Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26853 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 25/11/2020), n.26853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35985-2018 proposto da:

AM. SRL, in persona dell’amministratore delegato e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

G. MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA

CIPOLLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MAURIZIO LOGOZZO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2206/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 16/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 1420/16, sez. 12, respingeva il ricorso proposto dalla Am. srl avverso l’avviso d’accertamento (OMISSIS) per rendita catastale.

Avverso detta decisione la società contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Lombardia che, con sentenza 2206/18, rigettava l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la società contribuente sulla base di tre motivi con memoria.

L’Amministrazione ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, sotto il profilo della violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, che la sentenza impugnata non abbia riconosciuto la mancanza di adeguata motivazione da parte dell’avviso di accertamento sia sotto il profilo della ratio effettiva della procedura di riclassamento della microzona.

Con il secondo motivo lamenta, in particolare, che la Commissione non abbia tenuto conto della e non abbia motivato circa lo stato e le caratteristiche dell’immobile procedendo, invece, ad un classamento standardizzato senza valutare le differenze esistenti tra lo stato dell’immobile di sua proprietà e quelli presi a base di confronto dall’accertamento.

Con il terzo motivo propone analoga censura sotto il profilo della nullità della sentenza per carenza di motivazione.

Il primo motivo è inammissibile.

Il presente giudizio, come affermato chiaramente dalla sentenza impugnata, ha per oggetto il variamento del classamento dell’immobile della società ricorrente a seguito di procedura DOCFA.

Tale procedura ha caratteristiche procedimentali del tutto diverse dalla procedura di riclassamento per microzone ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Parimenti il provvedimento di classamento emesso a seguito della procedura Docfa presenta elementi e caratteristiche diversi di quello di cui al citato riclassamento per microzone.

Ebbene, gli argomenti svolti con il primo motivo e la giurisprudenza citata riguardano tutti una ipotetica procedura di riclassamento per microzona e non già quella per cui è causa di revisione catastale a seguito di procedura Docfa.

E’ fin troppo nota la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla motivazione richiesta per i provvedimenti emessi in quest’ultimo caso e, cioè,che, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso. (da ultimo ex plurimis Cass. 31809/18 – Cass. 12777/18).

Sulla base di tale giurisprudenza la Commissione regionale ha rilevato che l’atto di accertamento conteneva tutti gli elementi necessari per la sua legittimità e, in particolare, richiamava la dichiarazione Docfa della contribuente ed i dati acclarati dall’Agenzia per il territorio

Gli argomenti svolti nel motivo sono dunque del tutto inconferenti e lo stesso è quindi inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo motivo.

La società ricorrente fa infatti riferimento alla normativa del riclassamento per microzone non applicabile al caso di specie contestando che sarebbe stato effettuato un accertamento standardizzato senza avere tenuto conto delle caratteristiche dell’unità immobiliare e senza contraddittorio.

Si osserva peraltro per completezza che la sentenza impugnata dà comunque conto delle caratteristiche dell’immobile rilevandone la sua “chiara natura prestigiosa non solo per la sua collocazione strategica nel pieno centro di Milano ma anche per le caratteristiche architettoniche di pregio storico vieppiù valorizzate dalla recente ristrutturazione, così come emerge dalla documentazione fotografica prodotta dall’Ufficio”.

Il terzo motivo con cui si lamenta la carenza di motivazione in ordine alle caratteristiche dell’immobile è manifestamente infondato alla luce della motivazione della sentenza dianzi riportata che ha individuato le caratteristiche fondamentali dell’immobile e che, quindi, non può ritenersi carente.

Sotto un diverso profilo la prospettazione della ricorrente, adducendo elementi di valutazione e caratteristiche dell’edificio, tende a richiedere a questa Corte una inammissibile valutazione di merito.

Il ricorso va in conclusione respinto.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 1500,00 oltre spese prenotate a debito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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