Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26899 del 05/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/10/2021, (ud. 15/06/2021, dep. 05/10/2021), n.26899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2018-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

DEUTSCHE BANK AG, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. SIACCI 4, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MASSIMILIANO RUSSO;

– controricorrente –

e contro

SAFIN SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5882/2014 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

depositata il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2021 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1.1 L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 5882/49/14 del 12/6/14 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in rigetto degli appelli riuniti (principali ed incidentali), ha ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione separatamente notificati ai coobbligati in solido Deutsche Bank AG e Safin spa in recupero dell’imposta ipotecaria proporzionale e di bollo asseritamente dovuta in sede di annotamento, a margine dell’ipoteca originariamente iscritta, dell’atto pubblico (OMISSIS); atto pubblico con il quale la prima aveva ceduto alla seconda il credito rinveniente da un’operazione di finanziamento a medio-lungo termine precedentemente conclusa con una società poi dichiarata fallita, e già ammessa al trattamento fiscale sostitutivo di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15 e ss..

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha osservato che:

– l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado concernente la posizione Safin (sent. CTP 943/8/11) era tardivo, perché presentato (11.6.2012) oltre il decorso di 60 giorni dalla formale conoscenza che l’agenzia delle entrate aveva avuto della sentenza appellata, in quanto notificatale tramite PEC (10.4.2012);

– la tesi dell’agenzia delle entrate era comunque infondata nel merito, dal momento che, in base al citato D.P.R., art. 15, la cessione di credito in questione doveva ritenersi ammessa al regime fiscale sostitutivo sia perché posta in essere da una banca (la Deutsche Bank) sia perché relativa ad un pregresso finanziamento anch’esso realizzato da una banca (la Centrobanca spa che l’aveva poi ceduto alla stessa Deutsche Bank) ed avente i requisiti del medio-lungo termine.

p. 1.2 Resiste con controricorso e memoria la Deutsche Bank la quale eccepisce preliminarmente:

– la mancata deduzione dei motivi che legittimavano nella specie il patrocinio dell’agenzia delle entrate da parte dell’avvocatura generale dello Stato;

– l’inammissibilità del ricorso per cassazione per difetto di autosufficienza, e perché contrastante con la pacifica giurisprudenza di legittimità in materia;

– l’estensione a sé, ex art. 1306, comma 2, degli effetti favorevoli del giudicato formatosi nei confronti della co-obbligata Safin spa in forza della sentenza di primo grado, in quanto tardivamente appellata dall’Agenzia delle entrate.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede da Safin spa.

p. 1.3 Le eccezioni preliminari opposte da Deutsche Bank sono infondate nei termini che seguono.

Per quanto concerne la pretesa nullità del mandato difensivo espletato dall’avvocatura generale dello Stato, attesa la mancata specificazione delle ragioni giustificative di tale mandato, basterà richiamare il costante indirizzo di legittimità, secondo cui: “in tema di contenzioso tributario, l’Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso, atteso che l’art. 366 c.p.c., n. 5, inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello “ius postulandi” (peraltro, non necessario quando il patrocinio dell’Agenzia delle entrate sia assunto dall’Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale attributivo dell’incarico professionale al difensore” (Cass. n. 14785 del 2011; Cass. n. 22434 del 2016; Cass. n. 23865 del 2020).

Per quanto concerne la dedotta inammissibilità del ricorso per cassazione, non può dirsi che questo sia privo del requisito di autosufficienza per mancata individuazione dei passaggi fondamentali della sentenza CTR oggetto di censura. Va intanto premesso che, a tutto concedere, non tanto di difetto di autosufficienza si tratterebbe, quanto di mancata specificità; e tuttavia, quest’ultimo requisito deve riguardarsi in relazione alla ratio censurata ed alla natura strettamente tecnico-giuridica della tesi dalla parte ricorrente ad essa contrapposta al fine di evidenziare la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3. Nel caso in esame si tratta, in effetti, di una ratio decisoria che la ricorrente ben individua nell’affermata estendibilità alla cessione di credito del regime agevolativo stabilito dal citato D.P.R., artt. 15-17; e questa ratio viene dalla ricorrente contrastata sulla base di una diversa interpretazione della normativa di riferimento ed in considerazione della stessa logica legislativa sottesa al trattamento agevolativo. Così facendo, il ricorso non risulta generico né apodittico, ma anzi del tutto chiaro e ben focalizzato sulla questione dirimente della lite. Analoghe considerazioni valgono, per altro verso, anche a respingere l’eccezione della controricorrente secondo cui l’agenzia delle entrate non avrebbe specificamente individuato le parti censurate della motivazione, limitandosi a semplicemente contrapporre una propria tesi giuridica a quella adottata dalla Commissione Tributaria Regionale. Va infatti considerato che nel motivo di ricorso per cassazione la ricorrente: – rievoca in maniera adeguata tanto i passaggi motivazionali non condivisi quanto gli estremi interpretativi della questione; – pone in luce le ragioni per le quali la Commissione Tributaria Regionale avrebbe adottato una linea interpretativa erronea; – richiama, argomentandone la correttezza, la tesi giuridica a suo dire già fatta propria da questa corte di legittimità in senso antitetico rispetto a quanto deciso dalla CTR. Il tutto si sostanzia nella piena rappresentazione dei termini essenziali del contendere e, con ciò, nel pieno esercizio del contraddittorio e del diritto di difesa da parte della controricorrente (che, non a caso, non ha mostrato esitazione alcuna nel predisporre le proprie articolate e compiute difese a sostegno della soluzione offerta dal giudice regionale).

