Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2690 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. II, 30/01/2019, (ud. 19/09/2018, dep. 30/01/2019), n.2690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20139-2017 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO

4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati RANIERI RODA,

FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 357/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 14/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/09/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, decidendo in sede di rinvio, a seguito di cassazione, con decreto depositato il 14/2/2017, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di C.A. la somma di Euro 1.125,00, a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 405,00, oltre accessori, spese distratte in favore dei difensori antistatari, avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio ABBATE;

che avverso il predetto decreto l’anzidetto istante propone ricorso, ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato l’art. 91 c.p.c. e l’art. 2233 c.c. nonchè il D.M. n. 55 del 2014, per avere liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio;

che l’Amministrazione intimata resiste con controricorso;

considerato che l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso controricorrente, il D.M. n. 140 risulta essere stato emanato (D.L. n. 1 del 2012, conv. nella L. n. 27 del 2012) allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale; per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140 per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 1018, 17/1/2018, Rv. 647642);

considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessive Euro 405,00 per la fase di rinvio si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55, tenuto conto dl valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.);

considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa nel merito, il complessivo compenso, in relazione al giudizio di rinvio, può essere liquidato in Euro 1.198,50 (Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo L. n. 576 del 1980, ex art. 11 con distrazione in favore degli avv.ti Giovambattista Ferriolo, Ferdinando Emilio Abbate e Ranieri Roda, che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate, in favore dei difensori antistatari davanti a questa Corte.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del Ministero della Giustizia, per il giudizio di merito svoltosi innanzi alla Corte d’appello di Perugia, in sede di rinvio, l’importo complessivo di Euro 1.198,50, oltre spese generali e accessori, distratto in favore degli avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate; condanna il predetto Ministero al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore degli avv.ti Giovambattista Ferriolo, Ferdinando Emilio Abbate e Ranieri Roda liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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