Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26873 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 14/12/2011), n.26873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3290/2009 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati, CORETTI

ANTONIETTA, LUIGI CALIULO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO COS.ME.CI. S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 86 9/2 007 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 25/01/2008 r.g.n. 1006/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega CORETTI ANTONIETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 14.11.07 – 25.1.08 la Corte d’Appello di Perugia rigettava il gravame interposto dall’INPS contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto l’opposizione proposta dalla COS.ME.CI. S.r.l. (poi dichiarata fallita nelle more del giudizio di secondo grado) avverso il decreto ingiuntivo concernente il pagamento, in favore dell’istituto previdenziale, della somma di L. 474.674.100 per omessa contribuzione relativamente al periodo aprile 1996 – luglio 1997 conseguente ad indebita applicazione delle agevolazioni contributive di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 8.

Ritenevano i giudici del merito che la COS.ME.CI. S.r.l. avesse diritto ai benefici contributivi de quibus, non ostandovi nè l’art. 8 cit., comma 4 bis, – che li escludeva ove cedente e cessionario dell’azienda avessero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti – nè l’avvenuto trasferimento dell’azienda (passata dalla ditta individuale Officine Meccaniche Italo Ciucci, che aveva messo in mobilità i lavoratori, alla COS.ME.CI. S.r.l., che li aveva poi assunti), essendo comunque inapplicabile l’art. 2112 c.c. – ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47, comma 5, – ove il trasferimento riguardasse aziende in crisi accertata e fosse stato raggiunto un accordo sul mantenimento dell’occupazione, come avvenuto nel caso di specie.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS affidandosi a tre motivi.

L’intimato Fallimento COS.ME.CI. S.r.l. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con il primo motivo il ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione su un fatto decisivo e controverso, laddove l’impugnata sentenza non ha ravvisato indici da cui far discendere identità sostanziale di assetto proprietario tra la ditta individuale Officine Meccaniche C.I. e la COS.ME.CI. S.r.l., nonostante che la prima, in data 30.3.95, mediante contratto di affitto avesse trasferito ex art. 2112 c.c., un ramo della propria azienda alla seconda, che aveva sede ed oggetto sociale (produzioni di carpenteria metallica) coincidenti con la ditta individuale ed era stata costituita dallo stesso C.I. e da sua figlia S..

Il motivo è inammissibile perchè, essendo stato formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ex art. 366 bis c.p.c., (applicabile ratione temporis, vista la data di pubblicazione dell’impugnata sentenza), sarebbe dovuto concludere, per costante giurisprudenza di questa S.C., con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 1. 10.07 n. 20603; Cass. Sez. 3^ 25.2.08 n. 4710; Cass. Sez. 3^ 30.12.00 n. 27680), il che non è avvenuto.

Inoltre, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema – da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostai si il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti (ora fatti, dopo la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006) decisivi della controversia, potendosi in sede di legittimità solo controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice dei merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uomo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).

Nel caso in esame, invece, il ricorrente sollecita soltanto un nuovo e diverso apprezzamento delle risultanze probatorie da cui inferire una sostanziale identità di assetto proprietario fra la ditta individuale Officine Meccaniche Italo Ciucci e la COS.ME.CI. S.r.l., operazione preclusa in sede di legittimità.

2 – Con il secondo motivo il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione di legge nella parte in cui i giudici del merito hanno riconosciuto i benefici contributivi L. n. 223 del 1991, ex art. 8, comma 4, alla COS.ME.CI. S.r.l. nonostante che quest’ultima fosse affittuaria del ramo d’azienda del precedente datore di lavoro (Officine Meccaniche C.I.) che aveva collocato in mobilità i propri dipendenti, poi riassunti nella medesima azienda dalla COS.ME.CI. medesima;

pertanto – prosegue l’INPS – in realtà non vi è stata alcuna nuova assunzione di personale, vista la continuità giuridica dei rapporti di lavoro ai sensi dell’art. 2112 c.c..

Il motivo è fondato, dovendosi a riguardo applicare il costante insegnamento di questa Corte Suprema (da Cass. 4.3.2000 n. 2443 fino alla più recente Cass. n. 26391/2008) secondo cui il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4, in favore delle imprese che assumono personale dipendente già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 stessa legge presuppone che vengano accertate l’effettiva cessazione dell’originaria azienda e la nuova assunzione da parte di altra impresa in base ad esigenze economiche effettivamente sussistenti.

