Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26880 del 22/10/2019

Cassazione civile sez. II, 22/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 22/10/2019), n.26880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22199/2015 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DONATELLO n.

23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VILLA PIZZI, che la

rappresenta e difende con procura speciale depositata in uno alla

comparsa di costituzione del 31.7.2019;

– ricorrente –

contro

Z.I., Z.A. e R.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI n. 55, presso lo studio

dell’avvocato CARLO D’ERRICO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANFRANCO AMBROSINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1359/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/09/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 10.2.2003 Z.G. conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Vicenza G.A. per sentir accertare il suo diritto di proprietà esclusiva di alcune porzioni immobiliari site in territorio del Comune di Creazzo, nonchè il suo diritto di comproprietà, insieme alla convenuta e a Z.A., di una corte comune a servizio del bene predetto. Allegava che la convenuta utilizzava detta corte in modo esclusivo, ostacolando il transito dell’attore; che l’aveva modificata, bloccando il cancello di apertura sul lato nord e realizzando uno scarico di acque senza le necessarie caditoie; che l’aveva assoggettata a servitù di scolo di acque piovane; che vi aveva, infine, edificato un manufatto adibito a locale caldaia a servizio della pizzeria gestita dalla medesima convenuta. L’attore invocava pertanto la condanna della G. al ripristino del cancello, alla realizzazione delle opere atte ad assicurare il convogliamento delle acque di scarico ed all’abbattimento del locale caldaia. Chiedeva inoltre la condanna della convenuta alla cessazione delle turbative all’uso comune della corte di cui è causa, in particolare con inibizione dell’accesso al bene alle auto dei clienti del ristorante ed autorizzazione alla posa in opera di un cancello di accesso munito di chiusura.

Si costituiva G.A. resistendo alla domanda, invocando su parte di essa l’esistenza di un precedente giudicato di rigetto, e quanto al locale caldaia l’intervenuta usucapione della proprietà dell’area per decorso del termine ventennale dalla realizzazione del manufatto.

Con sentenza n. 1751/2010 il Tribunale di Vicenza escludeva la sussistenza del giudicato esterno, rilevando che nel precedente giudizio si era discusso della sola tutela del possesso, mentre la domanda petitoria era stata proposta dallo Z. per la prima volta nel presente giudizio. Accertava poi che la convenuta aveva illegittimamente realizzato uno scolo delle acque sulla corte comune e sul terreno dell’attore ed aveva edificato il locale caldaia senza il consenso dei comproprietari della corte stessa. Condannava pertanto la G. all’abbattimento del manufatto e ad eseguire le opere idonee a convogliare le acque di scolo, rigettando le altre domande proposte dallo Z. e l’eccezione di usucapione sollevata dalla convenuta.

Interponeva appello la G. e si costituiva in seconde cure lo Z. per resistere al gravame, spiegando appello incidentale in relazione alle domande non accolte in prima istanza. La causa, interrotta a seguito del decesso di Z.G., veniva riassunta nei confronti degli eredi di quest’ultimo, R.L., Z.A. e Z.I..

Con la sentenza oggi impugnata n. 1359/2015 la Corte di Appello di Venezia rigettava tanto l’appello principale che quello incidentale confermando la decisione di prime cure e compensando le spese del grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione G.A. affidandosi a quattro motivi.

Resistono con controricorso R.L., Z.A. e Z.I..

A seguito dell’intervenuta cancellazione del suo originario procuratore, la ricorrente ha provveduto a nominare un nuovo difensore mediante procura speciale autenticata nella firma con atto del notar B. in Vicenza in data 29.7.2019, rep. (OMISSIS), che è stata depositata in cancelleria, in uno alla costituzione del nuovo difensore, in data 31.7.2019.

In prossimità dell’adunanza camerale, il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 82 e 83 c.p.c. perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare il difetto della procura ad litem, che non era contenuta a margine o in calce ad uno degli atti di cui all’art. 83 c.p.c. e non era coeva alla costituzione dell’appellante incidentale.

La doglianza è infondata.

Dalla sentenza impugnata risulta infatti (cfr. pagg. 8 e s.) che la procura era stata rilasciata su un foglio materialmente congiunto ad uno degli atti di cui all’art. 83 c.p.c. e conteneva adeguati elementi di riferibilità al procedimento di merito: in particolare, numero di ruolo generale, anno e parte appellante.

Peraltro va ribadito – come giustamente ritenuto dalla Corte territoriale – che l’elencazione contenuta nell’art. 83 c.p.c., non ha natura tassativa, con la conseguenza che anche “… la procura al difensore apposta su atto diverso da quelli indicati in detto articolo deve ritenersi valida ove risulti depositata al momento della costituzione in giudizio e la controparte non sollevi con la prima difesa specifiche contestazioni circa la sua esistenza e tempestività” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10251 del 27/06/2003, Rv. 564658; conf. Cass. Sez. L, Sentenza n. 17161 del 27/07/2006, Rv. 591996; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17842 del 22/08/2007, Rv. 598644).

