da questa Corte affermato in subjecta materia (ex multis Cass. 7727.06 – 189.06 – 20432.05 – 20430.05). Il D.L. n. 367 del 1990, art. 10 conv. in L. n. 31 del 1991, individua infatti il creditore e l’obbligato alla prestazione in esame, rispettivamente, nel titolare dell’azienda (olivicola o vitivinicola) e nella Regione, nel mentre l’art. 11 statuisce che la provvista per l’erogazione da parte delle Regioni dei contributi in discorso (pari a L. 900 miliardi per gli anni 1990-1991) sia ripartita tra le richiedenti Regioni dal Ministero per le P.A.F. Appare pertanto totalmente inconsistente l’ipotesi di una obbligazione diretta dell’Amministrazione Statale la quale è intestataria – per il tramite del Fondo di Solidarietà che essa amministra – delle somme che il Parlamento ha, con legge, disposto essere destinate e vincolate allo scopo: si tratta di una ipotesi che riduce ad obbligazione ex lege quello che è obbligo istituzionale e politico di ripartire la provvista ed erogarla in quota all’Ente richiedente, obbligato finale ed esclusivo, un obbligo insuscettibile di essere letto in termini di garanzia “propria od impropria” e pertanto di condurre sia ad alcuna statuizione di condanna alla erogazione in via di regresso, sia, ed ancor più, ad una condanna diretta del Ministero al pagamento in favore del creditore.

Si accoglie pertanto il ricorso del Ministero P.A.F. sotto l’assorbente profilo della fondatezza della censura afferente la titolarità passiva della dedotta obbligazione.

Esaminando, quindi, le questioni proposte dall’ E. in via incidentale condizionata si rileva che l’impugnazione incidentale dichiaratamente lamenta in premessa che il GdP avrebbe omesso di pronunziare sulla sussistenza della obbligazione diretta della Regione nei confronti di esso agricoltore (obbligazione che con la citazione si era postulata in via alternativa). A fronte di tale premessa – evocante un vizio di omessa pronunzia – l’impugnazione si diffonde:

con un primo profilo a trattare il tema della sussistenza della obbligazione al “saldo” della Regione Puglia ed alla portata del D.L. n. 367 del 1990, art. 11 la cui efficacia limitativa è stata fatta segno alla sopravvenuta norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 136 del 2004, art. 8 septies, conv. in L. n. 186 del 2004 che ha anche sostituito, nell’art. 2, comma 2 cit., alle parole “…

di lire … le parole “… fino a lire …”, norma che il ricorrente incidentale tende a ritenere non operante nel rapporto tra agricoltore e Regione;

con un secondo profilo a ribadire la sussistenza del diritto al contributo pieno;

con un terzo profilo a sollevare condizionata questione di legittimità costituzionale.

Orbene, rileva il Collegio, che se, sulle questioni testè sintetizzate non può che richiamarsi l’interpretazione data al proposito da questa Corte (da 20430/05 a 23038/08) ritenendola assolutamente in linea con il disposto dell’art. 81 Cost. (Cass. cit.) e della quale la Corte Costituzionale, con la sentenza 135 del 2006, ha escluso alcun profilo di illegittimità costituzionale, il ricorso incidentale appare affatto inammissibile posto che, a fronte di una premessa impugnatoria rettamente appuntata sulla omissione di una pronunzia sulla obbligazione (alternativamente azionata) della Regione, sviluppa inconferenti argomenti a sostegno della esistenza della obbligazione e della irrilevanza (o incostituzionalità) dello jus superveniens. Da tanto consegue, in accoglimento in parte qua della censura principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la cassazione della sentenza nella parte in cui ha indebitamente affermato la titolarità passiva in capo alla Amministrazione delle P.A.F. della obbligazione allegata dall’ E. e, decidendosi nel merito ex art. 384 c.p.c., il rigetto della domanda (l’unica rilevante dopo l’inammissibilità del ricorso incidentale) proposta a suo carico. Ragioni di equità inducono a compensare le spese del giudizio di merito e di legittimità tra attore e MPAF.

PQM

Riuniti i ricorsi, accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale, cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e decidendo ex art. 384 c.p.c. rigetta la domanda nei confronti del Ministero delle P.A.F.;

compensa tra Ministero ed E. le spese del giudizio di merito e del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2010

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