Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26929 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 26/11/2020), n.26929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. Cirillo Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11653-2019 proposto da:

NEW WORLD SNC DI C.A.E.E., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSIO PRESSI;

– ricorrente –

contro

F.S., S.L., elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentate e difese dall’avvocato ALESSANDRO MARINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 76/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Presidente Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

New World s.n.c. di C.A.e.E. si opponeva ai sensi dell’art. 650 c.p.c., ad un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Terni che le ordinava di pagare a F.S. e S.L. la somma di Euro 9100, oltre a interessi e spese, a titolo di canoni per contratto di locazione commerciale attinente ad un immobile che la società aveva stipulato con le suddette F.S. e S.L.; queste ultime si costituivano, resistendo alla opposizione e insistendo nella propria pretesa monitoriamente proposta.

Il Tribunale, con sentenza del 30 marzo 2017, dichiarava inammissibile l’opposizione.

La società proponeva appello, cui F.S. e S.L. resistevano.

La Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 31 gennaio 2019, ritenuta ammissibile l’opposizione, la rigettava peraltro nel merito, compensando le spese di primo grado e condannando la società a rifondere le spese del secondo.

La società ha proposto ricorso, da cui F.S. e S.L. si sono difese con controricorso.

Il ricorso si articola in due motivi.

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione del citato art. 1362 c.c., ed erroneo accertamento sulla esistenza di causa estintiva del credito di controparte.

La questione viene posta in ordine al quesito se le controparti hanno voluto rinunciare in sede stragiudiziale al credito de quo; per dimostrarlo, l’attuale ricorrente avrebbe prodotto corrispondenza tra i legali delle parti e il verbale di rilascio dell’immobile, sostenendo che da tutto questo sarebbe emersa la rinuncia stragiudiziale al credito. La corte territoriale ciò avrebbe invece negato, richiamando erroneamente l’art. 1366 c.c., in luogo dell’art. 1362 c.c., come canone interpretativo e non tenendo conto neppure del comportamento successivo delle parti.

Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè erroneità della sentenza per avere disposto la compensazione delle spese del primo grado e condannato la ricorrente alle spese del secondo grado, “alla luce del superiore motivo di appello”.

Il primo motivo, ictu oculi, prospetta in realtà una valutazione alternativa fattuale rispetto a quella adottata dal giudice di merito, pur tentando la ricorrente di utilizzare come schermo il riferimento ai canoni ermeneutici che il giudice non avrebbe correttamente applicato. Invece, la sostanza è appunto del tutto fattuale, il che conduce la censura alla inammissibilità. E questo assorbe il successivo motivo, che è in effetti, come la stessa ricorrente si premura di sottolineare, intrinsecamente connesso al motivo precedente: il secondo, invero, costituisce la conseguenza dell’accoglimento del primo.

Tutto il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, da ciò derivando la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alle controricorrenti.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1300, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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