Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26854 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/10/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 21/10/2019), n.26854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34405-2018 proposto da:

C.S., P.C., PO.MA., M.P.,

PI.MA.LE., I.M.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato

GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente-

avverso il decreto n. 1390/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 07/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 2382 del 7/5/2018, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore dei ricorrenti la somma di Euro 1.584,00, a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo incardinato ai sensi della L. n. 89 del 2001, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 203,00, oltre accessori e spese di bollo, pari ad Euro 8,00, distratte in favore dei difensori antistatari.

Avverso tale decreto Pi.Ma.Le., C.S., Po.Ma., P.C., I.M.C., M.P. propongono ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c., comma 2 e delle previsioni di cui al D.M. n. 55 del 2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso spese di lite al disotto del minimo legale.

L’Amministrazione ha resistito ai soli fini della eventuale discussione orale.

Il motivo è fondato.

Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla L. n. 89 del 2001 (Cass. n. 1018/2018), l’opinione secondo la quale il D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del D.M. stesso Ministero 20 luglio 2012, n. 140, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.

Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.

Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 405,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 (Euro 1.198,50, di cui Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale) tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,00 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.), non emergendo nemmeno che la decisione gravata abbia motivato in merito all’applicabilità o meno dell’aumento ricollegato alla difesa di più parti.

Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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