Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26927 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 23/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep.23/12/2016),  n. 26927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14934-2011 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.f. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

GAETANO DE RUVO, DANIELA ANZIANO, LIDIA CARCAVALLO, ANTONIETTA

CORETTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI GALLO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 177/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 23/03/2011 r.g.n. 933/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato STUMPO VINCENZO per delega verbale Avvocato CORETTI

ANTONIETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23.2 – 23.3.11 la Corte d’appello di Salerno ha rigettato l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro dello stesso Tribunale che l’aveva condannato al pagamento della somma di Euro 12.380,51 a titolo di differenza tra l’assegno erogato dal Fondo di solidarietà dello stesso istituto a G.G., ai sensi del D.M. 28 aprile 2000, n. 158, art. 10, comma 9, quale dipendente del Banco di Napoli che aveva risolto anticipatamente il rapporto, e quanto il medesimo avrebbe dovuto percepire per la stessa causale.

La Corte territoriale ha rilevato che non poteva essere condiviso il metodo di calcolo seguito dall’Inps che finiva per rivelarsi discriminante proprio per la categoria di persone ultracinquantenni, se donne, ed ultracinquantacinquenni, se uomini, che la normativa fiscale aveva previsto di agevolare. In particolare, la Corte ha evidenziato che attraverso il metodo di calcolo dell’Inps veniva applicato un regime di tassazione ordinaria sull’intero assegno e non il regime di tassazione separata.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un solo motivo.

Resiste con controricorso G.G..

Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo l’Inps censura l’impugnata sentenza per violazione del D.M. Lavoro e della Previdenza Sociale 28 aprile 2000, n. 158, art. 10, comma 9, del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19, commi 1, 2 e 4 bis, e successive modifiche ed integrazioni, nonchè della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

In particolare l’Inps, nel contestare la decisione della Corte di merito, rileva che la funzione di sommare all’importo netto della pensione, che sarebbe spettata all’esodato (D.M. n. 158 del 2000, art. 10, comma 9, n. 1 sopra richiamato), l’importo delle ritenute di legge sull’assegno non può che essere quella di rendere neutro, ai fini fiscali, l’assegno stesso in favore del percipiente, in quanto mediante tale operazione è il Fondo stesso a conferire al beneficiario un importo corrispondente alle ritenute, poi effettuate dal sostituto d’imposta e versate all’erario in modo da favorire l’esodo, incentivandolo mediante la neutralizzazione del prelievo fiscale. Nè è ravvisabile, secondo l’Inps, il temuto peggioramento, in quanto a quei lavoratori non viene che riconosciuto in sede di calcolo dell’assegno un importo uguale a quello che deve poi essere trattenuto ai fini fiscali, con la conseguente neutralizzazione dell’imposta. Aggiunge la difesa dell’Inps che la ratio della disposizione del D.M. n. 158 del 2000, art. 10 è quella di offrire al lavoratore esodato, il quale non ha ancora maturato il diritto alla pensione, un trattamento di sostegno del reddito che lo accompagnerà sino alla maturazione della pensione stessa, conseguita anche sulla scorta della contribuzione che il Fondo continua ad erogare nelle more della percezione dell’assegno. In tal senso si giustifica, secondo l’Inps, il criterio di calcolo dell’importo dell’assegno previsto dal citato decreto ministeriale, che vede aggiungere sull’importo pari al trattamento pensionistico netto le somme rappresentative delle ritenute di legge sull’assegno straordinario che verranno successivamente detratte a titolo di ritenuta. In definitiva, secondo tale assunto difensivo, nel calcolo dell’importo dell’assegno straordinario di sostegno per il reddito – di cui al D.M. n. 158 del 2000, art. 10, comma 9, – costituito dalla sommatoria dell’importo netto del trattamento pensionistico spettante nell’assicurazione generale obbligatoria, con la maggiorazione dell’anzianità contributiva mancante per il diritto alla pensione, e l’importo delle ritenute di legge sull’assegno straordinario, tali ritenute, nel caso di assegno in favore di donne ultracinquantenni, devono essere considerate quelle di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 4bis (Testo unico delle imposte sui redditi) e non quelle di cui al comma 2 della stessa norma (tassazione separata).

Il motivo è fondato.

