Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2688 del 06/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2688 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 29313-2011 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in personas del
Presidente del Consiglio pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;

– ricorrente contro
GENTILE ETTORE, DE LUCA NICOLA DANILO, FRANCO
ELIO, D’AGOSTINO PASQUALE, LISELLA GAETANO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NICOLO’ TARTAGLIA 21,
presso lo studio dell’avvocato FORGIONE SALVATORE, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI CERBO
FERDINANDO, giuste procure (n.5) in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 06/02/2014

- controricorrenti nonchè contro

MAFFULLI NICOLA, DE NIGRIS LUCIANO, INFRANZI
ENRICO, SALOMONE MEGNA ANGELO, AMATO

BIANCHI UGO, BIFULCO GIOVANNI, BUONOCAORE
GAETANO, CANGIANO GIROLAMO, CAPASSO ANNA,
CARDINALE FUMO, CASCIANO ALFREDO, CATELLI
ROMUALDO, CATUOGNO FERDINANDO, CELLO
CARMELA, CELSI SALVATORE, CIOFFI LUIGI, CIOFFI
GIOVANNI, CORVINO SALVATORE, COTTICELLI
GAETANO, CREDENDINO ANTONELLO, D’AMATO
REMIGIO, DE MARTINO MAURIZIO, DE PACE GIUSEPPE,
DE SIO MARIO, DASSI ANTONIO, DI CAPRIO ELPIDIO, DI
NAPOLI LUIGINO, ESPOSITO SERGIO, EVANGELISTA
ALBERTO, FACCENDA FUMO, FARINA PASQUALE,
PETRAZZUOLI FERDINANDO, GARGIULO LUISA,
GIAMMATTERI ALESSANDRO, IANNoTTA VINCENZO,
IOVINE PASQUALE, IZZO ERNESTO, LAMBERTI
FRANCESCO, MANDIA LUIGI, MANZO CIRO, MARZANO
MICHELE, PASANISI FABRIZIO, PASQUARIELLO FELICINA,
PAVONE GAETANO, PEPE GIOVANNI BATTISTA, RONGHI
VINCENZO, RUGGIERO GIOVANNI, RUSCIANO ANDREA,
SCOTTO RAFFAELE, SORGENTE MICHELE,
SPERLONGANO PASQUALE, TOMEO GIUSEPPE,
TORROMBACCO NICOLA, VENERUSO GIUSEPPE
ANTONIO, VERRENGIA GIUSEPPE, VITTOZZI GENNARO,

Ric. 2011 n. 29313 sez. M3 – ud. 04-12-2013
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SALVATORE, ANASTASIO PIETRO, ASSANTE ROSARIA,

ZANOBBI BRUNO, MOLLICA NICOLA, RUSSO GIOVANNI,
PERUGINI BRUNO;
– intimati avverso la sentenza n. 4069/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito per i controricorrenti l’Avvocato Salvatore Forgione che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che si riporta alla relazione scritta.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:

1. Con citazione notificata il 30 settembre 2003 Nicola Maffulli e altri
sessantasette medici, premesso di essere stati ammessi alle scuole di
specializzazione in anni prossimi all’anno accademico 1991/1992,
convennero innanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, per ivi sentire accertare il loro diritto a un’adeguata
remunerazione per la compiuta formazione professionale, con
conseguente condanna della controparte al pagamento della somma di
euro 11.200,0 per ogni anno del corso, oltre rivalutazione e interessi.

Ric. 2011 n. 29313 sez. M3 – ud. 04-12-2013
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ROMA del 2.7.2010, depositata 1’11/10/2010;

Costituitasi in giudizio, la convenuta Presidenza contestò le avverse
pretese.
2. Con sentenza del 7 febbraio 2006 il giudice adito rigettò la
domanda.
Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello di Roma, in

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, formulando tre motivi.
Resistono con controricorso Pasquale D’Agostino, Nicola Danilo De
Luca, Elio Franco, Ettore Gentile e Gaetano Lisella, mentre nessuna
attività difensiva hanno svolto gli altri intimati.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
rigettato.
Queste le ragioni.
4. Con il primo motivo di ricorso l’impugnante denuncia violazione
degli artt. 2043 e 2947 cod. civ. nonché 20, paragrafi 1 e 2, e 288,
comma 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ex art.
360, n. 3, cod. proc. civ.
Oggetto delle critiche è l’affermazione della Curia territoriale secondo
cui l’azione ex adverso esperita andava qualificata come azione di
responsabilità contrattuale, diretta all’adempimento di un’obbligazione
ex lege, gravante sullo Stato, con conseguente applicabilità del termine
di prescrizione decennale.
Sostiene per contro l’esponente, segnatamente criticando le
affermazioni contenute nella sentenza 17 aprile 2009, n. 9147, delle
Ric. 2011 n. 29313 sez. M3 – ud. 04-12-2013
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data 11 ottobre 2010, l’ha invece accolta.

