Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26912 del 14/12/2011
Cassazione civile sez. trib., 14/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26912
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA TACILI AMIANTO n. 31, presso lo studio dell’avvocato PONZI
STEFANIA, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 35/35/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA del 23.2.098, depositata il 18/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Con sentenza del 18 marzo 2009 la Ctr Lazio ha dichiarato inammissibile l’appello proposto il 16 maggio 2008 da P. R. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, avverso la decisione della CTP di Roma confermativa dell’avviso di accertamento che, ai fini di IVA e IRPEF, aveva elevato il reddito d’impresa per il 2004 da 169,00 a 127.669,00 Euro.
Ha motivato la decisione ritenendo che, mentre l’impugnazione era stata depositata nella segreteria del giudice d’appello il 12 giugno 2008, il gravame era stato tardivamente depositato nella cancelleria del giudice di prime cure solo il 23 dicembre 2008, ben oltre il termine di trenta giorni dalla proposizione dell’appello di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, e art. 22.
Il 2 dicembre 2009 ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, il contribuente; l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato in data 14 gennaio 2010 solo atto di costituzione (cfr.
SIC).
Con gli ultimi due motivi, preliminari e assorbenti, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 53, comma 2, non operando a sito dire il termine di cui all’art. 22; rileva, inoltre, che in caso contrario vi sarebbe violazione dei principi regolatori del giusto processo (art. 111 Cost.). Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.
Va, infatti, data continuità al principio di diritto, consolidatamente affermato da questa Sezione, secondo cui:
“In tema di contenzioso tributario, qualora il ricorso in appello non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, il deposito in copia presso la segreteria della commissione che ha emesso la sentenza impugnata, in quanto prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, seconda parte, a pena d’inammissibilità dell’appello, deve aver luogo entro un termine perentorio, il quale, attenendo al compimento di un’attività finalizzata al perfezionamento della proposizione del gravame, dev’essere individuato in quello di trenta giorni indicato dalla prima parte della medesima disposizione, attraverso il richiamo all’art. 22, comma 1, per il deposito del ricorso presso la segreteria della commissione ad quem” (Sez: 5, Ordinanze n. 8388 del 08/04/2010 e n. 21047 del 12/10/2010).
Ad analogo risultato interpretativo e giunta anche la Corte delle Leggi che, con ripetute decisioni (n. 321 del 2009, n. 43 del 2010, nn. 17 e 141 del 2011), ha confermato la compatibilità costituzionale del richiamato effetto preclusivo. Rientrando la rilevata inammissibilità dell’appello tra le quaestiones litis ingressum impedientes, la CTR non ha esaminato alcuno dei motivi di gravame e, dunque, di tale omissione l’appellante – odierno ricorrente – non può dolersi dinanzi a questa Corte con i primi due motivi, completamente travolti dalla manifesta infondatezza degli atti, preliminari e assorbenti.
Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta infondatezza dei preliminari terzo e quarto motivo, con assorbimento dei primi due, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa;
atteso che la memoria della parte ricorrente non ha apportato significativi contributi: nè, in particolare, l’invocata giurisprudenza sul c.d. Overruling (Sez. U, Sentenza n. 15144 dell’11 luglio 2011) giova al caso di specie, poichè la Corte di legittimità e la Corte delle leggi non hanno introdotto alcuna nuova e imprevedibile regola processuale, in contrasto con enunciati precedenti, ma hanno semplicemente esercitato l’ordinaria funzione dichiarativa, tipica dell’interpretazione giurisprudenziale, esplicitando una regola già propria dell’ordinamento; considerato che, all’infondatezza del ricorso, nulla consegue in ordine a spese, stante la mancata costituzione della controparte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011