Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26861 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26861 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 31412-2007 proposto da:
MADEDDU EFISIO,

CANCEDDA ADELINA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PIEVE DI CADORE 30 PAL. 6,
presso lo studio dell’avvocato GUALTIERI GIUSEPPE,
rappresentati e difesi dall’avvocato FENUDI CARMELINO;
– ricorrenti contro

MEREU

BONARIA

MREBNR41H66D260P,

SECCI

EFISIO

SCCFSE38M21F260P, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA FABIO MASSIMO 107, presso lo studio dell’avvocato
ALAJMO FILIPPO, rappresentati e difesi dall’avvocato

Data pubblicazione: 29/11/2013

MASSACCI ANDREA;
– con troricorrenti –

avverso la sentenza n. 190/2007 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 05/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/10/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato LUCA DE ANGELIS,
dell’Avvocato

CARMELINO

FENUDI

con delega

difensore

dei

ricorrenti, che si riporta agli scritti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’improcedibilita’ del ricorso ex art. 369 c.p.c. n.

2,

in subordine per il rigetto del ricorso o per

l’infondatezza dello stesso.

$

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28-1-1998 Efisio Madeddu e Adelina Cancedda convenivano in
giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari Efisio Secci chiedendo l’accertamento giudiziale dei confini
tra alcuni terreni siti in agro di Decimoputzu, distinti in catasto al f. 19 mappali 226 (ex 102/a)

Si costituivano in giudizio il Secci e Bonaria Mereu, quest’ultima volontariamente quale
comproprietaria dei mappali 91 e 92, contestando il fondamento della domanda attrice, e
proponendo domanda riconvenzionale relativa all’accertamento del loro diritto di proprietà per
intervenuta usucapione su di un tratto di terreno contornato in rosso nella planimetria allegata,
oggetto del contrasto con le controparti.

Il Tribunale adito con sentenza del 30-9-2004 accoglieva la domanda attrice e rigettava la
domanda riconvenzionale.

Proposto gravame da parte del Secci e della Mereu cui resistevano il Madeddu e la Cancedda
formulando altresì un appello incidentale la Corte di Appello di Cagliari con sentenza del 5-6-2007,
in totale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato gli appellanti principali proprietari
per intervenuta usucapione della striscia di terreno posta in agro di Decimoputzu, località Forada
San Giorgio, tra i mappali 91, 92 e 102 di metri quadrati 300 circa, interlineata in rosso nella
planimetria in atti, ed ha condannato il Madeddu e la Cancedda al rimborso in favore degli
appellanti principali delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Avverso tale sentenza il Madeddu e la Cancedda hanno proposto un ricorso basato su due motivi
cui il Secci e la Mereu hanno resistito con controricorso depositando successivamente una
memoria.

1

appartenente agli attori, e 91 e 92 appartenenti al convenuto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando vizio di motivazione ed omesso esame del fatto
decisivo in senso proprio, censurano la sentenza impugnata per non aver dato la dovuta rilevanza
alle deposizioni dei testi Francesco Marongiu, Salvatore Branchina e Giovanni Raccis, valutate

convincimento sulle dichiarazioni dei testi Antonio Mereu e Raffaele Mereu, cugini di Bonaria
Mereu – la cui attendibilità era compromessa dal vincolo di parentela con quest’ultima – i quali
comunque non avevano mai affermato la sussistenza di un possesso continuato ed esclusivo delle
controparti sul terreno per cui è causa; essi inoltre aggiungono che la Corte territoriale ha poi
valorizzato le dichiarazioni dei testi Salvatore Bellu e Pietro Pisano stravolgendo totalmente le loro
deposizioni; neppure è stato considerato che i testi indotti dalle controparti avevano fatto
riferimento ad un palo dell’Enel che, a loro dire, si trovava sul posto da oltre trenta anni, mentre
era risultato che detto palo era stato ivi collocato nel 1978, ovvero in epoca successiva a quanto
dai testi affermato.

I ricorrenti assumono poi che il mancato esame di elementi probatori costituiti dalle deposizioni
dei testi indotti dagli esponenti contrastanti con quelli posti a fondamento della decisione
impugnata integra un omesso esame di fatti decisivi, posto che le risultanze processuali non
esaminate erano tali da invalidare con un giudizio di sostanziale certezza e non di mera probabilità
l’efficacia probatoria delle altre emergenze sulle quali era maturato il convincimento del giudice di
appello.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto raggiunta da parte degli appellanti la prova dell’intervenuto
acquisto per usucapione del terreno per cui è causa a seguito di un possesso continuo e non
2

comunque in modo non corrispondente al vero, e per avere invece fondato il proprio

interrotto per oltre venti anni; in particolare al riguardo ha valorizzato le concordi deposizioni dei
testi indotti dagli appellanti principali in ordine alla utilizzazione del fondo in questione per scopi
agricoli per il suddetto periodo di tempo da parte di Efisio Secci e prima di lui da parte di suo
padre, ed al fatto – riferito specificatamente dal teste Antonio Mereu ma confermato anche da

congiungente tra un palo della luce, posto all’interno della ideale linea di confine, ed una strada
vicinale, coincidente con quella esterna del contorno in rosso della mappa mostrata al teste.

Il giudice di appello ha altresì preso in considerazione le deposizioni dei testi indotti dagli appellati,
rilevando che esse, avendo riferito di sconfinamenti occasionali da parte loro sul terreno oggetto
di causa per esigenze di aratura e coltivazione di esso, come tali inidonei ad interrompere il
possesso delle controparti, non toglievano credibilità alle dichiarazioni dei testi indotti dal Secci e
dalla Mereu; ha comunque evidenziato che, alla luce di quanto già affermato in ordine all’epoca in
cui era iniziato il possesso del fondo in contestazione da parte di Efisio Secci e del di lui padre, il
tempo necessario all’usucapione era già maturato alla data di inizio dei suddetti sconfinamenti.

Avendo quindi la Corte territoriale indicato puntualmente le fonti del proprio convincimento, si è
in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale
insindacabile in questa sede; invero i ricorrenti con le censure in esame tendono
inammissibilmente a prospettare una diversa e ad essi più favorevole considerazione degli
elementi probatori acquisiti, trascurando di considerare che la valutazione delle risultanze delle
prove ed il giudizio sulla attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati
al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che
ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi non
accolti, anche se allegati dalle parti.
3

altri testimoni – che la linea di confine tra le rispettive proprietà, di senso rettilineo, era data dalla

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono vizio di motivazione della sentenza impugnata che,
pur avendo respinto la domanda di risarcimento danni ex art. 278 c.p.c. proposta dagli appellanti
principali, ha condannato gli esponenti al rimborso delle spese di entrambi i gradi di giudizio senza
offrire argomentazioni circa la ritenuta totale soccombenza degli appellati, nonostante una delle

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha condannato gli appellati al rimborso delle spese di entrambi i gradi di
giudizio ritenendo, sia pure implicitamente, che la soccombenza di questi ultimi sulla domanda di
usucapione fosse di gran lunga più rilevante, nell’economia del giudizio, rispetto alla soccombenza
degli appellanti principali sulla domanda accessoria di risarcimento danni; in proposito deve
richiamarsi l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui in tema di spese processuali il
sindacato di questa Corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale
le spese stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, e che pertanto
esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione sulla
opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di reciproca
soccombenza, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (vedi da ultimo in tal senso Cass. 196-2013 n. 15317).

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di euro 200,00 per spese e di euro
3.000,00 per compensi.
4

due domande formulate dalle controparti non fosse stata accolta.

Il Presidente

Così deciso in Roma il 30-10-2013

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