Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26905 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOCHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

M.B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELL’ELETTRONICA n. 20, presso lo studio dell’avvocato

SIVIGLIA GIUSEPPE PIERO, rappresentata e difesa dall’avvocato

SAMMARTINO SALVATORI, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/19/2009 della Commissione Tributaria

Regionale di PALERMO del 15.10.08, depositata il 26/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per la controricorrente l’Avvocato SALVATORE SAMMARTINO che

insiste per il rinvio del ricorso in pubblica udienza;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CENICCOLA

Raffaele che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza del 26 gennaio 2009 la CTR-Sicilia ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di M.B.R., confermando l’annullamento dell’avviso che, riguardo all’IRPEF per l’anno 1995, aveva accertato l’imposta dovuta in L. 205.892.000, con una maggiorazione di L. 181.968.000, oltre al contributo per SSN. Ha motivato la decisione ritenendo che, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 l’Ufficio non avrebbe dovuto appiattirsi acriticamente sui rilievi formulati nel processo verbale della G.d.F. richiamato nell’accertamento, ma avrebbe dovuto assolvere, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della pretesa contrastata dalla contribuente, rivestendo il Fisco, nel giudizio sul controllo di mento del rapporto tributario, il ruolo di parte attrice in senso sostanziale.

Propone ricorso per cassazione, affidalo a due motivi, l’amministrazione; la contribuente resiste con controricorso.

Dalla lettura degli odierni scritti difensivi di ambo le parti emerge che il recupero a tassazione di maggiori redditi si fonda pacificamente su indagine bancaria operata dalla Guardia di Finanza e che essa riguarda sia conti correnti intestati alla M., attuale contro ricorrente, sia conti correnti intestati a soggetti terzi e, in particolare, al manto ( D.B.V.), nonchè al cognato e a un dipendente della contribuente ( P.F.P. e C.A.). Pertanto, con il primo motivo, fondatamente l’avvocatura erariale denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7, per non avere i giudici d’appello tenuto conto delle presunzioni legali poste a favore dell’amministrazione accertatrice, in tema d’indagini bancarie, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico della parte contribuente. Il motivo è manifestamente fondato. Va premesso che, in materia di accertamenti bancali il D.P.R. n. 633, art. 51 (ai fini IVA) e il D.P.R. n. 600, art. 32 (per le imposte dirette) prevedono una presunzione legale relativa di “redditività” delle movimentazioni bancarie (prelevamenti e versamenti dai conti correnti riferibili al contribuente) non giustificate; tale presunzione legale è ritenuta da sola sufficiente a motivare la ripresa a tassazione, in mancanza della prova contraria circa l’estraneità delle movimentazioni predette all’attività di impresa. In mancanza della prova contraila, infatti, tutte le movimentazioni bancarie non giustificate possono essere considerata operazioni imponibili (Cass. 10396/ 2011).

Quanto ai poteri di accertamento, sono legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica ovvero a quelli di amministratori o dipendenti della parte contribuente, in quanto sia il D.P.R. n. 600, art. 32, n. 7, (riguardo alle imposte sui redditi) che il D.P.R. n. 633, art. 51 (riguardo all’IVA) autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi e inerenti al, reddito del contribuente, ipotesi, questa, ravvisabile nel rapporto familiare e/o attendale, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la nferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti (Cass. 18083/2010 e 20199/2010).

Da questi consolidati principi di diritto la CTR si è completamente discosta fa, sicchè la sua decisione va cassata con rinvio per nuovo esame alla luce di essi. Il secondo motivo, circa l’avvenuta consegna al contribuente del verbale della G.d.F. richiamato nell’avviso di accertamento e sulla sufficienza motivazionale di tale rinvio è, invece, inammissibile perchè la sentenza impugnata ha disatteso i rilievi della contribuente (v. controricorso, ult. cpv.)”.

Rilevato che, a seguito della relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti, la controricorrente ha depositato memoria;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta fondatezza del primo motivo di ricorso e della manifesta inammissibilità del secondo, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa;

atteso che la memoria della controricorrente non ha apportato significativi contributi:

a) in particolare, riguardo al primo motivo, non sussiste l’asserito vizio di autosufficienza, poichè, trattandosi di denuncia di errore di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3), nella specie risulta in maniera adeguata la situazione di fatto, della quale la ricorrente chiede una corretta valutazione giuridica, diversamente da quanto compiuto dal giudice a quo (cfr. ex plurimis Cass. 9206/2000);

b) inoltre, non v’è alcuna incongruente denuncia di violazione di legge (D.P.R. n. 600, art. 32), poichè la vertenza ruota pacificamente attorno a movimenti bancali per oltre L. 280 milioni (cfr. controricorso pag. 6), il che comporta, dinanzi alle elusive enunciazioni del giudice a quo, la necessaria riaffermazione dei corretti principi di diritto che regolano tanto “thema decidendum” quanto il “thema probandum” (cfr., in generale sull’art. 32 cit., Cass. 10578/2011 e 3300/2009);

considerato che da tutto ciò consegue la cassazione della sentenza d’appello in relazione alla censura accolta con rinvio alla CTR (anche per le spese), affinchè la lite, dopo nuovo esame, sia decisa sulla base dei principi innanzi affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla CTR-Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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