Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26903 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 23/12/2016, (ud. 11/10/2016, dep.23/12/2016),  n. 26903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente aggiunto –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16183-2015 proposto da:

C.F., C.A., C.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio

dell’avvocato GIULIO SIMEONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

ALFREDO ZAZA D’AULISIO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DEL TERRITORIO – UFFICIO PROVICIALE DI LATINA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7835/39/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE – SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il 19/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

uditi gli avvocati Alfredo ZAZA D’AULISIO e Massimo BACHETTI per

l’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO

Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

I FATTI RILEVANTI

F., E. ed C.A., comproprietari iure hereditatis di un immobile sito in (OMISSIS) e censito in catasto al foglio n. (OMISSIS) part. n. (OMISSIS), hanno proposto ricorso alla C.T.P. di Latina avverso il cambio di intestazione catastale (da privato a demanio pubblico della Stato – Ramo Marina Mercantile) dell’unità immobiliare corrispondente.

L’adita C.T.P. ha declinato la giurisdizione con decisione confermata dalla sentenza della C.T.R. del Lazio – sezione distaccata di Latina – n. 7835/39/14 la quale ha rilevato che, nonostante la richiesta di annullamento di un atto che potrebbe assumere rilievo nei rapporti tributari, la controversia attiene in realtà alla titolarità del bene del quale è stata modificata l’intestazione.

Per la cassazione di questa sentenza gli eredi C. ricorrono (successivamente depositando memoria illustrativa) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere i giudici tributari declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario ed evidenziano che, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento e la ripartizione dell’estimo fra compossessori a titolo di promiscuità di una particella nonchè le controversie concernenti il classamento delle singole proprietà urbane e l’attribuzione della rendita catastale.

I ricorrenti aggiungono di non aver rivendicato la proprietà dell’area nè richiesto l’accertamento del confine, essendosi limitati ad evidenziare che il cambio di intestazione era illegittimo per una serie di errori procedurali ed indipendentemente dalla loro qualità di proprietari o possessori dell’immobile suddetto.

La censura è infondata.

In controversia che, pur non perfettamente sovrapponibile, presenta rilevanti analogie con quella in esame, queste sezioni unite hanno affermato che quando si ponga direttamente o indirettamente in discussione la questione della proprietà di un immobile, sia che se ne debba accertare o negare la natura demaniale o, ancora, se ne contesti il potere dell’amministrazione di modificarla, la giurisdizione del giudice ordinario non può arrestarsi o venire limitata per il fatto che le doglianze del privato sono dirette essenzialmente a denunciare errori inerenti la non corretta delimitazione, sul piano sostanziale, tra area pubblica e privata, ad impugnare i relativi provvedimenti o ancora a denunciarne vizi procedurali per carenza o incompletezza dell’attività istruttoria ovvero vizi motivazionali o errori di valutazione (v. s.u. n. 4127 del 2012).

La decisione sopra citata riprende peraltro principi ripetutamente affermati da queste sezioni unite ai quali il collegio intende dare continuità, anche sul rilievo che la giurisdizione si determina in base al “petitum” sostanziale, da identificare non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (v. tra numerose altre s.u. nn. 11229 del 2014 e 20902 del 2011).

Occorre in proposito rilevare che, se è vero che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2 prevede che appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti, tra l’altro, l’intestazione di una particella, è però evidente che quando le suddette controversie pongono in discussione, anche solo indirettamente, non errori formali relativi alla intestazione bensì il mutamento della medesima, e quindi l’individuazione del soggetto titolare di diritti sulla particella in questione, non possono che essere soggette alla giurisdizione del giudice ordinario quale giudice dei diritti, a nulla rilevando che i vizi denunciati derivino da un’incompleta attività istruttoria ovvero da errori di valutazione e difetti di motivazione, trattandosi di vizi pur sempre ridondanti sull’esattezza della individuazione del soggetto titolare di diritti sulla suddetta particella.

Espressamente peraltro queste sezioni unite hanno affermato che spetta al giudice ordinario la giurisdizione su domande di accertamento dei confini tra un terreno privato ed aree demaniali, o comunque di proprietà pubblica, proposte nei confronti della P.A., avendo tali domande per oggetto la verifica dell’esistenza ed estensione di un diritto soggettivo – il diritto di proprietà – dell’attore in contrapposizione al diritto di proprietà dello Stato o di altro ente pubblico, senza che a diversa conclusione induca il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, nel testo sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12 avendo tale disposizione esclusivamente riguardo a vertenze inerenti al settore tributario, onde la sua previsione va riferita unicamente a quelle controversie in tema di delimitazione, estensione e figura dei terreni che costituiscano il presupposto per l’assoggettamento a tributo dei terreni stessi o per la determinazione dell’entità dei tributi in relazione ad essi dovuti (v. tra le altre su nn. 13691 del 2006 e 16429 del 2007).

Deve conclusivamente affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario in tutte le controversie, quali ne siano le eventuali diverse formulazioni, che abbiano ad oggetto la verifica dell’esistenza ed estensione di un diritto soggettivo – il diritto di proprietà – dell’attore in contrapposizione al diritto di proprietà dello Stato o di altro ente pubblico, con la conseguenza che anche in questo settore il riparto di giurisdizione si determina non già in base agli eventuali vizi degli atti adottati dall’amministrazione ed alle pronunce richieste su di essi (annullamento piuttosto che disapplicazione) bensì in relazione al carattere paritario o autoritativo del rapporto intercorrente tra privato e P.A.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico dei soccombenti. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di legge per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo come previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

PQM

La Corte a sezioni unite rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese che liquida in Euro 3.000,00 oltre spese forfetarie, accessori di legge ed Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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