Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26870 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 26/11/2020), n.26870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35307-2018 proposto da:

CALCESTRUZZI TRIESTE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MUSA 12/A,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PERTICA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PIERLUIGI FABBRO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di GORIZIA, depositato il

26/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La s.r.l. Calcestruzzi Trieste ha presentato domanda di insinuazione del passivo della (OMISSIS), società a responsabilità limitata dichiarata fallita nel corso del (OMISSIS), per credito per interessi moratori (in chirografo) e per spese legali (in privilegio) inerenti a un’esecuzione mobiliare presso terzi, nel cui ambito aveva riscosso le somme di cui al credito per capitale.

Il giudice delegato ha respinto la richiesta, rilevando che la riscossione del credito per capitale a seguito di pignoramento presso terzi era avvenuta “nel c.d. periodo sospetto, credito per cui la procedura si riserva di agire in revocatoria”.

2.- La s.r.l. Calcestruzzi Trieste ha proposto opposizione ex artt. 98 e ss. L. Fall. avanti al Tribunale di Gorizia, per il riconoscimento dei propri diritti.

Nel costituirsi, il Fallimento ha in specie chiesto l’accertamento della “revocabilità del pagamento effettuato dal Comune di Tolmezzo”, terzo pignorato, e “per l’effetto” la dichiarazione di “inammissibilità e/o infondatezza” delle pretese avanzate dall’opponente.

3.- Con decreto depositata in data 26 ottobre 2018, il Tribunale ha respinto l’opposizione.

4.- A supporto della soluzione così determinata, la pronuncia friulana ha svolto, nell’essenziale, il seguente percorso argomentativo.

Il rilievo di revocabilità, svolto dal curatore, è ammissibile perchè, “in base al disposto dell’art. 67 comma 7, in sede di opposizione allo stato passivo il curatore può proporre quelle eccezioni che non ha proposto in sede di verificazione del passivo”.

Lo stesso, inoltre, è da ritenere fondato. “E’ soggetto a revocatoria l’atto di pagamento avvenuto il 21.4.2017 da parte del Comune di Tolmezzo. Il pagamento da parte del Comune è avvenuto entro i sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.r.l. con sentenza del Tribunale di Gorizia del 13.7.2017”. Nell’ambito della procedura esecutiva presso terzi, il terzo pignorato Consorzio di Bonifica (OMISSIS) ha fornito una dichiarazione da cui si evince, tra l’altro, che la s.r.l. Calcestruzzi Trieste “conosceva lo stato di insolvenza del debitore esecutato”.

“Sussistono”, dunque, “i presupposti di revocabilità del pagamento eseguito dal Comune”: “considerata la relazione di accessorietà, non ricorrono i presupposti per l’ammissione allo stato passivo del Fallimento del credito di interessi fatto valere dall’opponente”.

5.- Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso la Calcestruzzi Trieste, a mezzo di un motivo di cassazione.

Il Fallimento non ha svolto difese in questo grado del giudizio.

6.- Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- Il motivo di ricorso è intestato nella “violazione e falsa applicazione degli artt. 93,96 e 67 L. Fall., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

8.- Nel corpo del motivo, il ricorrente sostiene che la “norma dell’art. 93 L. Fall. stabilisce, da un lato, che chi vanta un credito nei confronti del fallito può chiedere l’ammissione al passivo fallimentare e, dall’altro, i presupposti per ottenere l’ammissione”. A sua volta, “l’art. 67 stabilisce quali sono, tra gli atti compiuti dal fallito prima del fallimento, quelli revocabili e quelli non revocabili”.

“Tra le due norme” – si prosegue -. “non vi è alcun collegamento e/o rapporto sulla base del quale si possa evincere o trarre la conclusione che un credito munito di titolo esecutivo, che dà diritto all’ammissione del passivo del fallimento ai sensi dell’art. 93 L. Fall., non possa essere ammesso al passivo del fallimento se il parziale pagamento di detto credito eseguito dal fallito sulla base di detto titolo esecutivo nei sei mesi antecedenti il fallimento è stato compiuto con un atto che sarebbe astrattamente revocabile ai sensi dell’art. 67 comma 2 L. Fall.”.

“La revocabilità di un atto” – si viene quindi a concludere “non esclude la possibilità per il creditore di insinuarsi per la parte del credito non corrisposta con l’atto revocabile”.

