Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26923 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 23/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.23/12/2016),  n. 26923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21100-2014 proposto da:

I.N.P.S., ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, ANTONIETTA PATTERI, SERGIO PREDEN, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA BAFILE

2, presso lo studio dell’Avvocato MAFALDA MATTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato NELLO SILVESTRI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2347/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

17/3/2014, depositata il 28/4/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATIRINA MAROTTA;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI, difensore del ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:”La Corte di appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda con la quale A.E. aveva chiesto (in relazione al periodo lavorativo svolto alle dipendenze dell’ANM) il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Riteneva la Corte territoriale che, nella specie, fosse stata fornita dall’appellato la prova dell’esposizione qualificata all’amianto e che, trattandosi di una esposizione ultradecennale, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali fosse da rivalutare.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’I.N.P.S., deducendo violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13 nonchè del D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 sostenendo che il segmento di contribuzione previdenziale suscettibile di rivalutazione contributiva è solo quello corrispondente al periodo di lavoro svolto in costanza di esposizione all’amianto, e non già l’intero periodo coperto dall’assicurazione obbligatoria contro l’amianto.

Angora resiste con controricorso.

Il ricorso è manifestamente fondato.

La giurisprudenza di questa Corte interpreta la norma contenuta nella L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 nel senso che il beneficio pensionistico ivi previsto spetta unicamente ai lavoratori che, in relazione alle lavorazioni cui sono stati addetti e alle condizioni dei relativi ambienti di lavoro, abbiano subito per più di dieci anni (periodo in cui vanno valutate le pause fisiologiche, quali riposi, ferie e festività) una esposizione a polveri di amianto superiori ai limiti previsti dal D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 (v. Cass. 30 luglio 2010, n. 17916, inserita nell’archivio Certalex). In particolare, la Corte ha ritenuto che detta disposizione non consente la rivalutazione dell’intero periodo coperto da assicurazione obbligatoria contro l’amianto (cioè, in pratica l’intero periodo di assicurazione all’I.N.A.I.L., nel quale è ricompreso, tra i tanti, anche il rischio dell’amianto), atteso che, da un lato, l’estensione del beneficio a tutto il periodo assicurativo comporterebbe una ingiustificata discriminazione nei confronti dei lavoratori delle cave e delle miniere di amianto e di quelli colpiti da malattie causate dallo stesso materiale e che, dall’altro, l’espressione “intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto” deve essere intesa – alla luce delle finalità proprie della L. n. 257 del 1992 evidenziate anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 2000 – come periodo caratterizzato dal rischio di contrarre malattie, quale è soltanto il periodo in cui vi sia stata una esposizione qualificata al rischio di asbesto (cfr. Cass. 6 aprile 2002, n. 4950; Cass. 29 maggio 2014, n. 12126).

A questo principio non si è attenuta la Corte di appello di Napoli, che ha invece ritenuto suscettibile di rivalutazione l’intero periodo lavorativo e non quello di accertata esposizione all’amianto.

Per quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5. Valuterà il Collegio se la causa possa essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c.”.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame attenendosi al già riportato principio di diritto e provvederà anche in ordine alla spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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