sezioni unite di questa Corte, che la lesione fatta valere dal singolo che
lamenti la mancata, tardiva o incompleta trasposizione nel diritto
interno di direttive comunitarie attributive di diritti integra un damnum

iniuria daturn, risarcibile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., con la sola
peculiarità dell’irrilevanza dell’elemento soggettivo, ma con la

quinquennale.
5. Le censure sono infondate.
Muovendosi nel solco tracciato dal noto arresto delle sezioni unite del
17 aprile 2009, n. 9147, questa Corte ha precisato che il concetto di
responsabilità contrattuale è stato ivi palesemente usato nel senso non
già di responsabilità che suppone un contratto, ma nel senso — comune
alla dottrina in contrapposizione all’obbligazione da illecito
extracontrattuale — di responsabilità che nasce dall’inadempimento di
un rapporto obbligatorio preesistente (confr. Cass. civ. 17 maggio
2011, n. 10813). Tale decisione, e le altre che vi si sono uniformate,
hanno poi affrontato il tema del dies a quo del termine prescrizionale,
pervenendo all’affermazione che il diritto al risarcimento del danno da
inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle
direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, insorto a favore dei
soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica dal 1°
gennaio 1983 all’anno accademico 1990-1991 in condizioni tali che, se
detta direttiva fosse stata adempiuta, avrebbero acquisito i diritti da
essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27
ottobre 1999, data di entrata in vigore della legge n. 370 del 1999, che
all’art. 11 ha previsto la corresponsione di una borsa di studio annua
omnicomprensiva di lire 13.000.000 per tutta la durata del corso ai
medici (ammessi alle scuole di specializzazione dall’anno accademico
1983-1984 all’anno accademico 1990-1991), destinatari di sentenze
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perdurante, conseguente operatività del termine di prescrizione

passate in giudicato del Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
Si è invero ritenuto che l’entrata in vigore della suddetta norma,
avvenuta il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale, e cioè il 27 ottobre 1999, abbia determinato una situazione
nella quale la condotta di inadempimento dello Stato verso i soggetti

definitiva, con conseguente inizio del decorso della prescrizione
ordinaria decennale della pretesa risarcitoria, ex art. 2046 cod. civ.
6. La successiva giurisprudenza di questa Corte, ha altresì chiarito che
il principio testé esposto non si presta a essere ripensato alla luce del
dettato dell’art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011, n. 183,
norma in base alla quale la prescrizione del diritto al risarcimento del
danno da mancato recepimento di direttive comunitarie soggiace alla
disciplina dell’art. 2947 cod. civ. e decorre dalla data in cui il fatto, dal
quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata
tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato.
Si è invero ritenuto che tale disposizione vale soltanto per il tempo
successivo alla sua entrata in vigore, non avendo la stessa i caratteri
della norma interpretativa, idonei a sottrarla al principio
dell’irretroattività, di talché, per i fatti anteriori alla novella, opera la
prescrizione decennale, in connessione alla qualificazione della
mancata attuazione delle direttive in termini di illecito contrattuale
(confr. Cass. civ. 9 febbraio 2012, n. 1917; Cass. civ. 8 febbraio 2012,
n. 1850; Cass. civ. 11 novembre 2011, n. 23568).
Ora, da tali arresti non v’è ragione di discostarsi.
7. Con il secondo mezzo, lamentando violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., l’impugnante si duole che la
Corte territoriale non abbia dato alcuna risposta ai rilievi volti a
evidenziare che gli attori non avevano dato nessuna prova degli
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esclusi, in quanto estranei ai giudicati dalla stessa richiamati, è divenuta

elementi costituivi del diritto azionato, omettendo, segnatamente, di
dimostrare il mancato svolgimento di attività lavorativa esterna,
durante il periodo di formazione nonché l’osservanza di un regime di
impegno a tempo pieno.
Con il terzo motivo la ricorrente Presidenza denuncia violazione

medesima questione. Deduce che gli istanti, per vedersi riconoscere il
diritto alla remunerazione, avrebbero dovuto dimostrare di avere per lo
meno ottemperato ai contenuti minimi self executing delle direttive, in
punto di accesso, di durata, di modo e luogo della formazione
specialistica.

8. Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per
la loro evidente connessione, sono prive di pregio.
Il giudice di merito, nell’accogliere la domanda, si è evidentemente
mosso nella prospettiva che, da un lato, la circostanza, pacifica in
causa, che i medici avessero nel periodo di ritardata attuazione della
direttiva frequentato le scuole di specializzazione, come allora
organizzate, lasciava presumere, quantomeno in linea teorica, che essi
le avrebbero frequentate anche nel diverso regime conforme alle
prescrizioni comunitarie, di talché, addebitando agli specializzandi la
mancata conformità delle modalità di frequenza dei corsi a quelle
previste dalle pertinenti direttive, si sarebbero poste a loro carico le
conseguenze dell’inadempimento dello Stato (confr. Cass. civ. 11
marzo 2008, n. 6427, specificamente richiamata nella motivazione della
sentenza impugnata); dall’altro, che i medici non potevano essere
gravati della prova di non aver percepito, durante il periodo di
formazione, altre remunerazioni o borse di studio, trattandosi di
circostanze la cui dimostrazione spettava al soggetto inadempiente
(confr. Cass. civ. 27 gennaio 2012, n. 1182).
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dell’art. 2697 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in relazione alla

Né alcuna rilevanza può assumere la mancanza di specifiche
argomentazioni su quest’ultimo profilo, considerato che il giudice non
è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni
allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando
necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4 cod. proc. civ., che egli

fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito
disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non
espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata
e con l’iter argomentativo seguito (confr. Cass. civ. 20 gennaio 2010, n.
868; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 407).
Il ricorso appare pertanto destinato al rigetto”.
Il collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione,
alle quali la ricorrente non ha del resto neppure replicato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della soccombente Presidenza
del Consiglio al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 9.000,00 (di cui euro
200,00 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre
2013.

esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a

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