Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26883 del 29/11/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 26883 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PETITTI STEFANO
usucapione
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
VACCARO Rosalia (VCC RSL 38D42 A351W),
rappresentata e
difesa, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Pietro Maragliano, elettivamente domiciliata
in Roma, Piazza Bainsizza n. 1, presso lo studio
dell’Avvocato Mauro Mellini;
–
ricorrente
–
contro
PETIX Elia Maria, TRICOLI Andrea, TRICOLI Lucilla
Alessandra Giovanna, TRICOLI Adriana, TRICOLI Edy;
–
intimati
–
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n.
1311 del 2011, depositata in data 19 ottobre 2011.
I.
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Data pubblicazione: 29/11/2013
Udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 23 ottobre 2013 dal Consigliere relatore
Dott. Stefano Petitti.
Ritenuto che con atto di citazione notificato in data
dinnanzi al Tribunale di Agrigento gli eredi di Tricoli
Mario Giulio Cesare, per sentir dichiarare l’acquisto a
titolo originario, per intervenuta usucapione, di un
immobile sito in Agrigento e formalmente intestato al
defunto Tricoli Mario Giulio Cesare;
che, in via subordinata, per l’ipotesi in cui il
Tribunale non avesse ritenuto di poter dichiarare
l’intervenuta usucapione a suo favore, parte attrice
chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento delle
migliorie da lei apportate all’appartamento di cui in
causa;
che gli eredi di Tricoli Mario G.C. – Petix Elia Maria,
Tricoli Lucilla Alessandra Giovanna, Tricoli Edy, Tricoli
Andrea e Tricoli Adriana – si costituivano in giudizio,
eccependo l’infondatezza della domanda di parte attrice e
chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna della
Vaccaro al risarcimento dei danni provocati dalla stessa
all’appartamento, a mezzo di alcuni lavori ivi eseguiti;
che il Tribunale di Agrigento rigettava la domanda,
escludendo che l’attrice avesse esercitato un possesso
ad
21 marzo 2006, Vaccaro Rosalia conveniva in giudizio
usucapionem per il periodo di tempo previsto dalla legge e
condannava la stessa attrice al pagamento dei danni
arrecati all’appartamento;
che contro la sentenza del Tribunale, Vaccaro Rosalia
proponevano altresì appello incidentale, volto ad ottenere
la condanna della Vaccaro al risarcimento di ulteriori
danni;
che con sentenza n. 1311 del 2011, la Corte d’appello
di Palermo rigettava l’appello principale, ritenendo
assorbito quello incidentale, proposto in via subordinata,
e confermando la sentenza di primo grado;
che Vaccaro Rosalia ha proposto ricorso per la
cassazione di tale sentenza sulla base di due motivi;
che con il primo, la ricorrente lamenta:
•
violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ. con riferimento agli articoli 2697 e seguenti
cod. civ., e 116, 115 cod. proc. civ., nel testo introdotto
dall’art. 45, comma 14, legge n. 69 del 2009 e all’art. 58
della medesima legge, per avere la Corte d’appello
erroneamente applicato le disposizioni in materia di onere
della prova e applicato il testo dell’art. 115 post-riforma
del 2009,
ratione temporis
non applicabile al caso in
esame;
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proponeva appello, cui resistevano gli appellati, i quali
violazione dell’art. 360, primo comma, cod. proc.
civ., n. 5, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria
e/o illogica motivazione sul punto della asserita mancata
contestazione della circostanza, dedotta dai resistenti
la disponibilità materiale dell’immobile sarebbe stata
concessa alla Vaccaro nel 1994, dopo il decesso di Tricoli
Mario, dagli stessi resistenti;
violazione e falsa applicazione del principio della
non contestazione come ricostruito dalla giurisprudenza nel
periodo antecedente alla nuova formulazione dell’art. 115
cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 2, cod.
proc. civ.;
che con il secondo motivo, la ricorrente lamenta:
•
violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 cod.
civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per
avere la Corte d’appello errato nell’interpretazione dei
presupposti in materia di risarcimento equitativo del
danno;
•
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
sul punto relativo agli asseriti danni e pregiudizi
arrecati all’immobile, in relazione all’art. 360, n. 5,
cod. proc. civ.;
•
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. (ultrapetizione), in relazione all’art. 360, n.
nella comparsa di costituzione in primo grado, secondo cui
4, cod. proc. civ., perché la Corte d’appello avrebbe
liquidato un danno avente natura non patrimoniale,
nonostante i convenuti – appellati non ne avessero fatta
menzione nella comparsa di risposta tanto in primo grado,
che gli intimati non hanno svolto attività difensiva;
che, essendosi ravvisate le condizioni per la
trattazione del ricorso in camera di consiglio è stata
redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico
Ministero.
