Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2691 del 06/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2691 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 22209-2011 proposto da:
PECORARI FABRIZIO PCRFRZ73A26L1170, PECORARI
NICOLETTA, PETRELLI MIRELLA PTRMLL45D43F844W,
elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE
TRIONFALE 145, presso lo studio dell’avvocato PETRARCHINI
FABRIZIO, rappresentati e difesi dall’avvocato BARTOLLINI
ALVARO giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –

Contro
MAMMOLA ANGELA MMMNGL29T54G791F;
– intimata avverso la sentenza n. 236/2010 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA del 26/11/2009, depositata il 18/06/2010;

Data pubblicazione: 06/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Svolgimento del processo
I. È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art.

pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, sul ricorso
avverso la sentenza della corte di appello di Perugia n. 236 del 19.6.10:
«1. — Mirella Petrelli, Fabrizio Pecorari e Nicoletta Pecorari ricorrono
per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale, in
parziale riforma della sentenza del tribunale di Terni del 14.6.07 e per
quel che qui rileva, è stata confermata la pronunzia di risoluzione per
loro inadempimento del contratto intercorso tra Angela Mammola, da
un lato, e la Petrelli ed il suo defunto marito Nadio Pecorari (dante
causa di Fabrizio e Nicoletta Pecorari, oltre che della stessa Petrelli)
dall’altro, di vendita di nuda proprietà di un immobile, con
obbligazione di assistenza vitalizia in favore della venditrice. Notificato
il ricorso alla Mammola presso il suo procuratore, i ricorrenti, appreso
poi del decesso di controparte nella pendenza del termine per proporre
ricorso per cassazione, notificano nuovamente il ricorso alla di lei
succeditrice universale

ex testamento Andreana Pinna, ritenendo

interrotto il giudizio di legittimità.
2. — Il ricorso, a prescindere da qualunque verifica sulla ritualità della
notifica nei confronti dell’erede dell’intimata o sugli effetti del decesso
di quest’ultima, può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi
degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto
alla disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi dichiarato
inammissibile, per quanto appresso indicato.

Ric. 2011 n. 22209 sez. M3 – ud. 04-12-2013
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380-bis cod. proc. civ. e datata 30.10.12, regolarmente comunicata al

3. — I ricorrenti sviluppano tre motivi: con un primo (di “violazione
e/o erronea applicazione degli artt. 1362 e ss., 1470, 1322, 433 c.c., in
relazione all’art. 360 n° 3 c.p.c.”), essi censurano l’interpretazione data
dalla corte territoriale all’intercorso contratto, da qualificarsi come
vendita immobiliare — col prezzo della nuda proprietà del tutto

priva di contenuto economico apprezzabile, con conseguente
infondatezza della pronunziata risoluzione; con un secondo (di
“violazione e/o erronea applicazione dell’art. 1453 c.c. in relazione
all’art. 360 n° 5 c.p.c.; difetto di motivazione”), essi lamentano vizio
motivazionale quanto alla valutazione della condotta della venditrice e
delle risultanze di almeno una delle deposizioni testimoniali (tale teste
Bianchini), nonché dell’assenza di corrispettivo della prestazione
assistenziale; con un terzo (di “violazione e/o erronea applicazione
dell’art. 458 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n° 3 c.p.c.”), essi
lamentano l’erroneità del riconoscimento della legittimazione di
Fabrizio e Mirella Pecorari nella loro qualità di eredi dell’originaria
controparte della Mammola, Nadio Pecorari, nonostante il carattere
personalissimo dell’obbligazione malamente assunta da quest’ultimo
anche per i suoi aventi causa.
4. — Il ricorso è inammissibile, per diversi e gradati ordini di motivi:
4.1. in primo luogo, perché — neppure potendosi alle sue lacune
sopperire con attività od atti successivi — su nessuna delle tesi
sviluppate a sostegno di ciascuno dei motivi, in esso non sono
idoneamente riprodotti i passaggi degli atti dei gradi di merito nei quali
i ricorrenti avevano sviluppato le relative questioni, così impedendo di
verificare che non si tratti di questione nuova; infatti, il ricorrente che
proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la
quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una
Ric. 2011 n. 22209 sez. M3 – ud. 04-12-2013
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congruo — con obbligazione alimentare meramente accessoria, perché

statuizione di inammissibilità, per novità della censura, non solo di
allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di
merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo
abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità
di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa

20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27 maggio 2010, n. 12992);
4.2. in secondo luogo, sempre quanto a tutte le doglianze ed in
violazione dei principi desumibili dall’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ.,
non sono testualmente riportate nel ricorso stesso tutte le clausole del
contratto — né se ne indica la sede processuale di produzione — la cui
complessiva interpretazione — in ordine alla decisiva questione della
sua qualificazione e quindi della individuazione del sinallagma che si
pretende non violato — viene censurata;
4.3. in terzo luogo, se non altro quanto ai primi due motivi, non è
indicata quale, tra tutte le norme di ermeneutica contrattuale
genericamente richiamate e nonostante la sussistenza di un’autentica
gerarchia tra quelle, sia stata in concreto violata: eppure, il sindacato di
legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà
delle parti, bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del
processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per
assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in
vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v.: Cass. 31
marzo 2006, n. 7597; Cass. 1° aprile 2011, n. 7557; Cass. 14 febbraio
2012, n. 2109; Cass. 11 ottobre 2012, n. 17324);
4.4. in quarto luogo, quanto alla deposizione di uno dei testi, non si
fanno carico i ricorrenti della ratio decidendi espressa nella gravata
sentenza né sull’inattendibilità di tutti i testimoni da loro addotti (piè di
pag. 6), né sulla complessiva considerazione della circostanza e della
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(per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass.

conclusione di sua irrilevanza ai fini della tesi difensiva degli acquirenti
(v. piè di pag. 7 e inizio di pag. 8 della sentenza gravata).
5. — Del ricorso deve quindi proporsi la declaratoria d’inammissibilità».

Motivi della decisione
II. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la ricorrente ha

ricorso, sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato.
Non può sostenersi che la rinunzia sia tardiva, alla stregua di Cass. Sez.
Un., ord. 16 luglio 2008, n. 19514 (poi confermato, tra le altre, da
Cass., ord. 7 novembre 2008, n. 26850, o da Cass., ord. 28 dicembre
2009, n. 27425), secondo un indirizzo giurisprudenziale al quale ritiene
il Collegio di dovere assicurare continuità.
Pertanto, a norma dell’art. 390 cod. proc. civ., il processo va dichiarato
estinto con ordinanza, essendo intervenuta la rinuncia dopo la
comunicazione della fissazione della camera di consiglio (Cass., ord. 27
gennaio 2011, n. 1878); e sulle spese del giudizio di legittimità, non vi è
luogo a provvedere, in dipendenza della condotta delle parti.

P. Q. M.
La Corte dichiara il giudizio estinto per rinuncia; nulla per le spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione
civile, addì 4 dicembre 2013.

Il Presidente

depositato prima dell’udienza in cancelleria un atto di rinuncia al

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