Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26915 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 23/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.23/12/2016),  n. 26915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3426-2015 proposto da:

Avv. C.P., elettivamente domiciliato presso il suo studio

in ROMA, VIA CIRO MENOTTI 24, rappresentato e difeso da sè

medesimo;

– ricorrente –

contro

R.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1128/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 13/01/2014 e depositata il 09/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. Nel 2004 R.C. convenne C.P. dinanzi al Tribunale di Rieti, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni che assumeva patiti in conseguenza d’un sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) ed ascritto a responsabilità del convenuto.

2. Con sentenza n. 643 del 2008 il Tribunale accolse la domanda.

L’appello di C.P. venne accolto solo in parte dalla Corte d’appello di Roma con sentenza 19.2.2014 n. 1128, la quale quantificò in misura minore rispetto al Tribunale il danno non patrimoniale patito dall’attore.

Tale sentenza è stata impugnata per cassazione da C.P. con ricorso fondato su tre motivi.

3. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 183 e 184 c.p.c..

Deduce che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto tardiva la sua richiesta di prova per testi, formulata con la memoria depositata nel secondo termine previsto dall’art. 184 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis.

Deduce che quella prova non poteva ritenersi tardiva perchè:

(a) l’esizgenza di chiederla era sorta dalle richieste istruttorie formulate dall’attore nella memoria depositata nel primo termine previsto dall’art. 184 c.p.c.;

(b) in ogni caso una richiesta istruttoria identica a quella formulata con la c. d. “seconda memoria” ex art. 184 c.p.c. era contenuta anche nella comparsa di risposta, e su essa nè il Tribunale, nè la Corte d’appello avevano provveduto.

3.1. Il motivo è fondato.

C.P. chiese al Tribunale di provare per testi una circostanza concernente la dinamica del sinistro (e cioè che il conducente antagonista, a bordo del proprio motociclo, cadde da sè ed a molta distanza dall’altro mezzo coinvolto).

Una prova di questo tipo è tesa a dimostrare un fatto impeditivo o modificativo della pretesa attorea. L’esigenza di provare una simile circostanza, in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da circolazione stradale, sorge di per sè dalla notifica dell’atto di citazione. Correttamente, dunque, la Corte d’appello ha ritenuto che quella prova doveva essere dedotta entro il primo dei termini previsti dall’art. 184 c.p.c..

Il secondo profilo di censura, col quale il ricorrente lamenta che la sua richiesta di prova per testi era contenuta nella comparsa di risposta, e che almeno su questa il giudice di merito avrebbe dovuto provvedere, è inammissibile perchè nuovo: non risulta infatti nè dalla sentenza impugnata, nè dal ricorso, che tale questione sia stata prospettata come motivo d’appello.

4. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta sia un error in procedendo, sia un error in iudicando.

Deduce che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto generico, e quindi inammissibile, il motivo di gravame col quale censurava il modo in cui il giudice di primo grado aveva ricostruito la dinamica del sinistro.

Sostiene che con l’atto d’appello aveva sostenuto che la deposizione testimoniale resa dal testimone indicato dall’attore, ritenuta attendibile dal Tribunale, in realtà non poteva ritenersi tale, ove confrontata con gli altri elementi acquisiti al processo.

4.1. Il motivo appare fondato.

Col proprio atto d’appello, trascritto in parte qua a p. 11, ultimo capoverso, e 12, primo capoverso, del ricorso per cassazione, C.P. aveva dedotto che il testimone escusso in primo grado doveva ritenersi inattendibile, ove si fosse comparata la sua deposizione con gli altri elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria, ed in particolare con:

(a) la sentenza con la quale il Giudice di pace di Rieti aveva annullato la sanzione amministrativa inflitta a C.P. in occasione del sinistro;

(b) le fotografie e la planimetria allegate al rapporto redatto dalla polizia municipale.

A fronte di questa chiara doglianza, la Corte d’appello ha ritenuto “non censurata chiaramente la ricostruzione del sinistro operata dal Tribunale”, giustapponendo a tale affermazione una massima di questa Corte, nella quale si afferma il noto principio secondo cui l’atto d’appello deve contenere una confutazione delle argomentazioni adottate dal primo giudice.

La sentenza è dunque effettivamente incorsa nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, là dove ha ritenuto non validamente contrastate dall’appellante le motivazioni della sentenza di Tribunale sulla dinamica del sinistro, il primo giudice, infatti, ritenne attendibile il testimone interrogato; e l’appellante ha negato che quel testimone fosse inattendibile, indicando gli elementi di prova dai quali desumere fondata o meno che fosse tale decisione, la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminarla nel merito, e non rilevarne la genericità (come già ritenuto da questa Corte: Sei. 3,11.4.2016 n. 6978, non massimata).

5. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente rigettato il motivo di gravame, col quale invocava la nullità della consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado, ed avente ad oggetto il grado di invalidità permanente patito dall’attore.

Deduce che il consulente avrebbe depositato due diverse versioni della relazione, identiche nella conclusioni ma dal diverso contenuto.

5.1. Il motivo è manifestamente inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c.. Il ricorrente infatti ha avuto le più ampie possibilità di contestare nel merito la relazione di consulenza nei gradi di merito, sicchè dalla suddetta diversità non può essergli derivato pregiudizio alcuno.

6. Si propone pertanto l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, e la cassazione con rinvio della sentenza impugnata”.

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Preliminarmente deve rilevarsi come si rinvenga in atti, notificato e depositato dal ricorrente, un controricorso al ricorso incidentale che si afferma essere stato proposto dall’intimato, R.C..

Tuttavia tale ricorso incidentale non solo non è presente nel fascicolo d’ufficio, ma non risulta mai neanche depositato nella cancelleria della Corte di cassazione.

Deve quindi dichiararsi l’inesistenza del ricorso incidentale, cui C.P. ha inteso replicare col proprio controricorso.

4. Ancora in via preliminare, va dichiarata l’irricevibilità della produzione dei nove documenti che il ricorrente ha allegato alla memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Nel giudizio di legittimità, infatti, i documenti possono essere prodotti solo col ricorso o col controricorso, salvo che non riguardino l’ammissibilità dell’impugnazione, e sempre che il relativo elenco sia stato notificato alle altre parti (art. 372 c.p.c., comma 2).

5. Nel merito, il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Va, di conseguenza, accolto il solo secondo motivo del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Roma, affinchè esamini nel merito il secondo motivo d’appello proposto da C.P., nella parte in cui censura la valutazione delle prove ed il giudizio di attendibilità dei testimoni.

6. Le spese del presente giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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