Invero, questa Corte ha già avuto modo di statuire (Cass. Sez. Lav., n. 4425 del 20/3/2012) che “in tema di cosiddetto prepensionamento, gli incentivi all’esodo vanno determinati in conformità agli scopi perseguiti dalla singola disciplina. Ne consegue che, nel caso dell’assegno straordinario di sostegno al reddito di cui al D.M. n. 158 del 2000, art. 5, comma 1, lett. b), mirandosi ad incentivare l’esodo con l’erogazione di un reddito pari al trattamento pensionistico netto, virtualmente determinato col computo dell’anzianità contributiva mancante, l’importo delle “ritenute di legge”, che il successivo art. 10, comma 9, impone di sommare all’importo netto del trattamento pensionistico, quale componente dell’assegno straordinario, va calcolato con lo stesso criterio applicabile all’intero assegno, e cioè con l’aliquota agevolata ex art. 17, comma 4-bis Testo unico delle imposte sui redditi, anzichè con l’aliquota ordinaria di cui all’art. 17, comma 2. (Principio affermato in fattispecie relativa ai dipendenti del Banco di Napoli).”

In pratica, la questione in esame riguarda la determinazione dell’importo dell’assegno straordinario di sostegno al reddito, previsto, fra l’altro, per i dipendenti del Banco di Napoli che risolvono anticipatamente il rapporto di lavoro ai sensi del D.M. 28 aprile 2000, n. 158, art. 54, lett. B). L’art. 10, comma 9, di tale decreto dispone che la misura lorda dell’assegno è computata sommando: l’importo netto del trattamento pensionistico spettante nell’assicurazione generale obbligatoria con la maggiorazione dell’anzianità contributiva mancante per il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia; l’importo delle ritenute di legge sull’assegno straordinario. Orbene, la determinazione di incentivi nell’ambito di procedure di prepensionamento va fissata in relazione alla singola disciplina, dato che ognuna di tali procedure, distintamente attivata, persegue proprie e contingenti finalità, corrispondenti ai singoli provvedimenti di prepensionamento, dettati volta per volta per fronteggiare situazioni di crisi settoriali od anche per consentire il pensionamento a particolari categorie di lavoratori.

Di tale varietà della legislazione in materia di prepensionamenti (pure successivamente alla disciplina organica dettata dalla L. n. 223 del 1991, art. 27) ha dato conto anche la dottrina, che ha puntualmente rilevato come in alcuni casi di prepensionamento miri a tutelare anche l’interesse dell’imprenditore a disporre di uno strumento di riduzione del personale, applicabile senza generare le conflittualità connesse con l’ordinario ricorso al licenziamento. In tale pluralità di intenti e di interessi tutelati, è evidente che il riconoscimento di un determinato beneficio – sub specie di emolumento economico incentivante – è legato alla particolare situazione che il provvedimento di prepensionamento intende tutelare.

Nella specie qui in esame, l’erogazione dell’assegno straordinario risponde all’esigenza di incentivare l’esodo anticipato mediante il pensionamento di dipendenti che non abbiano ancora maturato i relativi requisiti, ai quali viene riconosciuto, nel periodo intermedio, un reddito che corrisponde al trattamento pensionistico netto, virtualmente determinato con il computo dell’anzianità contributiva mancante. Come l’Istituto esattamente rileva, l’esigenza viene realizzata mediante la corresponsione di un assegno straordinario che corrisponde esattamente al trattamento pensionistico così determinato, e ciò spiega la previsione che a tale importo venga aggiunto quello delle ritenute che per legge sono dovute sull’assegno, secondo un meccanismo che vale ad assicurare ai beneficiari la percezione, anticipata, di un reddito uguale all’importo della pensione.

In base a questa finalità, è coerente calcolare le suddette ritenute secondo il criterio previsto dall’art. 17, comma 4 bis Testo Unico delle imposte sui redditi, cioè secondo lo stesso criterio che deve essere applicato all’intero assegno, poichè questa modalità di calcolo consente di neutralizzare l’incidenza delle ritenute e di garantire ai dipendenti “prepensionati” la percezione di un importo netto pari al trattamento pensionistico anticipato.

Pertanto, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa viene decisa nel merito con il rigetto della domanda.

Si compensano le spese dell’intero processo in ragione della difficoltà delle questioni esaminate.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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