Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26873 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23681-2015 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in Roma rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO GAMBARELLI, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE FIRENZE;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 708/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 16/03/2015 depositata il 20/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito l’Avvocato PAOLO GAMBARI difensore del ricorrente che si

riporta alla memoria e chiede la trattazione in pubblica udienza.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

F.M. impugnava dinanzi alla CTP di Firenze l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato un maggior reddito non dichiarato, derivante dall’imputazione di redditi accertati in capo alla Winkel srl, società a ristretta base sociale, della quale il contribuente era socio al 50%. La CTP respingeva il ricorso e la sentenza di primo grado veniva confermata dalla CTR Toscana, la quale, con sentenza indicata in epigrafe, affermava che la documentazione prodotta dal contribuente non fosse idonea a superare la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extra bilancio prodotti dalla società di capitali a ristretta base azionaria.

Il contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a tre motivi. L’Ufficio non si è costituito. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2729 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR aveva errato nel ritenere inidonei a soddisfare l’onere probatorio gravante sul contribuente i documenti dallo stesso prodotti in giudizio e nel pretendere, nella sostanza, una probatio diabolica.

Con il secondo motivo il contribuente deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. I giudici di seconde cure non avevano valutato approfonditamente il materiale istruttorio prodotto dal contribuente, confermando apoditticamente l’ottica interpretativa espressa dalla CTP.

Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e del D.P.R. n. 593 del 1973, art. 38, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La CTR era incorsa in errore laddove aveva ritenuto che la sola presenza di due soci e, dunque, la costituzione di una società a ristretta base sociale, giustificasse la presunzione di distribuzione degli utili extra contabili agli stessi, non ricorrendo indizi gravi, precisi e concordanti.

Il primo ed il terzo motivo di ricorso, che meritano un esame congiunto stante la loro stretta connessione, sono infondati.

Questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente nè la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili, nè il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi contabilizzati, non risultando nè accantonati nè investiti, siano stati distribuiti ai soci. Una siffatta presunzione non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poichè il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci, il che legittima, anche quando i soci non siano legati da rapporti familiari, la presunzione che gli stessi siano edotti degli affari sociali e quindi siano consapevoli dell’esistenza di utili extra bilancio e se li distribuiscano in proporzione delle rispettive quote di partecipazione al capitale (Cass., n. 8954/2013; n. 25271/2014; n. 24572/2014).

A tali principi, d’altra parte, questa Corte ha affiancato l’ulteriore precisazione, puntualmente ricordata dalla difesa della parte ricorrente in memoria, che il socio contribuente può comunque offrire la prova della propria estraneità alla gestione societaria – Cass. n. 1932/2016 -.

Orbene, la CTR si è uniformata ai principi superiormente ricordati, ritenendo che nè la richiesta avanzata dal ricorrente al socio nel 2008 di ottenere un rendiconto della gestione del 2006, nè la circostanza che lo stesso lavorasse presso un’altra azienda, fossero idonei a vincere la presunzione dell’attribuzione ai soci degli utili extra contabili della società a ristretta base sociale ed a comprovare la propria estraneità alla gestione societaria. Tanto è sufficiente per superare i rilievi difensivi della parte ricorrente, non potendosi ritenere che la sentenza impugnata sia incorsa nei prospettati vizi.

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Secondo l’ormai costante giurisprudenza di questa Corte, affinchè sia integrato il vizio di “mancanza della motivazione”, o “apparente motivazione”, occorre che quest’ultima manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del “decisum” (Cass., n. 20112/2009; più di recente, Cass. S.U., n.8053/2014 e Cass., n. 12864/2015).

Nella specie, la sentenza impugnata non può considerarsi nulla. Invero, i giudici di seconde cure hanno puntualmente esaminato la documentazione prodotta dalle parti non ritenendola idonea a consentire il superamento dell’onere probatorio gravante, secondo la giurisprudenza ormai consolidata, sul contribuente.

Per le ragioni sopra esposte, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.

PQM

La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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