Nel caso di specie la ricorrente deduce di aver sollevato tempestiva eccezione all’udienza del 24.3.2015 ed allega copia del relativo verbale di udienza innanzi la Corte di Appello di Venezia (cfr. doc. 13 depositato in uno al ricorso). Tuttavia, dal fascicolo dei controricorrenti risulta che questi ultimi, a seguito di ordinanza della medesima Corte di Appello del 13.3.2015 (con la quale, non rinvenendo in atti la procura, il collegio di merito li aveva invitati a regolarizzare la costituzione concedendo apposito termine e rinviando la causa proprio all’udienza del 24.3.2015), avevano provveduto con atto depositato il 20.3.2015 a depositare procure ad litem, con conseguente verificazione della sanatoria per effetto dell’adempimento all’invito contenuto nell’ordinanza della Corte territoriale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 9217 del 19/04/2010 (Rv. 612563).

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,132,156,345 e 346 c.p.c., perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto nuova la domanda di usucapione della ricorrente, la quale aveva formulato eccezione di usucapione già in prime cure, ed aveva solo inteso riproporre detta eccezione in secondo grado.

La censura è infondata.

Invero la sentenza impugnata dà atto (cfr. pagg. 9 e s.) che in prime cure la ricorrente aveva proposto soltanto eccezione di usucapione, e non domanda riconvenzionale. Pertanto ha ritenuto, del tutto correttamente, nuova quest’ultima, il cui contenuto non può evidentemente essere ridotto a quello dell’eccezione; quest’ultima infatti, “… pur ampliando il tema della controversia, tendendo a paralizzare il diritto della controparte, rimane nell’ambito della difesa e del petitum, a differenza della domanda riconvenzionale che è diretta a chiedere l’accertamento di un diritto con autonomo provvedimento avente forza di giudicato” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20178 del 24/09/2010, Rv. 614253).

Peraltro la Corte territoriale ha anche correttamente ritenuto non necessaria, nel caso di specie, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altra comproprietaria Z.A. proprio perchè la G. non aveva proposto domanda riconvenzionale di usucapione in prime cure; in caso contrario infatti, discutendosi di bene immobile in comproprietà con un soggetto non originariamente evocato in giudizio, sarebbe stata necessaria l’integrazione del contraddittorio anche nei confronti del comproprietario pretermesso (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10745 del 17/04/2019, Rv. 653562; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14765 del 03/09/2012, Rv. 623806).

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1158,1140,1362,2697 e 2729 c.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato i fatti essenziali della controversia, in particolare non valorizzando la circostanza che la domanda di concessione edilizia finalizzata alla realizzazione del locale caldaia risaliva al 14.1.1982 e che da tale data si era compiuto il ventennio a favore della ricorrente.

Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in quanto la Corte territoriale non avrebbe rilevato che non era stato impugnato il capo della decisione di prime cure con cui il Tribunale aveva ritenuto che la dante causa dell’attore fosse consapevole della realizzazione della centrale caldaia; ad avviso della ricorrente, ciò avrebbe comportato il passaggio in giudicato della relativa statuizione ad opera del primo giudice.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono infondate.

Ed invero la decisione impugnata dà atto, alle pagg. 10 e ss., che il potere di fatto della G. sulla zona della corte comune occupata dal locale caldaia è sorto necessariamente dopo la realizzazione del manufatto, e quindi dopo il 21.2.1983, data di rilascio della relativa concessione edilizia. La Corte territoriale ha altresì evidenziato, ancora una volta in modo puntuale, l’irrilevanza – ai fini del computo del ventennio utile ad usucapionem – del fatto che la ricorrente avesse dichiarato, nella richiesta di rilascio della concessione edilizia, di essere proprietaria dell’area: ciò infatti si risolve in una semplice affermazione, di per sè inidonea ai fini della prova della signoria di fatto sul bene. Trattasi di motivazione pienamente condivisibile, posto che ai fini dell’acquisto ad usucapionem quel che rileva è il momento iniziale della signoria di fatto sul bene, e non la sua mera dichiarazione, sia pure contenuta in atto diretto all’Autorità. E, posto che nella normale sequenza causale il rilascio della concessione edilizia è presupposto alla costruzione dell’opera, quest’ultima non poteva essere considerata esistente prima del rilascio del relativo titolo autorizzativo.

Infine, la Corte lagunare ha escluso – con valutazione in punto di fatto, non utilmente censurabile in questa sede – la ricorrenza della prova aliunde della signoria di fatto, in capo alla G., sull’area occupata dalla centrale termica prima della realizzazione di quest’ultima, nonchè l’esistenza e la rilevanza della consapevolezza o accordo della dante causa della stessa G. circa la realizzazione della centrale stessa.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2019

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