Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26866 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 09/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13155-2015 proposto da:

VITALE & DIQUATTRO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, P.IVA (OMISSIS), in

persona del liquidatore e legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA AA. CAPPONI 16, presso lo studio

dell’avvocato CARLO CERMIGNANI, rappresentato e difeso dall’avvocato

GUGLIELMO BARONE, in virtù di mandato speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, Cf. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1070/18/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI PALERMO – SEZIONE DISTACCATA DI CATANIA, emessa il

27/02/2014 e depositata il 27/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito l’Avvocato Carlo Cermignani (delega Avvocato Guglielmo Barone),

per la ricorrente, che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La società Di Vitale & Diquattro s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza resa dalla CtR Sicilia indicata in ricorso con la quale è stata confermata la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso contro il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle entrate sull’istanza di rimborso dell’IVA versata per gli anni dal 1990 al 1992. Secondo il giudice di appello era decisiva la circostanza, già ponderata dal giudice di primo grado, per cui al rimborso dell’IVA ostava la sua contrarietà al diritto comunitario.

Si è costituita l’Agenzia delle entrate con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria. Il procedimento pò essere definito con motivazione semplificata.

L’unico motivo di ricorso proposto dalla società contribuente, fondato sulla violazione della L. n. 289 del 1992, è manifestamente infondato alla luce dei principi recentemente affermati dalla Corte di Giustizia – Corte giust., 15 luglio 2015, C-82/2014 – sul rinvio pregiudiziale sollevato da questa Corte con ordinanza n. 10242/2013, a tenore dei quali gli artt. 2 e 22 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale, come la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, della Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Finanziaria 2003), la quale prevede, in seguito al terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, a beneficio delle persone colpite da quest’ultimo, una riduzione del 90% dell’imposta sul valore aggiunto normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, riconoscendo in particolare il diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte a titolo di imposta sul valore aggiunto, in quanto la suddetta disposizione non soddisfa i requisiti del principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta nel territorio italiano.

Ne consegue che il giudice di appello si è pienamente conformato al principio di diritto di recente espresso da Cass. n. 25278/2015, secondo il quale in terna d’IVA, il diritto eurounitario osta all’applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, che, nel prevedere a beneficio delle persone colpite dal terremoto nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa una riduzione del 90 per cento dell’imposta sul valore aggiunto, normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, riconoscendo il diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte a tale titolo, non soddisfa il principio di neutralità fiscale e non consente la riscossione integrale di tale tributo nel territorio italiano, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 15 luglio 2015, in C-82/2014.

Le superiori conclusioni resistono ai rilievi difensivi esposti in memoria dalla parte ricorrente, la quale ipotizza una contrarietà della pronunzia della Corte di giustizia resa nel luglio 2015 con il canone di cui all’art. 3 Cost. in quanto essa avrebbe creato una disparità di trattamento fra i soggetti che avevano chiesto la restituzione del tributo versato con la decurtazione del 10 per cento ai quali il giudice eurounitario aveva impedito il riconoscimento del condono e quei contribuenti che avevano beneficiato del condono versando il 10% del dovuto, per i quali la vicenda, secondo la parte ricorrente, sarebbe stata definita in via meramente amministrativa – cfr. pag. 2 memoria-.

Ora, tale prospettazione è destituita di fondamento, in quanto la ricordata ordinanza della Corte di giustizia non ha inteso in alcun modo differenziare la posizione del contribuente a seconda dell’avvenuto versamento della percentuale dell’IVA in forza della norma condoniale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 1, comma 17 ovvero della richiesta di rimborso dell’IVA interamente versata con la decurtazione del 10 per cento. Tanto si evince in modo netto dalla ricordata ordinanza, nella quale i principi espressi sono stati riferiti ad entrambe le ipotesi: v. infatti, p.21 ord. cit.:”… occorre innanzitutto constatare che i beneficiari della misura introdotta dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, indipendentemente dal fatto che abbiano pagato o meno l’IVA dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, devono in ogni caso essere soggetti passivi per poter beneficiare, con riferimento all’IVA, di tale misura”; cfr., ancora p. 25 ord.cit.: “…la misura introdotta dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ha come effetto, da un lato, non di alleggerire, per quanto riguarda l’IVA, il carico fiscale dei soggetti passivi, bensì di consentire ad alcuni soggetti passivi di conservare o incamerare somme pagate dal consumatore finale e dovute all’amministrazione finanziaria.”.

Il ricorso va quindi rigettato.

Ricorrono giusto motivi per compensare le spese del giudizio, in relazione all’intervento chiarificatore della Corte di Giustizia.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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