Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26896 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 14/12/2011, (ud. 18/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.V. (OMISSIS), P.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE TRIESTE 21, presso lo studio

dell’avvocato TOSCHI CRISTIANO, rappresentati e difesi dall’avvocato

NABORRE CAMILLO, giusta mandato e procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI LAURENZANA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 390/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA

dell’11.12.09, depositata il 10/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2011 dal Presidente Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Maria Grazia Tinarelli (per delega

avv. Camillo Naborre) che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PRATIS

Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Si trascrive di seguito la relazione ex art. 380 bis in rel. 375 c.p.c. redatta il 15.7.011 dal consigliere designato per l’esame preliminare.

“Premesso che con la sentenza in oggetto,confermativa di quella di primo grado, la corte lucana ha ritenuto fondata l’azione revocatoria che la banca suddetta aveva proposto nei confronti di M. P., resosi acquirente di immobili del debitore D.G. M., nonchè contro la vedova ed erede di quest’ultimo. V. M., tra l’altro e segnatamente considerando che:

a) la tesi della datio in solutum in relazione a precedenti debiti contratti dal P. nei confronti del M., cui prevalentemente sarebbe stata finalizzata la cessione, oltre che tardivamente addotta, sarebbe rimasta sfornita di prove;

b) che dal complesso delle testimonianze acquisite e dai rapporti di parentela tra le parti fosse rimasta provata la scientia damni;

c) che l’accertato (a mezzo di consulenza tecnica) complessivo valore dei benì, notevolmente superiore all’esiguo prezzo corrisposto, costituisse conferma della fraudolenza dell’operazione;

ritenuto che il ricorso, affidato a quattro motivasi palesi infondato, per le suesposte rispettive considerazioni:

a) sul primo motivo, censurante per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., dell’art. 2901 c.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il mancato recepimento della tesi secondo cui la vendita avrebbe costituito adempimento di debiti scaduti del D.M. nei confronti del P., è sufficiente rilevare che dell’assunta datio solutum, al cui riguardo non sarebbe stato sufficiente provare che vi fossero stati dei prestiti tra i suddetti, ma anche che il relativo importo fosse stato computato, in tutto o in parte, quale prezzo della successiva compravendita, non vi è alcuna menzione negli atti di primo grado (cui questa corte ha diretto accesso in ragione della natura processuale della preliminare doglianza); correttamente pertanto la corte di merito l’ha ritenuta una eccezione nuova, volta a paralizzare gli effetti dell’avversa domanda e non semplicemente ad opporre un’argomentazione difensiva, tanto più in quanto richiedente accertamenti di fatto sulla specifica circostanza (di cui neppure è menzione nelle riportate testimonianze) dell’imputazione in pagamento degli importi delle somme mutuate e non ancora restituite; b) quanto al secondo, deducente violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2697, 2727, 2729 c.c., vizi vari di motivazione e travisamento dei fatti.

Le censure non evidenziano alcun malgoverno delle citate norme di diritto, ma anzi si pongono in palese contrasto, comportante inammissibilità del motivo ex art. 360 bis c.p.c., con il costante indirizzo di questa Corte, a termini del quale, nei casi in cui l’atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, non essendo richiesto un accordo collusivo tra debitore alienante e terzo acquirente,ai fini della scientia damni è sufficiente in quest’ultimo la generica consapevolezza che l’atto dispositivo negativamente incidente sulla consistenza del patrimonio della controparte, possa pregiudicare le ragioni dei creditori; nel caso di specie tale accertamento è stato adeguatamente svolto, sulla base di incensurabile valutazione compiuta dai giudici di merito, tenendo conto delle risultanze della prova testimoniale, da cui era emerso che il D.M., verò sondo in difficoltà economiche, si era più volte rivolto al nipote P. per aiuti finanziari, circostanza che, anche in considerazione dei legami di parentela tra i suddetti, ha giustificato la ragionevole presunzione di conoscenza dell’esposizione debitoria del congiunto; per il resto il motivo contiene inammissibili censure di puro fatto tali anche dovendo considerarsi quelle,di carattere revocatorio, denunciami “travisamento” della prova, c) il terzo ed il quarto motivo,relativi alla valutazione degli immobili, che, anche in considerazione del fatto che la vendita aveva riguardato soltanto la nuda proprietà, sarebbe stata eccessiva, sono irrilevanti, attenendo ad un’argomentazione non decisiva,ma soltanto rafforzativa dell’accertata natura fraudolenta (non simulata) dell’alienazione, di per sè sola sufficiente a diminuire, quand’anche il prezzo fosse stato congruo, le garanzie del creditore, sostituendo nel patrimonio dello stesso, ai beni immobili, agevolmente aggredibili dal con le azioni esecutive, un diverso bene, costituito dal danaro, facilmente occultabile (tra le altre v.Cass. nn. 1054/99,13330/04).

Conclusivamente il ricorso (il perfezionamento della cui notifica a mezzo del servizio postale, peraltro, non risulta allo stato provato), ad avviso del relatore, dovrebbe essere rigettato per manifesta infondatezza”.

Tanto premesso il collegio,pur condividendo le argomentazioni reiettive esposte dal relatore, rilevato, tuttavia ed in via preliminare, che la difesa di parte ricorrente, pur comparsa nell’udienza camerale, non ha provato l’avvenuto perfezionamento della notificazione del ricorso, mediante la produzione dell’avviso di ricevimento della lettera raccomandata postale, la cui mancanza in atti era stata segnalata nella relazione,non può che dichiarare inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese, in assenza di controparti resistenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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