Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26908 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 23/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.23/12/2016),  n. 26908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28244-2015 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA URBANO RATTAZZI

2-C, presso il proprio studio, rappresentata e difesa da sè

medesima unitamente all’avvocato GIAMPIERO AMORELLI, per delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, MINISTERO DELL’INTERNO, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA emessa il 31/05/2015

(32993/2014 R.G.A.C.C.);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8/11/2016 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

uditi gli avvocati Dorodea CIANO e Federico DI MATTEO per

l’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del primo motivo,

assorbito il secondo.

Fatto

L’avv. C.D. impugnava, davanti al Tribunale di Roma, il decreto di liquidazione, col quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio aveva liquidato compensi spettanti per l’attività professionale dalla stessa espletata in un giudizio avente ad oggetto l’ottemperanza di una sentenza del medesimo tribunale Amministrativo di annullamento del decreto prefettizio di rigetto dell’istanza di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, ai sensi del D.L. 9 settembre 2002, n. 222, art. 1.

Lamentava l’esiguità del compenso,avendo anche omesso il TAR di indicare le singole voci e i corrispondenti importi liquidati.

Per quanto di interesse, il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a decidere l’opposizione, rilevando, in base al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 che la prevista opposizione avverso il decreto di pagamento dovesse essere proposta dinanzi allo stesso ufficio giudiziario che ha trattato il giudizio nel quale il difensore ha assistito la parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

L’avv. C. propone ricorso per cassazione eccependo, con un primo articolato motivo, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, vertendosi in tema di diritto soggettivo, trattandosi di diritto autonomo rispetto a quello svoltosi con il patrocinio a spese dello Stato e non avendo natura di impugnazione del decreto di pagamento.

Col secondo motivo di ricorso parte ricorrente censura la decisione del Tribunale nella parte in cui avrebbe omesso di decidere i due motivi di ricorso posti a sostegno dell’originaria opposizione.

Il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso ed ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La questione controversa concerne la individuazione del giudice chiamato a decidere sull’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi del legale ammesso al patrocinio a spese dello Stato, emesso in un procedimento svoltosi davanti al giudice amministrativo.

Nel caso di specie trova applicazione, ratione temporis, il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 che prevede che il ricorso debba essere rivolta al “capo dell’Ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento” che ha sostituito il previgente D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 (che prevedeva che l’opposizione dovesse essere proposta al “Presidente dell’Ufficio giudiziario competente”).

Il procedimento di opposizione, previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, al pari di quello previgente, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ha natura di impugnazione ed introduce una controversia di natura civile relativa alla spettanza e alla liquidazione dell’onorario (Cass., S.U., n. 19161/2009).

Il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle somme liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio autonomo avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del compenso – e non consequenziale rispetto a quello svoltosi davanti al Tar.

Non si ravvisa, inoltre, – così come rilevato dalla Consulta – alcuna “connessione ontologica tra il contenzioso volto al recupero del compenso professionale e la controversia di base” (Corte Cost. 11.4.2008, n. 96).

Il diritto al compenso dei difensori di una parte, nell’ambito di un procedimento svoltosi davanti al giudice amministrativo, ha natura di diritto soggettivo e non può essere degradato ad interesse legittimo, essendo estraneo rispetto alle materie di competenza del TAR.

La proponibilità del ricorso al “capo dell’Ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento” non significa che lo stesso debba necessariamente coincidere, così come invece ritenuto nella sentenza impugnata, con quello davanti al quale si è svolto il giudizio concernente il beneficiario del patrocinio a spese dello Stato.

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 è certamente volto a valorizzare (così come il previgente D.P.R. n. 115 del 2002, art. 15) la prossimità organizzativa tra primo decidente e giudice dell’opposizione (cfr anche, in tal senso, Cass. n. 23020 del 2015), ma sempre sul presupposto che entrambi detti giudici appartengano al medesimo plesso giurisdizionale. Si tratta, insomma, di una norma sulla competenza e non anche sulla giurisdizione: giacchè, come già osservato, qui si verte in materia di diritti soggettivi e la possibilità di spostare la tutela dei diritti dinanzi al giudice amministrativo, sotto forma di giurisdizione esclusiva, è pur sempre di carattere eccezionale. Perciò non può ritenersi che con la disposizione in esame il legislatore abbia solo implicitamente inteso introdurre nell’ordinamento un’ulteriore e non prevista ipotesi di giurisdizione esclusiva.

Ammettere la giurisdizione amministrativa comporterebbe, inoltre, una diminuzione di tutela in quanto, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 2, contro le decisioni dei giudici amministrativi il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Deve essere, quindi, affermata la giurisdizione del giudice ordinario e, specificamente del Presidente del Tribunale ordinario di Roma, sede del Tar che ha liquidato i compensi, oggetto di impugnazione, per l’attività professionale espletata dal difensore, secondo le regole generali del rito civile.

Il secondo motivo è infondato in quanto il giudice civile, avendo declinato la giurisdizione, si è spogliato della potestas iudicandi e conseguente non si è pronunciato sul merito della vertenza.

Va, quindi, affermata la giurisdizione del giudice ordinario e, specificamente nel presidente del Tribunale ordinario di Roma, sede del Tar che ha liquidato i compensi, oggetto di impugnazione, per l’attività professionale espletata dal difensore, secondo le regole generali del rito civile.

Va, conseguentemente, accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassato il provvedimento impugnato, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e rimessa la causa davanti al Tribunale di Roma che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa il provvedimento impugnato, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette la causa davanti al Tribunale di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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