Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26886 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 23/12/2016, (ud. 12/10/2016, dep.23/12/2016),  n. 26886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10535-2014 proposto da:

B.C. elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 145/A, presso lo studio dell’avvocato DANELA

FRATACCIA, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CIRILLO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 9322/2013 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, emessa l’8/02/2013 e depositata il 17/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SCALDAFERRI ANDREA;

udito l’Avvocato Giorgio D’Alessio (delega Avvocato Antonio Cirillo)

che si riporta ai motivi del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che B.C. ha proposto ricorso per revocazione, a norma dell’art. 391 bis c.p.c., della sentenza n. 9322/13 con cui la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avverso il decreto del Tribunale di Napoli di rigetto del reclamo L.Fall., ex art. 26, proposto dal B. contro il provvedimento del giudice delegato del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione dichiarante la inammissibilità della domanda di ammissione al passivo per crediti di lavoro subordinato, ritenuta ultratardiva a norma della L.Fall., art. 101, comma 4;

che l’intimato Fallimento non svolge difese;

considerato che il primo motivo di ricorso denuncia l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa questa Corte nel ritenere che la comunicazione della notizia del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. da parte del curatore fallimentare al B. fosse avvenuta il 15 marzo 2007 invece del 28 maggio 2007, data in cui risultava già scaduto il termine per il tempestivo deposito della domanda di ammissione al passivo;

che il secondo motivo di ricorso denuncia l’ulteriore errore di fatto consistente nel supporre erroneamente che la causa imputabile del ritardo ultrannuale non fosse stata neppure allegata da parte del B., omettendo di considerare l’e-mail da lui inviata al curatore fallimentare in data 11 gennaio 2011 e prodotta in giudizio;

che il terzo motivo di ricorso denuncia l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa questa Corte nel ritenere che, in difetto di impugnazione sul punto, sul rito adottato (non conforme al disposto della L.Fall., artt. 93 e 99) si era formato il giudicato implicito interno: errore consistente nel non considerare che il termine per l’impugnazione del provvedimento del giudice delegato non sarebbe legittimamente decorso in mancanza della comunicazione del deposito dello stato passivo da parte del curatore;

ritenuto che il primo motivo di ricorso non appare meritevole di accoglimento in quanto l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., consiste (cfr. ex multis: Cass. 4413/16) in un errore di percezione dei dati di fatto produttivo dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione: la diversa data (28 maggio e non 15 marzo) non parrebbe condurre a conclusioni diverse da quelle cui questa Corte è pervenuta,in quanto non risulta neppure dedotto che tale diversa data smentirebbe l’affermazione contenuta in sentenza, in connessione con la indicazione temporale in esame, secondo cui la avvenuta comunicazione della dichiarazione di fallimento avrebbe consentito comunque al ricorrente di presentare la domanda di ammissione al passivo, tardivamente semmai ma non oltre l’anno;

che il secondo motivo appare inammissibile in quanto il preteso errore concernerebbe la valutazione delle risultanze processuali, che, al pari di ogni preteso errore di giudizio, è esclusa dall’area degli errori revocatori (cfr. Cass. n. 19926/14, 3652/06);

che il terzo motivo pare inapprezzabile, giacchè pare presupporre una interpretazione incongrua della sentenza revocanda, là dove ha chiaramente riferito la mancata impugnazione al ricorso per cassazione, che non conteneva doglianze circa il rito seguito dal g.d. e dal tribunale in sede di reclamo L.Fall., ex art. 26;

ritiene pertanto che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.

2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letti gli atti, sentito il difensore di parte ricorrente, condivide integralmente le considerazioni esposte nella relazione in coerenza con la consolidata giurisprudenza di questa Corte.

Si impone dunque la declaratoria di inammissibilità del ricorso, senza provvedere sulle spese non avendo l’intimato svolto difese in questa sede.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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