Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2692 del 05/02/2010

Cassazione civile sez. I, 05/02/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 05/02/2010), n.2692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A. elett.te dom.to in Roma via Di Ripetta 157 presso

l’Avv. Lucchese Alberto che lo rappresenta e difende per procura

speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Regione Puglia in persona del rapp.te in carica;

– intimato –

Avverso la sentenza del Giudice di Pace di Bari in data 13.04.2004;

Udita la relazione del relatore cons. Dr. Luigi Macioce svolta nella

p.u. del 9-11-2009.

Udito il P.G. nella persona del Sost. Proc. Gen. Dr. M. Velardi che

ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29.05.2000 C.A. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Bari la Regione Puglia per sentirla condannare al pagamento in suo favore dell’indennità compensativa per l’anno 1991 quale prevista dalla L.R. Puglia 3 marzo 1978, n. 15 e successive modificazioni di cui alla L.R. 3 novembre 1982, n. 29 e al Regolamento CEE n. 797/85.

Deduceva parte attrice che, in qualità di imprenditore agricolo operante in zona montana e svantaggiata, aveva presentato regolare domanda alla Comunità Montana competente. Precisava l’attore che l’istruttoria della pratica svolta dalla suddetta Comunità Montana aveva avuto esito positivo con il riconoscimento in suo favore della indennità compensativa nella misura di L. 1.696.302 e che detta somma non gli era stata corrisposta. Si costituiva la Regione Puglia deducendo in via preliminare il difetto di legittimazione passiva dell’Ente e, nel merito, la infondatezza della domanda attrice. In prosieguo la convenuta eccepiva la inesistenza del diritto vantato dall’attore in quanto titolare di pensione di vecchiaia.

Il Giudice di pace di Bari con sentenza del 13.4.2004 ha respinto la domanda ritenendo che l’art. 14 del regolamento CE 797/85 escludesse il diritto dell’agricoltore che percepisce la pensione di vecchiaia a ricevere l’indennità compensativa.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C. in data 24.2.2005 sulla base di cinque motivi cui non resiste la Regione Puglia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel ricorso si deduce che la sentenza impugnata è incorsa in violazione del regolamento 797/85 poichè tale norma in realtà riconosce il diritto a percepire l’indennità compensativa anche all’agricoltore che usufruisce di una pensione di vecchiaia, e, nel prevedere il diritto all’indennità anche per l’agricoltore che percepisce una pensione di vecchiaia, stabilisce altresì che la predetta indennità qualora venga corrisposta dallo Stato membro non sia suscettibile di rimborso da parte della Comunità.

Ci si duole poi che il giudice di pace non abbia deciso sulla domanda proposta negando in limine la sussistenza del presupposto per richiedere il beneficio e pertanto commettendo violazione degli artt. 3 e 97 Cost.. I primi due profili di ricorso, riguardando diverse prospettazione della medesima questione, possono essere esaminati congiuntamente ed accolti con integrale richiamo alla decisione di questa Corte recante il n. 13103 del 2004 (seguita, con riguardo alla individuazione dell’obbligato nella Regione, da Cass. n. 12147 e n. 13166 del 2006). Nella pronunzia del 2004 si è affermato che:

“Il regolamento 797/85 CE concerne la pratica agricola comunitaria, ed il suo obiettivo dichiarato è quello di migliorare l’efficienza delle strutture agrarie, specie nelle regioni con gravi problemi, ritenendosi necessario sostenerne lo sviluppo. A tal fine viene chiarito che l’azione comunitaria tende a “migliorare l’efficienza delle aziende e contribuire all’evoluzione delle loro strutture, garantendo nel contempo una duratura conservazione delle risorse naturali dell’agricoltura”, (art. 1). Pertanto viene previsto un regime di aiuti agli investimenti nelle aziende agricole, e, per quanto riguardante le disposizioni finanziarie, (titolo 8^) la partecipazione del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (F.E.O.GA.) in relazione ad investimenti in ambiti previsti espressamente in favore di imprese con precisi requisiti (art 2).

