Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26926 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. III, 15/10/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 15/10/2019), n.25926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8803-2018 proposto da:

R.S., RO.LU., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PIETRO DA CORTONA N 8, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

MILETO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA

ALFREDO LANZALONE, MASSIMILIANO MONTAGNER;

– ricorrenti –

contro

FINO 2 SECURITISATION SRL, E PER ESSA DOBANK SPA in persona della

Dott.ssa J.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato CAROLA JANARI,

rappresentata difesa dall’avvocato FRANCESCA PIACENTINI;

– controricorrente –

e contro

UNICREDIT SPA, R.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1656/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto notificato il 14 ottobre 2010, Unicredit Management, quale mandataria di Unicredit Corporate, evocava in giudizio C. e R.S. e Ro.Lu. chiedendo la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale stipulato tra i convenuti e trascritto l’8 maggio 2009, nonchè dell’atto di disposizione con cui i beni di proprietà degli stessi erano stati conferiti in trust e trasferiti al trustee R.C., con atto trascritto il 19 maggio 2009. Chiedevano, altresì, l’accertamento dell’invalidità di tale trust, in quanto costituito al solo scopo di ledere i diritti delle ragioni della banca. Aggiungeva di essere creditrice verso la società Confezioni Santi S.p.A. della somma di Euro 1.827.000 circa, oltre interessi, in forza di una pluralità di finanziamenti concessi e che, in data 4 marzo 2009, era intervenuta garanzia fideiussoria da parte di R.S. e Ro.Lu., coniugi e comproprietari di una serie di immobili;

si costituivano i convenuti eccependo la carenza di giurisdizione del giudice italiano e la nullità dell’atto di citazione e, nel merito, contestavano la sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria in quanto il fondo patrimoniale e il trust, anteriore al sorgere del credito, erano funzionali ai bisogni della famiglia; a seguito della crisi del settore abbigliamento, la società garantita era stata costretta a presentare un piano di ristrutturazione alle banche cui aveva fatto seguito la revoca delle linee di credito;

il Tribunale di Crema, con sentenza del 13 novembre 2012, dichiarava l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e dell’atto di costituzione del trust Ru., con conseguente dichiarazione di inefficacia del trasferimento dei beni al trustee R.C.. Rigettava la richiesta di dichiarazione di invalidità dell’atto costitutivo di trust. Il Tribunale rilevava che gli atti dispositivi erano successivi al sorgere del credito, il quale si riferiva alla lettera del 4 marzo 2009 in cui Confezioni Santi S.p.A. aveva riconosciuto l’esposizione debitoria nei confronti della banca. Ricorrevano i presupposti, perchè la società aveva riconosciuto che il capitale era interamente perduto, la scientia damni era provata dalla circostanza che i fideiussori erano soci e R., anche amministratore unico della società garantita, mentre non ricorrevano gli elementi per ritenere il trust un negozio in frode alla legge;

con atto di citazione del 20 marzo 2013 C. e R.S. e Ro.Lu. proponevano appello avverso tale decisione e si costituiva la banca resistendo al gravame. Con atto di intervento ai sensi dell’art. 111 c.p.c. FINO 2 Securitisation s.r.l. e, per essa, doBank S.p.A. faceva proprie le richieste di Unicredit S.p.A. quale titolare di un portafoglio di crediti pecuniari in sofferenza che precedentemente facevano capo a tale banca;

la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 1 dicembre 2017 rigettava l’impugnazione provvedendo sulle spese. La Corte territoriale, confermando le argomentazioni del Tribunale, rilevava che, ai fini della revocatoria ordinaria, non è richiesta la totale compromissione della consistenza del patrimonio, ma il compimento di atti che rendano più difficoltosa la soddisfazione del credito, sussistenti nel caso di specie a causa del conferimento dei beni immobili nel fondo patrimoniale. Nello stesso modo gli appellanti, rispettivamente socio e anche amministratore unico di Confezioni Santi S.p.A., non potevano non essere a conoscenza dello stato di decozione della società. La Corte riteneva infondata la censura secondo cui l’azione revocatoria non avrebbe potuto essere proposta nei confronti dell’atto costitutivo del trust, trattandosi di atto neutro rispetto ai successivi negozi attuativi. Al contrario, ricorreva contestualità tra l’istituzione del trust Ru., la dotazione dello stesso dei beni precedentemente conferiti al fondo patrimoniale e il trasferimento degli stessi al trustee. Sotto altro profilo le considerazioni relative alla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria per il fondo patrimoniale dovevano estendersi anche al trust, ricorrendo l’ipotesi di atti a titolo gratuito con conseguente irrilevanza della consapevolezza del pregiudizio arrecato in capo al trustee (NB qui va corretta la sentenza perchè ciò che rileva è la consapevolezza del beneficiario, come da sentenza Scoditti Cass. 13388-18);