9.- Il motivo non è fondato. Il ricorso non merita pertanto di essere accolto.

10.- L’utilizzabilità dello strumento revocatorio nell’ambito del procedimento di verifica del passivo fallimentare risponde a un “principio” (così Cass., 27 novembre 2013, n. 26504), che l’elaborazione giurisprudenziale, in particolare di questa Corte, è venuta a costruire sin da tempi remoti (cfr. già Cass. 24 luglio 1964, n. 2024, per la quale “nella fase di verifica dei crediti non è necessario, per l’esclusione del credito o della garanzia, che venga formalmente proposta dal curatore l’azione revocatoria, perchè la legge stessa consente al giudice delegato di provvedere, sulla semplice contestazione del curatore, ad ammettere o escludere il credito o la garanzia. Nè tale azione il curatore è tenuto a proporre nel giudizio promosso dallo stesso creditore con l’opposizione allo stato passivo, perchè resistendo alla pretesa del creditore conferma la sua precedente contestazione e trasporta nel giudizio di opposizione il contenuto dell’azione revocatoria sostanzialmente proposta in sede di verifica”).

Via via affinatasi col passare del tempo (per i relativi aspetti si vedano, in particolare, le pronunce di Cass., 21 dicembre 1990, n. 12155, di Cass., 26 luglio 2002, n. 11028 e di Cass., 4 novembre 2011, n. 17888), l’elaborazione giurisprudenziale della materia ha poi trovato sbocco nella disciplina articolata dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

11.- Detto intervento legislativo ha provveduto, da un lato, a dare espresso riconoscimento normativo all’utilizzabilità della revocatoria nella sede della verifica del passivo (la parte finale dell’art. 95 L. Fall., comma 1, disponendo appunto che il “curatore può eccepire… l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione”). Dall’altro, ha fornito a questa forma di utilizzabilità della revocatoria una veste e una conformazione più delineate.

Nel sistema oggi vigente, dunque, la possibilità di introdurre detto strumento nel procedimento di verifica copre senza dubbio alcuno l’intera area delle situazioni di inefficacia considerate nella sezione della legge fallimentare dedicata agli atti pregiudizievoli ai creditori (per un’applicazione relativa alla previsione dell’art. 64 L. Fall., v. Cass., 17 maggio 2012, n. 7774; la citata norma dell’art. 95, peraltro, abilita il curatore a formulare eccezioni per ogni caso di inefficacia). Nè la utilizzabilità dello strumento in sede di opposizione risulta in qualche modo condizionata da una sua preventiva enunciazione in sede di ammissione al passivo o dal suo inserimento nel programma di liquidazione, come pure dalla proposizione in via autonoma della corrispondente azione (cfr. Cass., 25 settembre 2018, n. 22784).

Per altro verso, la sua utilizzabilità risulta oggi limitata al livello di proposizione di un’eccezione revocatoria (pur se anche nell’ipotesi di avvenuta prescrizione dell’azione: Cass., 15 maggio 2020, n. 9136), senza potersi più spingere sino al dispiegamento di una riconvenzionale revocatoria, secondo quanto si riteneva invece possibile nel regime anteriore alla riforma (cfr., ad esempio, Cass. n. 11029/2002): in effetti, l’attuale sistema forgiato dagli artt. 98 e ss. L. Fall. non tollera in linea generale l’introduzione di domande riconvenzionali da parte della curatela (cfr., per tutte, Cass., 31 luglio 2017, n. 19003; Cass., 6 settembre 2019, n. 22386). Con il conseguente abbandono della tradizionale qualificazione dell’intervento così promuovibile dal curatore negli ampi termini di “revocatoria incidentale”; e con la pure conseguente restrizione del raggio di azione del curatore alla sola richiesta di “paralizzare la pretesa creditoria”, il giudice non dichiarando “l’inefficacia del titolo del credito o della garanzia, nè disponendo la restituzione”, ma limitandosi a “escludere il credito o la prelazione, a ragione della revocabilità del relativo titolo, con effetti limitati all’ambito della verifica dello stato passivo al quale la richiesta del curatore è strettamente funzionale (cfr. così la già citata pronuncia di Cass. n. 26504/2013).

12.- Non ha luogo provvedersi alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità, non essendosi costituito l’intimato Fallimento.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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