Il regime di aiuti consiste, per quanto riguarda il caso in esame, in “misure specifiche a favore dell’agricoltura di montagna e di talune zone svantaggiate” in relazione alle quali l’imprenditore agricolo, per rientrare nel programma di aiuti, deve avere, tra gli altri requisiti, un reddito prevalentemente agricolo, cioè superiore aduna certa percentuale del reddito totale percepito, e dedicare al lavoro esterno all’azienda un tempo inferiore alla metà del tempo di lavoro totale dell’imprenditore. La concessione dell’indennità compensativa annua è prevista da parte degli stati membri solo (art. 13) per le attività agricole svolte nelle regioni comprese nell’elenco comunitario delle zone agricole svantaggiate nei limiti e con le condizioni di cui agli artt. 14 e 15 dello stesso regolamento. In tali ultimi articoli è richiesto che l’agricoltore si impegni “a proseguire un’attività agricola conforme agli obiettivi di cui all’art. 1 Dir. CEE n. 268/75 per almeno un quinquennio a decorrere dal primo pagamento dell’indennità compensativa”. Da tale impegno vengono esonerati gli agricoltori che percepiscono una pensione di vecchiaia (art. 14), con espressa previsione però che in tal caso “le spese relative all’indennità compensativa non danno diritto ad alcun rimborso a norma dell’art. 28 (cioè a carico del FEOGA) se l’agricoltore percepisce una pensione di vecchiaia”. Nel procedere all’esame della menzionata normativa comunitaria occorre premettere che il regime degli aiuti e dei finanziamenti concessi grava sia sullo Stato che sulla Comunità la quale attraverso il fondo Feoga provvede a rimborsare alcune spese. Chiarito questo aspetto, va rammentato che l’indennità compensativa viene concessa a quegli agricoltori che coltivano almeno tre ettari in zone montane o svantaggiate e che si impegnino a proseguire in detta coltivazione per almeno un quinquennio. In tale contesto, la disposizione contenuta nell’art. 14 del regolamento, che esonera l’imprenditore agricolo che percepisce una pensione di vecchiaia all’impegnarsi a coltivare il fondo per il periodo di cinque anni, non può in alcun modo essere interpretata come una esclusione dalla possibilità di percepire l’indennità compensativa bensì, al contrario, come una norma di favore perchèconsente l’ottenimento della detta indennità anche a prescindere dall’impegno di coltivazione quinquennale. Del resto, tale norma trova la propria giustificazione nella considerazione che, per un calcolo statistico di probabilità, gli agricoltori pensionati per vecchiaia non sono considerati in grado di assicurare la realizzazione di un piano a lunga durata.

Nè può dirsi che l’esclusione dal beneficio derivi dal fatto che gli imprenditori in esame percepiscono già un reddito aggiuntivo costituito dalla pensione, dal momento che risulta evidente dalla esaminata normativa che l’imprenditore agricolo può svolgere anche un’altra attività purchè quella agricola sia prevalente per reddito e tempo di lavoro, e che per percepire il contributo de quo non èrichiesto che il reddito sia prodotto esclusivamente dall’attività agricola. Il regolamento comunitario riconosce, quindi, il diritto a percepire l’indennità in questione anche agli imprenditori agricoli che percepiscono pensione di vecchiaia (che non è ostativa alla prosecuzione dell’attività agricola) ponendo però alcune limitazioni. La prima consiste nel prevedere che gli Stati possono porre in generale delle condizioni o dei limiti alla concessione della indennità compensativa mentre la seconda consiste nel fatto che la Comunità non si fa carico delle indennità compensativa riconosciuta agli agricoltori pensionati dal singolo Stato membro.

Chiarito dunque il quadro normativo comunitario, la sentenza impugnata è certamente incorsa in violazione di legge laddove ha ritenuto che l’art. 14 del regolamento 797/85 esclude il diritto a percepire l’indennità compensativa da parte degli agricoltori che percepiscono la pensione di vecchiaia, avendo oltretutto erroneamente ritenuto la sussistenza della detta esclusione sulla base della circostanza che le indennità concesse ai predetti agricoltori non sono rimborsabili da parte della Comunità senza tenere conto che le stesse possono comunque essere erogate dallo Stato nazionale. I primi due motivi di ricorso vanno, pertanto, accolti, restando assorbito il terzo”. Pienamente condividendo il Collegio il trascritto argomentare ne consegue che, in accoglimento del ricorso, rettamente denunziante la violazione di norme comunitarie e di principi costituzionali (ed essendo in tal guisa ammissibile, trattandosi di violazioni denunziabili a carico di una decisione resa in giudizio di equità necessaria) la sentenza impugnata debba di conseguenza essere cassata e, sussistendo i requisiti di cui all’art. 384 c.p.c. può procedersi alla decisione nel merito. A tale proposito è, invero, significativo rilevare che la L.R. Puglia n. 15 del 1978, art. 20 non contempla alcuna ipotesi di esclusione per l’imprenditore agricolo che usufruisca di pensione, con la conseguenza, quindi, che non vi è ragione alcuna per negare al ricorrente la spettanza dell’indennità compensativa richiesta. La Regione intimata va, pertanto, condannata al pagamento in favore del ricorrente dell’indennità compensativa per l’anno 1991 di cui alla domanda (controvalore in Euro di L. 1.696.302) con gli interessi legali ed oltre al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in dispositivo e distratte in favore del procuratore antistatario oltre accessori e spese generali come per legge nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito.

PQM

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la Regione Puglia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 876,06 con interessi legali dalla domanda al saldo. Condanna la predetta Regione al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 1.000,00 per onorari ed in Euro 100,00 per esborsi ed oltre accessori e spese generali come per legge, somma che distrae in favore dell’avv. Alberto Lucchese, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 100 per esborsi, Euro 450 per diritti ed Euro 500 per onorari oltre spese generali ed accessori di legge, somma che distrae in favore dell’avv. Michele Primavera.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2010

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