Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26872 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 14/12/2011), n.26872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

O.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 265, presso lo studio dell’avvocato PUNZO ALESSANDRA,

rappresentato e difeso dall’avvocato NUNZIANTE MAURIZIO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati STUMPO VINCENZO,

FABIANI GIUSEPPE, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8973/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/01/2008 R.G.N. 8181/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 7.12.07 – 24.1.08 la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame interposto da O.R. contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che ne aveva respinto la domanda, proposta nei confronti dell’INPS, intesa ad ottenere l’adeguamento al costo della vita del sussidio per lavori socialmente utili (LSU) in relazione all’anno 2000, ai sensi del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’ O. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso l’INPS, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 647 e 324 c.p.c. sul giudicato esterno, per non essersi l’impugnata sentenza adeguata alla giurisprudenza secondo cui, qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con giudicato (nella specie, decreto ex art. 633 c.p.c. che aveva ingiunto all’INPS di pagare all’ O. l’adeguamento del sussidio per LSU relativo all’anno 1999), l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel provvedimento passato in cosa giudicata, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche ove il successivo giudizio abbia un diverso petitum nell’ambito di un rapporto di durata come quello dedotto in lite; l’applicazione di tale principio – prosegue il ricorrente – prescinde (contrariamente a quanto statuito dalla Corte territoriale) dall’instaurarsi o meno d’un nuovo rapporto giuridico fra le parti (vale a dire di un nuovo progetto di LSU), vistane la stretta continuità e i fondamentali elementi dì comunanza con il pregresso.

Con il secondo motivo – che del primo costituisce lo sviluppo – il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 468 del 1997, artt. 1, 5, 6 e 8 nella parte in cui l’impugnata sentenza ha asserito che il sussidio per LSU, ancorchè corrisposto periodicamente in maniera continuativa, costituisce una prestazione non unitaria, ma frazionabile in una pluralità di prestazioni ciascuna correlata a singoli diversi rapporti giuridici che si instaurano di volta in volta per effetto dell’approvazione di uno specifico progetto di LSU e dell’inserimento del singolo lavoratore nella sua esecuzione.

I due motivi – da esaminarsi congiuntamente perchè strettamente connessi – sono infondati.

In realtà – come questa S.C. ha già avuto modo di statuire ripetutamente proprio in tema di pagamento del sussidio per lavori socialmente utili (cfr., ex aliis, Cass. 25.11.2010 n. 23918), con orientamento cui va data continuità il provvedimento giurisdizionale di merito, anche quando sia passato in giudicato, non è vincolante in altri giudizi fra le stesse parti aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto o di diritto se da esso non sia dato ricavare le ragioni della decisione ed i principi di diritto che ne costituiscono il fondamento. Pertanto, quando il giudicato si sia formato per effetto di mancata opposizione a decreto ingiuntivo recante condanna al pagamento di un credito con carattere di periodicità, il debitore non può più contestare il proprio obbligo relativamente al periodo indicato nel ricorso monitorio, ma – in mancanza di esplicita motivazione sulle questioni di diritto nel provvedimento monitorio – non gli è inibito contestarlo per le periodicità successive.

Sostiene, ancora, il ricorrente che, contrariamente a quanto suppone la sentenza impugnata, lo svolgimento di LSU non configura un unico rapporto trilatero (ente utilizzatore del progetto – lavoratore ->

INPS), bensì due distinti rapporti, sebbene connessi: il primo fra ente utilizzatore del progetto e lavoratore, il secondo fra quest’ultimo e l’INPS; a sua volta l’ente previdenziale rimarrebbe estraneo all’espletamento del rapporto lavorativo “sui generis” in cui consiste il progetto, restando obbligato all’erogazione del sussidio rispetto al quale l’approvazione e l’avvio del progetto integrerebbe mero presupposto esterno.

In altre parole, pur nell’ipotesi di una pluralità di progetti nel corso degli anni, a mutare sarebbe soltanto, di volta in volta, il rapporto fra ente utilizzatore del progetto e lavoratore, mentre quello fra costui e l’INPS resterebbe sempre lo stesso, sostanzialmente indifferente alle vicende del primo, tanto che la rivalutazione del sussidio è previsto su base annuale mentre il progetto di LSU non necessariamente coincide con l’anno solare.