Ne consegue che, ove l’azienda originaria, intesa nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare (non importando nè se titolare sia lo stesso imprenditore o altro subentrante nè lo strumento negoziale attraverso il quale si sia verificata la cessione dell’azienda), la prosecuzione del rapporto di lavoro o la sua riattivazione presso la nuova impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l’effetto di un preciso obbligo di legge, previsto dall’art. 2112 c.c., come tale non meritevole dei benefici della decontribuzione;

per altro, si deve escluderà che il cit. art. 8, comma 4 bis, introdotto dal D.L. n. 299 del 1994, art. 2, abbia limitato i presupposti della fattispecie esclusa dall’agevolazione contributiva a quelli previsti in detta nuova disposizione, che invece estende le esclusioni dal beneficio e richiede in ogni caso la verifica della sussistenza dei presupposti fissati nello stesso art. 8, comma 4.

Nel caso in esame, la stessa impugnata sentenza da atto del trasferimento di ramo d’azienda dalla ditta individuale Officine Meccaniche Italo Ciucci, che aveva messo in mobilità i lavoratori, alla COS.ME.CI. S.r.l., che li aveva poi assunti.

Nè in contrario può valere un’asserita discontinuità fra la gestione aziendale del cedente e quella del cessionario od il carattere parziale del trasferimento d’azienda, noto essendo che l’art. 2112 c.c., si applica anche al trasferimento di autonomo ramo d’azienda e che, sempre come insegna questa S.C., un trasferimento d’azienda può avvenire anche attraverso distinti momenti e diverse fasi, a tal fine assumendo rilievo l’accertamento dei tempi ravvicinati (nel caso in oggetto meno di un anno, come si evince dalla doverosa lettura combinata delle conformi sentenze di primo e secondo grado: cfr., a tal fine, Cass. Sez. Lav. 19.3.2009 n. 6694) fra stipula del contratto di affitto e messa in mobilia di lavoratori poi riassunti (cfr. in tal senso Cass. n. 2443/2000 cit.).

Non a caso, in realtà neppure la Corte territoriale ha negato che nella vicenda per cui è causa vi sia stato un trasferimento d’azienda, ma ha solo ritenuto inapplicabile l’art. 2112 c.c., ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47, comma 5, secondo cui, ove il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento (la ditta individuale Officine Vi oceani che C.I. era stata dichiarata fallita il (OMISSIS), come si legge nell’impugnata sentenza), omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione ad amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione sindacale sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continui con l’acquirente non trova applicazione l’art. 2112 c.c., salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore.

L’assunto della gravata pronuncia è però inesatto, giacchè – sempre per costante orientamento di questa S.C., cui va data continuità – il cit. art. 47, comma 5 disciplina solo la posizione contrattuale dei lavoratori nel passaggio alla nuova impresa in ipotesi di trasferimento di aziende in crisi, ma non concerne il diverso aspetto dei benefici contributivi (cfr. Cass. 3.8.2007 n. 17071; Cass. 9.2.2004 n. 2407; Cass. 27.6.2001 n. 8800).

In sintesi, nel caso di specie già soltanto la qui affermata applicabilità dell’art. 2112 c.c., osta di per sè al riconoscimento degli sgravi contributivi per cui è processo, il che assorbe il terzo motivo di ricorso, in cui l’INPS sostiene la rilevanza – nell’interpretazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4 bis, sempre al fine di negare i benefici contributivi de quibus – non solo di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti fra cedenti; e cessionario o di vere e proprie forme di collegamento o controllo ex art. 2359 c.c., ma anche di rapporti fra imprese che si traducano, sul piano fattuale, in condotte costanti e coordinate di collaborazione e dell’agire sul mercato in ragione di un comune nucleo proprietario o di rapporti di coniugio, parentela, affinità o consolidata amicizia.

3 – In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto;

decidendo nel merito, rigetta l’opposizione a decreto ingiuntivo della COS.ME.CI. e compensa le spese dell’intero giudizio, considerato che la società opponente era risultata vittoriosa in entrambi i gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione a decreto ingiuntivo della COS.ME.CI. e compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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