Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26904 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 14/12/2011), n.26904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso la

quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.A., rappresentato e difeso dall’avv. Tosca Alfredo

e dall’avv. Giovanni Galoppi, presso il quale è elettivamente

domiciliato in Roma in via Gregoriana n. 56;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 90/10/07, depositata il 18 ottobre 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 ottobre 2011 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

udito l’avv. Simona Torrini per il controricorrente.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 90/10/07, depositata il 18 ottobre 2007, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Vimercate, ha riconosciuto ad B.A., commercialista, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 2003.

Il contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., con il quale si denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, assumendo che il contribuente si sia avvalso, come “riconosciuto in sentenza”, di lavoro di terzi in modo non occasionale.

La ratio decidendi della sentenza impugnata – che tra l’altro accerta “insignificanti investimenti (un computer e un’auto) e collaborazione di terzi (per la precisione due) per un complessivo compenso di cinquemila/00 Euro”, e quindi senza far parola di avvalimento del lavoro di terzi “in modo non occasionale”, come dedotto dalla ricorrente – è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, degli art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’Id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

D’altra parte, come si è detto, non è oggetto di idonea censura l’accertamento di fatto compiuto dal giudice d’appello in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione.

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte mentre il contro ricorrente ha depositato memoria;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

-che si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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