Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26914 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 23/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.23/12/2016),  n. 26914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2257/2015 proposto da:

ATRADIUS CREDIT INSURANCE, C.F. (OMISSIS), in persona del Dirigente

Procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO ALESSI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTO NAPOLEONI, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

HACHETTE RUSCONI S.P.A., L.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6412/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 25/09/2013 e depositata il 28/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. Nel 2000 la società Rusconi s.p.a. (postea, Hachette Rusconi s.p.a.) convenne dinanzi al Tribunale di Roma la società SIC s.p.a. (postea, Atradius Credit Insurance NV), deducendo che:

-) aveva stipulato con l’impresa di P.E. un contratto di distribuzione dei propri prodotti editoriali;

-) il contratto prevedeva l’obbligo del distributore di riscuotere il prezzo dei prodotti distribuiti, e girarlo all’editore;

-) P.E. aveva stipulato con la Atradius un contratto a favore della Rusconi, che garantisse quest’ultima dell’esatto adempimento delle proprie obbligazioni da parte del distributore;

-) P.E. si era reso moroso nel pagamento degli importi dovuti alla Rusconi;

-) la Atradius aveva rifiutato il pagamento di quanto dovuto in base alla garanzia prestata.

Chiese pertanto la condanna della società convenuta al pagamento di quanto contrattualmente dovuto.

2. Con sentenza n. 25035 del 2005 il Tribunale, qualificato come fideiussione il contratto stipulato tra P.E. e la Atradius, rigettò la domanda della Rusconi, ritenendola decaduta dal diritto di garantita ai sensi dell’art. 1956 c.c.. La Corte d’appello di Roma, adita dalla soccombente, con sentenza 28.11.2013 n. 6412 riformò la decisione e condannò la Atradius al pagamento in favore della Rusconi della somma di Euro 129.114,22.

3. Tale sentenza è stata impugnata per cassazione dalla Atradius.

Il ricorso non è articolato in motivi. Con una unica ed ampia illustrazione (la ricorrente) deduce che la Corte d’appello avrebbe errato nel qualificare il contratto come negozio atipico di garanzia, e di conseguenza escluso l’applicabilità dell’art. 1956 c.c. e della decadenza ivi prevista a carico del beneficiario.

Deduce invece la ricorrente, sulla base della disamina degli elementi del contratto, che quest’ultimo andava qualificato come fideiussione, od almeno assoggettato alle regole per questa previste, e quindi alla decadenza di cui all’art. 1956 c.c., nella specie avveratasi in danno della Rusconi.

4. Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

La società ricorrente infatti lamenta che la sentenza impugnata avrebbe errato nel qualificare un contratto.

E tuttavia l’intero ricorso non è altro che la richiesta di sostituzione alla interpretazione adottata dal giudice di merito, di un’altra interpretazione prospettata dal ricorrente.

Non viene indicato sotto quale profilo la sentenza impugnata sia viziata (ad esempio, per violazione di legge od omesso esame di fatti decisivi); nè vengono indicate quali, tra le norme di ermeneutica legale di cui agli artt. 1362-1370 c.c., sarebbero state violate dalla Corte d’appello.

Ora, è sin troppo noto che in tema di interpretazione dei contratti non è consentito prospettare in sede di legittimità, quale motivo di ricorso, la mera possibilità teorica che il contratto potesse essere interpretato in modo diverso da quello scelto dal giudice di merito.

Questa Corte infatti, con orientamento costante e risalente, ha sempre affermato che:

(a) l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito;

(b) l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale;

(c) chi intenda far valere in cassazione l’errore interpretativo del giudice di merito deve precisare quali, tra le norme dettate dagli artt. 1362-1371 c.c., siano state in concreto violate e specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato (in tal senso, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 2128 del 31/01/2006, Rv. 587557).

In buona sostanza, col suo ricorso la società Atradius, invece di indicare quali norme di legge sull’interpretazione dei contratti la Corte d’appello abbia violato, sollecita da questa Corte una nuova e diversa interpretazione del contratto: il che, per quanto appena detto, non è consentito.

5. Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso”.

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Ritiene, invece, non pertinenti le contrarie osservazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria.

4. Nella propria memoria, infatti, la società ricorrente dopo aver affermato che col proprio ricorso ha inteso domandare a questa Corte di “ripercorrere l’iter formativo del convincimento del Giudice sotto l’aspetto della valutazione dei fatti sottoposti al suo esame” (così la suddetta memoria, p. 2; la sottolineatura è aggiunta), si sofferma nelle cinque pagine seguenti a spiegare quali elementi il giudice di merito avrebbe omesso di valutare nella sua qualificazione ed interpretazione del contratto.

Ebbene, proprio le deduzioni contenute nella memoria corroborano il giudizio di inammissibilità del ricorso contenuto nella relazione preliminare.

La valutazione dei fatti, infatti, è ufficio riservato al giudice di merito, e sottratto al controllo di legittimità.

L’interpretazione dei contratti è un giudizio di fatto, e l’unica censura consentita in questa sede è chiedere alla Corte di verificare se i criteri legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., siano stati bene o male applicati dalla sentenza impugnata.

Ma va da sè che colui il quale lamenti in sede di legittimità la violazione di quei criteri ha l’onere di:

– indicare quale criterio legale di interpretazione è stato violato;

– indicare le ragioni per le quali è stato violato.

Così, ad esempio, sarebbe un ricorso ammissibile quello in cui si denunciasse la violazione dell’art. 1362 c.c. e si deducesse che il giudice di merito ha interpretato il testo letterale del contratto attribuendo alle parole in esso utilizzate un senso diverso da quello comune. Non sarebbe, invece, un ricorso ammissibile quello in cui ci si limitasse a dedurre che il contratto si sarebbe potuto interpretare in modo diverso da quello seguito dal giudice di merito.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

5. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indelensio dell’intimata.

5.1. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di Cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Atradius Credit Insurance N.V. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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