Per quanto concerne, infine, l’eccezione di giudicato interno, si rinvia a quanto ora si dirà in accoglimento del primo motivo di ricorso dell’agenzia delle entrate, con conseguente affermazione della radicale inesistenza di qualsivoglia giudicato interno del quale Deutsche Bank possa profittare in qualità di obbligata in solido ex art. 1306 c.c., comma 2.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 38 e 16, nonché del D.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale); per avere la CTR erroneamente affermato la tardività dell’appello nei confronti di Safin, nonostante che la notificazione da quest’ultima effettuata non fosse idonea a far decorrere il termine breve, sia perché eseguita tramite PEC allorquando questa modalità non era ancora consentita per gli atti processuali, sia perché comunque avente ad oggetto tutt’altra cessione di credito, siccome fatta oggetto di un diverso accordo transattivo al quale la sentenza appellata era stata semplicemente allegata.

p. 2.2 Il motivo è fondato, sebbene da questa valutazione di fondatezza non possa discendere, per l’assorbente rigetto dell’ulteriore motivo in base a quanto tra breve si dirà, l’accoglimento del ricorso.

Va infatti considerato che la Safin aveva notificato all’agenzia delle entrate la sentenza di primo grado quale semplice allegato ad una proposta transattiva concernente analoga questione in diritto, ma una del tutto diversa cessione di credito (intercorsa con Unicredit). Questa allegazione, nell’intendimento della parte notificante, doveva in qualche modo convincere l’agenzia delle entrate della bontà giuridica della tesi sostenuta da Safin – proprio perché accolta anche da decisioni di merito come quella notificata – circa la tassazione agevolata della cessione del credito, così da favorire la conclusione del proposto accordo transattivo sull’altra vertenza.

E’ dunque evidente come la notificazione in questione non fosse in grado di far decorrere il termine breve per appellare, richiamandosi in proposito il costante indirizzo di legittimità secondo cui “ai fini della determinazione del termine breve per impugnare occorre che la notifica della sentenza costituisca espressione della volontà di porre fine al processo, attraverso il compimento di un atto chiaramente preordinato a far decorrere i termini per l’impugnazione nei confronti sia del notificato sia del notificante” (SS.UU 1717/20), e, ancora: “ai fini della decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, la notificazione della sentenza, cui si riferisce l’art. 326 c.p.c., non può essere sostituita da forme di conoscenza equipollenti, quali la conoscenza di fatto del provvedimento impugnato” (Cass. n. 21625 del 2017 ed altre).

Ne segue l’insussistenza di qualsivoglia giudicato interno preclusivo.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15 e ss.. Ciò per non avere la CTR considerato che (come anche già affermato da Cass. n. 24164 del 2009 e dalla CTP) la cessione di credito rinveniente da un’operazione di finanziamento ammessa al regime sostitutivo ex D.P.R. cit., era assoggettata al regime fiscale ordinario, in quanto scollegata ed autonoma rispetto al finanziamento stesso; in altri termini, l’agevolazione poteva essere riconosciuta alla cessione solo nella ipotesi, pacificamente qui non ravvisabile, in cui questa risultasse associata ad un nuovo finanziamento avente a sua volta i requisiti oggettivi (medio-lungo termine) e soggettivi (erogazione da parte di un’azienda di credito) di ammissione al regime sostitutivo.

p. 3.2 Questo motivo – concernente, per quanto concerne Safin, una autonoma e concorrente ratio decisoria della CTR – è infondato.

In base al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative “le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, nonché alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative, il credito a medio e lungo termine, e quelle effettuate ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 5, comma 7, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, per le quali è stata esercitata l’opzione di cui all’art. 17 (…)”.

La disposizione è dunque chiara nel riferire il regime fiscale di esenzione non soltanto all’operazione di finanziamento in quanto tale ma anche, tra il resto, alle “cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, nonché alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni” operanti secondo la normativa richiamata.

In particolare, la norma non richiede che la cessione di credito ipotecaria sia assistita da un diverso ed autonomo finanziamento, essendo invece necessario e sufficiente che essa sia relativa ad un finanziamento originario connotato dai previsti requisiti oggettivi (durata superiore ai 18 mesi) e soggettivi (erogazione da parte di aziende ed istituti di credito, ovvero intermediari finanziari abilitati) di ordine generale.

Sotto quest’ultimo profilo, la disposizione è stata fatta oggetto di vaglio da parte del giudice delle leggi il quale, con la sentenza n. 242/17, ne ha dato una lettura ampia in considerazione della estendibilità di ratio a categorie soggettive eroganti diverse ed ulteriori da quelle (le banche) inizialmente esclusivamente menzionate dalla norma stessa.

