Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26911 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.M.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COLOSSI N. 53 presso lo studio dell’avvocato

EMPOLI DANIELA, rappresentato e difeso dagli avvocati DEMARTIS

FRANCESCO, LOI MARCO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore

Centrale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 124/9/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di CAGLIARI – Sezione Staccata di SASSARI del 20.5.08,

depositata il 21/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CENICCOLA

Raffaele.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“on sentenza del 21 ottobre 2008 la CTR- Sardegna (sez. Sassari) ha accolto l’Appello dell’agenzia delle entrate nei confronti dell’avv. B.M.A. e affermato l’infondatezza delle istanze di rimborso per irap 1998, 1999, 2000 e 2001, riformando la sententi di primo grado favorevole al contribuente.

Ha motivato la decisione ritenendo che era stata confermata in giudizio l’esistenza del requisito legale dell’autonoma organizzazione, atteso che il professionista adoperava beni strumentali per un valore di oltre L. 20 milioni, possedeva un proprio studio di circa 40 mq., utilizzava terzi per prestazioni direttamente afferenti la propria attività professionale.

Propone ricorso per la cassazione, affidato a un solo motivo per violazione di legge (D.Lgs. n. 446 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), il contribuente; resiste con controricorso solo l’Agenzia delle entrate, mentre il Ministero dell’economia e delle finanze resta intimato.

Il ricorso è inammissibile.

Preliminarmente, si segnala la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto evocato dinanzi a questa Corte, il Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. La chiamata ministeriale in cassazione è dunque inammissibile e il ricorso della contribuente va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimamente intimata.

Passando all’esame del ricorso, si osserva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il requisito organizzativo rilevante ai fini considerati costituisce un giudizio di fatto il cui accertamento spetta al giudice di merito, con valutazione insindacabile se sorretta da congrua motivazione.

Nella specie, i giudici d’appello hanno dato conto della sussistenza di tale requisito in relazione ai consueti parametri dell’impiego di cospicui beni strumentali, di proprio studio e di prestazioni altrui non occasionali.

Quella concretamente contestata, invece, non è l’applicazione e/o l’interpretazione di norme di legge, bensì la illustrazione di dati di fatto emersi in sede di merito circa l’affermata mancanza del suddetto requisito organizzativo, quali la ristretta tipologia dei beni strumentali (autovettura, attrezzatura informatica, etc.) e il loro ridotto valore (variato negli anni tra complessivi L. 20,4 e 25,3 milioni) e l’esiguità dei compensi a terzi (variati negli anni tra L. 2,3 e 6,7 milioni) rispetto ai redditi conseguiti (variati negli anni tra L. 82,6 e 179,4 milioni), nonchè la riferibilità dei compensi a terzi a mere domiciliazioni forensi (punto che, inoltre, pecca di autosufficienza).

Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso attiene a profili valutativi di risultanze di fatto che, risolvendosi nel tentativo di una rivisitazione generalizzata delle emergenze processuali, appartiene esclusivamente al giudice del merito e va, dunque, sanzionata con l’inammissibilità del ricorso.

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1”.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa; che la memoria della parte contribuente non ha apportato significativi contributi;

considerato che all’inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate, a favore dell’Agenzia delle entrate, in Euro 1.200,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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