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Ro.Lu. e R.S. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso FINO 2 Securitisation s.r.l. e, per essa, doBank S.p.A.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione l’art. 112 c.p.c. rilevando che la banca con l’atto di citazione aveva chiesto di dichiarare inefficace ai sensi dell’art. 2901 c.c. l’atto di disposizione con cui i beni immobili erano stati conferiti in trust e trasferiti al trustee e accertare l’invalidità del trust. Al contrario il Tribunale aveva dichiarato l’inefficacia dell’atto di costituzione del trust Ru. e, conseguentemente, aveva dichiarato l’inefficacia del trasferimento dei beni al trustee. Erroneamente la Corte d’Appello avrebbe confermato una statuizione che non era stata richiesta e cioè quella di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., anche dell’atto istitutivo di trust;

con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 riguardo all’assoggettabilità a revocatoria dell’atto istitutivo di trust, sul presupposto della unicità di quest’ultimo e dell’atto dispositivo. L’atto istitutivo del trust non potrebbe essere assoggettato ad azione revocatoria perchè non avrebbe effetti dispositivi, poichè con lo stesso disponente si limita ad esprimere la volontà di costituire un trust. Al contrario l’atto dispositivo sarebbe quello successivo, con cui il disponente trasferisce a titolo gratuito i beni in favore del trustee. Al contrario, la Corte territoriale ha superato la questione rilevando che nell’ambito di un unico atto stipulato il 14 maggio 2009 era stata istituito il trust Ru., dotato lo stesso dei beni precedentemente conferiti nel fondo patrimoniale del 5 aprile 2009, contestualmente trasferiti al trustee. In sostanza, l’atto che può essere dichiarato inefficace, non è quello con cui si istituisce il trust, ma soltanto quello di conferimento nel trust dei beni che ne costituiscono la dotazione. Pertanto la Corte territoriale avrebbe dovuto, al più, dichiarare l’inefficacia solo della parte del contratto del 15 maggio 2014 con cui si procedeva al trasferimento, in favore del trustee, dei beni ivi indicati, ma non anche dichiarare l’inefficacia dell’atto istitutivo del trust Ru.;

sebbene dedotta ai sensi degli art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c. la questione oggetto del primo motivo pone una questione di interpretazione della domanda ed opera il principio consolidato (Cass. Sez. 6 – 5, n. 30684 del 21/12/2017 secondo cui nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la S.C. ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poichè l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata;

peraltro la censura è fondata esclusivamente sul testo letterale delle conclusioni e si disinteressa del tutto del contenuto dell’atto di citazione e di quello di appello, che costituiscono profili decisivi poichè la questione relativa all’errata interpretazione della domanda, costituisce un accertamento in fatto comunque diretto a cogliere, al di là delle espressioni letterali utilizzate, il contenuto sostanziale della domanda, desumibile dalla situazione dedotta in giudizio (Cass. SU 10 luglio 2003 n. 10840);

in secondo luogo, non sussiste un interesse a fare valere la questione, perchè in sostanza rispetto ad un unico atto, la banca aveva chiesto di dichiarare l’inefficacia di due segmenti e cioè l’atto di conferimento in trust e quindi di trasferimento di beni e il successivo atto con cui quei beni sono stati trasferiti al trustee, mentre i ricorrenti lamentano che non vi sarebbe stata alcuna domanda riguardo all’atto presupposto e cioè quello astratto di istituzione del trust Ru., quale negozio neutro. Rispetto a questa domanda non è prospettato in alcun modo l’interesse, giacchè si tratta di negozio unico del 14 maggio 2009 che ha l’unico effetto di acquisire i beni immobili dei ricorrenti e trasferirli al trustee;

a prescindere da tali preliminari considerazioni ed anche con riferimento al secondo motivo, le censure sono infondate perchè contrarie ai principi affermati da Cass. n. 10498 del 24/01/2019 cui questa Corte intende dare continuità;

in quella sede era stata posta dalle stesse parti la medesima questione rilevando che “come è stato sottolineato dalla pressochè unanime dottrina” così si argomenta – “oggetto dell’azione revocatoria non può essere l’atto istitutivo del trust, che di per se stesso non ha effetti dispositivi, ma il conseguente atto di disposizione con cui i beni sono trasferiti al fiduciario (trustee) o posto sotto il controllo dello stesso, oppure segregati nel patrimonio del disponente, nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico, come precisa l’art. 2, comma 2, Convenzione de L’Aja”. “L’atto istitutivo di trust” – così si puntualizza – “è l’atto con il quale il disponente esprime la volontà di costituire un trust; l’atto dispositivo, invece, è l’atto con il quale il disponente trasferisce, a titolo gratuito, i beni in trust al trustee”;

va ribadito che la prospettata distinzione, da parte dei ricorrenti, tra natura meramente istitutiva del trust ed efficacia dispositiva dei beni conferiti – pur cogliendo un aspetto rilevante, sul piano del difetto di incidenza pregiudizievole dell’atto meramente istitutivo del trust ai fini dell’azione revocatoria – appare comunque irrilevante, posto che le “conclusioni dell’originario atto di citazione dei creditori” avevano investito l'”atto notarile istitutivo nella sua interezza”;

appare condivisibile l’impostazione di fondo della sentenza che supera la tesi che ricava la soluzione della non revocabilità dell’atto istitutivo del trust in via diretta – ovvero automatica – dalla affermazione che trattasi di atto sprovvisto di carattere traslativo, rilevando che, invece, tale funzione è svolta, nel contesto della complessiva operazione di trust, da atto successivo e conseguente;