All’esito di questa interpretazione, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 1 (nella versione in vigore anteriormente alle modifiche apportate dalla L. n. 244 del 2007), nella parte in cui escludeva l’applicabilità dell’agevolazione fiscale ivi prevista alle operazioni effettuate, oltre che dalle banche, dagli intermediari finanziari.

La stessa esigenza normativa evidenziata dalla Corte Costituzionale (favorire gli investimenti a lungo termine in quanto capaci di creare nuova ricchezza incrementando il prelievo fiscale, indipendentemente dalle modalità di predisposizione della provvista) avvalora ulteriormente la tesi della estensione del beneficio anche alle cessioni di credito pertinenti e successive al finanziamento, il cui regime di esenzione finisce anch’esso con il favorire, nella prospettiva circolatoria del credito, la conclusione dell’operazione iniziale di finanziamento in quanto tale.

L’indirizzo giurisprudenziale di legittimità, – sia pure dopo un primo diverso indirizzo che richiedeva che la cessione si associasse ad un ulteriore finanziamento qualificato e funzionale ad estinguere le preesistenti obbligazioni (Cass. n. 4970 del 2002; Cass. n. 24164 del 2004) – si è successivamente attestato nel senso che: “dall’interpretazione letterale e logica della norma si ricava che la stessa, nella sua ampia latitudine (desumibile dal riferimento a “tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni”), include nell’agevolazione tutto quanto concerne, non solo il finanziamento, ma anche le “modificazione ed estinzione” delle operazioni agevolate, elencando espressamente, tra gli atti fruenti dell’agevolazione, “le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti”: per la norma, quindi, anche le “cessioni di credito” fruiscono dell’esenzione quante volte siano state stipulate “in relazione” a finanziamenti a medio/lungo termine” (Cass. n. 2734 del 2009; v. anche Cass. n. 10766 del 2013 e Cass. n. 27670 del 2020).

Con specifico riguardo all’iscrizione di garanzia ipotecaria, ha più recentemente osservato Cass. n. 1957 del 2019 – sempre in senso ampliativo del regime sostitutivo in base al criterio di “relazione” o “inerenza” – che: “Possono accedere al regime agevolativo gli atti che hanno la loro causa giustificativa nel finanziamento o nella prestazione di garanzie accessorie allo stesso, vale a dire stipulati ai fini del finanziamento agevolato, escludendo gli atti che hanno la propria causale in atti diversi da quelli indicati. L’applicabilità del regime in esame dipende sia dalla circostanza che l’annotazione della formalità della trasmissione dell’ipoteca cui partecipi in qualità di parte cessionaria una banca o un intermediario finanziario è per definizione un’operazione inerente al finanziamento bancario, sia dal vincolo di accessorietà ed, in specie, di correlazione che la norma istituisce fra le formalità (trasmissione di ipoteca) ed un rapporto di finanziamento a medio o lungo termine non ancora esaurito. In base a tale ricostruzione, nell’annotazione della trasmissione di ipoteca deve senz’altro ritenersi integrato quel nesso di accessorietà in considerazione del quale l’art. 15, estende la regola di esenzione anche ad atti diversi dal correlato finanziamento”.

Rileva altresì – sebbene successivo ai fatti di causa, ma significativo della linea evolutiva dell’ordinamento – quanto introdotto dal D.L. n. 145 del 2013 conv. in L. n. 9 del 2014, con il citato D.P.R., art. 20-bis, secondo cui il regime di favore di cui al medesimo D.P.R., artt. da 15 a 20, si applica anche alle operazioni di finanziamento strutturate e relative garanzie: “da chiunque sottoscritte, alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione alle stesse, nonché ai trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni, nonché alla modificazione o estinzione di tali operazioni”.

Va infine osservato come la stessa amministrazione finanziaria abbia accolto la tesi qui affermata osservando (Ris. del 3 Aprile 2012, n. 29/E, in risposta ad interpello) che: “Nell’ambito di applicazione della disposizione recata dal citato art. 15, rientrano, quindi, oltre alle operazioni di finanziamento intese in senso stretto, anche gli altri atti comunque inerenti al contratto di finanziamento, compresi quelli volti alla esecuzione, modificazione ed estinzione del prestito. Rientrano, inoltre, nell’ambito di applicazione della norma in commento anche le prestazioni di garanzia di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate. Come già chiarito dall’amministrazione finanziaria, tra l’altro con le Risoluzione del 18 aprile 1988, n. 310273 e Risoluzione del 4 aprile 1989, n. 310932, al fine di stabilire la riconducibilità nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva dell’atto concluso occorre valutare l’inerenza dello stesso all’operazione di finanziamento”. Ha quindi l’amministrazione finanziaria richiamato essa stessa, nel documento di prassi in esame, quanto stabilito da Cass. n. 2734 del 2009 cit..

Nel caso di specie non è contestato che la cessione di credito determinante l’annotazione ipotecaria abbia avuto riguardo ad un finanziamento che presentava tutti i requisiti, oggettivi e soggettivi, di legge.

Ne segue il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di Deutsche Bank, che liquida in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, riunitasi con modalità da remoto, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

 

 

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