Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26877 del 22/10/2019

Cassazione civile sez. II, 22/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 22/10/2019), n.26877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23447-2015 proposto da:

C.A.E.A., C.M.G.,

D.M., D.R. in proprio e quale procuratore speciale di

D.M.C., F.A.C.E.,

F.A.E.G.C., F.A.G.C.,

F.A.L.G.M. E C.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 161 presso lo studio dell’avvocato

SANTE RICCI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ALBERTO TOFFOLETTO, LUISA TORCHIA;

– ricorrenti –

contro

N.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI ACQUARONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 296/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 26/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2019 dal Consigliere ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Genova, pubblicata il 26 febbraio 2015, che ha accolto l’appello proposto da N.A. avverso la sentenza del Tribunale di Imperia n. 71 del 2009 e nei confronti di D.M. e D.R. – quest’ultimo anche nella qualità di procuratore speciale di D.M.C., F.A.C.E., F.A.E.G.C., F.A.G.C., F.A.L.G.M. nonchè di C.C., C.A.E.A., C.M.G..

1.1. Nel 2004 i sigg. D., F.A., C. avevano agito perchè fosse accertato che il fondo censito al foglio (OMISSIS), mappali (OMISSIS) e (OMISSIS) in Comune di Diano Marina, di proprietà pro indiviso degli attori, non era gravato da servitù di passaggio a favore del fondo di proprietà della sig.ra N., censito al catasto al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), con conseguente condanna della convenuta a rimuovere la porzione di scaletta di legno che insisteva sulla proprietà degli attori.

1.2. Nella resistenza della convenuta – la quale aveva contestato che il manufatto insisteva su suolo demaniale (spiaggia) e che era stato realizzato previa concessione della Capitaneria di Porto di Imperia, successivamente rinnovata dal Comune di Diano Marina – il Tribunale aveva accolto la domanda, ritenendo che l’area in contestazione, acquistata con contratto in data 20 giugno 1907 dal dante causa originario degli attori avv. D.N., non faceva parte del demanio marittimo.

2. La Corte d’appello ha ritenuto, invece, che l’area qualificata arenile – appartenga al demanio necessario ai sensi dell’art. 822 c.c., comma 1, per esservi stata acquisita ipso iure con l’entrata in vigore del codice civile, ed ha evidenziato, inoltre, la destinazione attuale ed effettiva dell’area a spiaggia libera del Comune di Diano Marina.

3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i sigg. D.- F.A.- C. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso N.A.. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 822 c.c., comma 1, e si contesta la ritenuta appartenenza dell’area in oggetto al demanio necessario. Assumono infatti i ricorrenti, che l’area in questione, già oggetto di concessione a favore dell’originario dante causa D.N., fosse stata da questi trasformata, così perdendo il carattere di spiaggia, e quindi passata formalmente dal demanio al patrimonio dello Stato per essere poi venduta al medesimo D.N.. Le circostanze suddette, di cui la Corte d’appello non aveva tenuto conto, emergerebbero dal contratto di compravendita del 1907.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione dell’art. 822 c.c., comma 1, (anche in relazione all’art. 11 preleggi) e si contesta la ritenuta acquisizione al demanio necessario dell’area in oggetto, in quanto consistente in una “piccola darsena artificiale”, che avrebbe potuto appartenere al demanio artificiale o accidentale ove fosse esistito un provvedimento formale di acquisizione al demanio, implicante a sua volta l’espropriazione.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione dell’art. 822 c.c., comma 1, e si contesta la ritenuta appartenenza dell’area al demanio necessario in ragione della destinazione pubblica impressa dall’Amministrazione. Posto che l’uso pubblico non trasforma un’area da privata a demaniale, sarebbe ininfluente la rilevata destinazione pubblica dell’area in oggetto, una volta esclusa l’appartenenza della stessa al demanio necessario.

Peraltro, i ricorrenti assumono che l’affermazione della Corte d’appello sarebbe basata su un presupposto fattuale inesatto: come accertato dal CTU, infatti, l’area su cui insiste la scala della sig.ra N. non coinciderebbe con il tratto di spiaggia aperto al pubblico, ma corrisponderebbe per la maggior parte, con la piccola darsena intermedia menzionata nel contratto di compravendita del 1907.

4. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l’evidente connessione, sono privi di fondamento.

4.1. In disparte la mancata trascrizione, nel ricorso, del testo contrattuale più volte richiamato e della CTU, la Corte d’appello ha qualificato l’area in contestazione come “spiaggia” e l’ha ritenuta, in quanto tale, appartenente al demanio marittimo necessario.

L’affermazione è basata sull’accertamento fattuale, desunto dalla CTU e dalle fotografie allegate riguardo alla consistenza dell’area, che viene descritta come “modesto lido o arenile compreso tra il muraglione in pietra a monte ed il mare”, sottoposta alle mareggiate straordinarie e, data la modesta profondità, anche alle mareggiate ordinarie (pag. 5, punto 2 della sentenza).

L’applicazione dell’art. 822 c.c., comma 1, risulta pertanto corretta, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui, “qualora venga in discussione l’appartenenza di un determinato bene, nella sua attuale consistenza, al demanio naturale, il giudice ha il potere-dovere di controllare ed accertare con quali caratteri obiettivi esso si presenti al momento della decisione giudiziale, sicchè, nel caso in cui un bene acquisisca la connotazione di lido del mare, inteso quale porzione di riva a contatto diretto con le acque del mare da cui resta normalmente coperta per le orinarle mareggiate, ovvero di spiaggia (compreso l’arenile), che comprende quei tratti di terra prossimi al mare, che siano sottoposti alle mareggiate straordinarie, esso assume i connotati naturali di bene appartenente al demanio marittimo necessario, indipendentemente da un atto costitutivo della P.A. o da opere pubbliche sullo stesso realizzate, mentre il preesistente diritto di proprietà privata subisce una corrispondente contrazione, fino, se necessario, alla totale eliminazione, sussistendo ormai quei caratteri che, secondo l’ordinamento giuridico vigente, precludono che il bene possa formare oggetto di proprietà privata” (Cass. 01/04/2015, n. 6619, che richiama il precedente remoto costituito da Cass., Sez. U 02/05/1962, n. 848, e più di recente Cass. 30/07/2009, n. 17737 e Cass. 11/05/2009, n. 10817).

4.2. La qualificazione dell’area come bene appartenente al demanio necessario rende irrilevante la questione della destinazione dell’area all’uso pubblico.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generai e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2019

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