Considerato
che il relatore designato ha formulato la
seguente proposta di decisione:
«[(…)]
Si osserva preliminarmente che non risulta
effettuato il deposito degli avvisi di ricevimento
dell’avvenuta notificazione del ricorso a mezzo del
servizio postale. Ove detti avvisi non fossero depositati
secondo le indicazioni contenute nella sentenza delle
Sezioni Unite n. 627 del 2008, il ricorso dovrà essere
dichiarato inammissibile.
Nel merito si ritiene che il ricorso debba essere
rigettato.
Col primo motivo di ricorso, si denunziano errori
interpretativi e difetti della motivazione nella sentenza
impugnata,
rispetto alla mancata dichiarazione di
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quanto in appello;
intervenuta usucapione a favore dell’originaria attrice,
oggi ricorrente.
Attraverso la censura relativa ad un asserito errore
compiuto dalla Corte d’Appello, nell’individuazione della
applicare
ratione temporis,
parte ricorrente tenta di
introdurre nel giudizio di legittimità una nuova
valutazione delle risultanze probatorie. La Corte
d’Appello, infatti, ha dato conto, con una motivazione
coerente e sufficientemente articolata, della mancata
prova, da parte di colei che la richiedeva, degli elementi
costitutivi della intervenuta usucapione. Ciò che la Corte
ha ritenuto incontroverso, e quindi non richiedente una
specifica dimostrazione, è l’insussistenza degli elementi
costitutivi della fattispecie della quale parte attrice
chiedeva l’accertamento con l’atto di citazione.
I convenuti si sono limitati ad eccepire l’infondatezza
della domanda promossa dall’attrice, e l’attrice non ha
fornito la prova della propria pretesa.
Dunque,
a
prescindere dall’uso di termini che effettivamente si
riferiscono alla versione dell’art. 115 cod. proc. civ.,
successiva alla legge n. 69 del 2009, dalla motivazione
della sentenza impugnata si comprende agevolmente come la
Corte territoriale abbia ritenuto di condividere le
statuizioni della sentenza di primo grado perché,
versione normativa dell’art. 115 cod. proc. civ. da
sostanzialmente, l’appellante, originaria attrice, non
aveva adempiuto all’onere della prova a lei spettante, ai
sensi dell’art. 2697 cod. civ.
Da ciò discende l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
di ricorso.
La valutazione equitativa del danno è attività rimessa al
giudice del merito e i limiti alla sindacabilità della
stessa in sede di legittimità sono assai angusti. In quanto
caratterizzata da un ineliminabile grado di
approssimatività, la valutazione equitativa del danno “è
suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il
profilo del vizio della motivazione, solo se difetti
totalmente la giustificazione che quella statuizione
sorregge, o macroscopicamente si discosti dai dati di
comune esperienza, o sia radicalmente contraddittoria”
(Cass. n. 1529 del 2010). E dalla sentenza impugnata non
emerge né la mancanza assoluta della motivazione, né una
macroscopica distanza dai dati della comune esperienza, né,
infine, una motivazione radicalmente contraddittoria.
assolutamente infondata, infine, anche la pretesa di
configurare come non patrimoniali i danni liquidati dalla
Corte d’Appello, ai fini della dimostrazione di una
asserita ultrapetizione.
Non è meritevole di accoglimento nemmeno il secondo motivo
In virtù delle ragioni appena svolte, si ritiene sussista
il presupposto di cui all’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.,
per la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., in quanto il
che il Collegio, verificato l’avvenuto deposito degli
avvisi di ricevimento della notificazione del ricorso a
mezzo del servizio postale, condivide la proposta di
decisione, alla quale del resto non sono state rivolte
critiche di sorta;
che quindi il ricorso deve essere rigettato;
che non vi luogo a provvedere sulle spese del giudizio
di legittimità, non avendo gli intimati svolto attività
difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 23 ottobre 2013.
ricorso appare manifestamente infondato»;