Osserva, invece, questa S.C. che la diversità di progetti da cui deriva l’utilizzo in lavori socialmente utili comporta la diversità e l’autonomia della prestazione erogata dall’INPS. Nè è vero che il rapporto fra il lavoratore e l’INPS resterebbe sempre lo stesso: come correttamente notato dalla sentenza impugnata, la disciplina dell’istituto (LSU) prevede che, intervenuta l’approvazione del progetto, segua l’assegnazione del lavoratore al progetto medesimo, previa verifica del possesso dei requisiti soggettivi e di professionalità da parte sua (D.Lgs. n. 468 del 1977, art. 6, comma 1, 4 e 5), il tutto a riprova dello stretto legame del titolo della prestazione per cui è causa con il singolo progetto alla cui attuazione collabora il lavoratore socialmente utile.

Dunque, non merita censura l’impugnata sentenza, che – sull’esatta premessa per cui ogni singolo progetto di LSU da luogo a nuovo e separato rapporto con il lavoratore – è giunta alla conclusione che l’ O. non ha provato l’identità fra il rapporto per LSU che lo aveva visto impegnato nel 1999 (e per il quale aveva goduto dell’adeguamento del sussidio grazie al summenzionato decreto ingiuntivo, non opposto) e quello relativo, invece, all’anno 2000 (oggetto del presente contenzioso).

Ricordato, infine, che ex art. 2697 c.c. l’onere di dimostrare i presupposti di fatto di un giudicato esterno incombe su chi lo invochi, correttamente l’impugnata pronuncia lo ha escluso proprio per mancanza di prova, che sarebbe dovuta consistere nella produzione del progetto approvato di LSU, posto a base del sussidio percepito dall’ O. per l’anno 1999 in forza del suddetto decreto ingiuntivo, per verificarne l’identità o meno rispetto a quello oggetto della pretesa per cui è causa e relativo al 2000.

2- Con il terzo motivo l’ O. si duole di omessa risposta al motivo di gravame che aveva avanzato, in subordine, nel proprio atto d’appello, motivo in base al quale l’aumento del sussidio di LSU disposto con la L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, doveva intendersi come non comprensivo dell’adeguamento annuale previsto dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 8.

Il motivo è inammissibile sotto plurimi concorrenti profili.

Si premetta che, in sostanza, con tale mezzo l’odierno ricorrente deduce non già un vizio di motivazione su un fatto decisivo e controverso, bensì un’omessa pronuncia su una questione di diritto su cui era stato incentrato uno dei motivi di gravame, vale a dire un error in procedendo che, per costante insegnamento di questa Corte Suprema, va denunciato – a pena di inammissibilità – ai sensi non già dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (o del n. 3), bensì del n. 4 in relazione alla violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr. Cass. 11.11.2005 n. 22897; in senso conforme v. ancora, ex aliis, Cass. 27.9.2000 n. 12790; Cass. 7.7.2004 n. 12475; Cass. 26.1.2006 n. 1701;

Cass. 14.2.2006 n. 3190; Caiss. 22.11.2206 n. 24856).

Ne consegue, altresì, che il motivo andava corredato – sempre a pena di inammissibilità ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis nel caso di specie, vista la data di deposito della sentenza impugnata) – da apposito quesito di diritto (secondo la più recente giurisprudenza di questa S.C., cui si ritiene di aderire in forza dell’insuperabile tenore letterale dell’art. 366 bis c.p.c.: Cass. 21.2.2011 n. 4146; Cass. 25.1.2010 n. 1310; Cass. 23.2.2009 n. 4329;

contra v. Cass. 10.9.2009 n. 19558; Cass. 20.6.2008 n. 16941), quesito che – invece – non è stato formulato.

Da ultimo, a riguardo il ricorso non risulta neppure autosufficiente, noto essendo che, ove si denunci un’omessa pronuncia su uno dei motivi d’appello, nel corpo del ricorso deve trascriversi il motivo medesimo in modo completo o, almeno, nelle sue parti salienti (cfr., fra le numerose in tal senso, Cass. 2.5.2010 n. 11477).

3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Non è dovuta pronuncia sulle spese, giacchè il ricorso introduttivo della lite è stato depositato anteriormente alla novella dell’art. 152 disp. att. c.p.c. di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11 convertito, con modificazioni, in L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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