“in effetti, la constatazione che, nel trust, dispositivo è l’atto col quale viene intestato al trustee il bene conferito in trust (cfr. da ultimo Cass., 29 maggio 2018, n. 13388) non comporta che la relativa domanda revocatoria debba essere necessariamente indirizzata negli immediati confronti di quest’atto; e non possa, per ciò stesso, essere utilmente proposta pure nei confronti dell’atto istitutivo del trust. In realtà, nel caso in cui all’istituzione del trust abbia fatto poi seguito l’effettiva intestazione del bene conferito al trustee – secondo quanto accaduto nella fattispecie concretamente in esame -, la domanda di revocatoria, che assume ad oggetto l’atto istitutivo, appare comunque idonea a produrre l’esito di inefficacia (dell’atto dispositivo) a cui propriamente tende la predetta azione (ove la dichiarazione di inefficacia potesse essere emessa anche in assenza dell’effettiva esistenza di un atto dispositivo, per contro, si fuoriuscirebbe senz’altro dalla funzione di conservazione patrimoniale che risulta specificamente connotare, nel sistema del codice civile, come ripreso anche nella sede della normativa fallimentare, lo strumento dell’azione revocatoria);

per constatare l’indicata idoneità, è sufficiente considerare che l’atto di trasferimento e intestazione del bene conferito al trustee non risulta essere atto isolato e autoreferente. Nella complessa dinamica di un’operazione di trust, lo stesso si pone, per contro, non solo come atto conseguente, ma prima ancora come atto dipendente dall’atto istitutivo. E’ in quest’ultimo atto, cioè, che l’atto dispositivo recupera la sua ragion d’essere e causa (in ipotesi) giustificatrice;

è, del resto, corrente osservazione in letteratura che il trustee risulta titolare di un “ufficio”, o di una “funzione”; e che, quindi, è proprietario non già nell’interesse proprio, bensì nell’interesse altrui: secondo i termini e i modi volta a volta appunto consegnatigli dell’atto istitutivo. La peculiare proprietà del trustee non potrebbe perciò “sopravvivere” all’inesistenza, o al caducarsi, dell’atto che viene nel concreto a conformare tale diritto (nel caso di specie al fine particolare della “tutela dei bisogni della famiglia” basata sul rapporto di coniugio intercorrente tra R.S. e Ro.Lu.). L’inefficacia dell’atto istitutivo, come prodotta dall’esito vittorioso di un’azione revocatoria, reca con sè, dunque, pure l’inefficacia dell’atto dispositivo. La domanda di revoca dell’atto istitutivo viene, in altri termini, a colpire il fenomeno del trust sin dalla sua radice”;

in conclusione, i primi due motivi devono essere respinti. Va invece corretta la motivazione della Corte territoriale precisando che il profilo soggettivo, peraltro irrilevante negli atti a titolo gratuito, deve essere riferito non alla posizione del trustee, come da ultimo affermato da Cass. Sez. 3 -, n. 13388 del 29/05/2018 ove di puntualizza che il requisito soggettivo dell’azione revocatoria rilevante nel caso dell’atto a titolo oneroso (art. 2901 c.c., comma 1, n. 2) dovrà essere valutato in relazione al beneficiario quale titolare dell’interesse rispetto al quale emerge l’onerosità dell’atto.

Negli atti a titolo gratuito, come nel caso di dotazione patrimoniale per far fronte ai bisogni della famiglia, invece il beneficiario potrà anche non avere conoscenza dell’atto di disposizione patrimoniale. Lo stato soggettivo rilevante dal punto di vista del terzo è così quello del beneficiario e non del trustee ed acquista rilievo, come previsto dalla norma, nel caso di atto di disposizione patrimoniale nell’ambito di trust a titolo oneroso;

con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la motivazione apparente o comunque manifestamente illogica e contraddittoria della decisione impugnata nella parte in cui avrebbe affermato che il Tribunale di Crema aveva dato conto delle ragioni per le quali gli atti di trasferimento dei beni in favore del trustee, sarebbero stati dichiarati inefficaci. Secondo la Corte d’Appello il Tribunale avrebbe esaminato i presupposti dell’azione revocatoria, sia con riferimento all’atto di costituzione del fondo patrimoniale, sia riguardo alla costituzione del trust Ru.. Al contrario, secondo i ricorrenti, tale motivazione sarebbe insussistente;

il motivo è inammissibile perchè indipendentemente dalla sussistenza o meno di un’argomentazione specifica da parte del Tribunale riguardo alla sussistenza dei presupposti per l’azione revocatoria da riferire alla trust, quelle argomentazioni sono state fatte proprie dalla Corte territoriale precisando che ricorrono i medesimi presupposti fattuali relativi all’atto costitutivo di fondo patrimoniale, confermando che i due istituti sono accomunati dalla medesima natura di atti a titolo gratuito, per i quali operano gli stessi presupposti;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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