Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26851 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. II, 14/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21243-2006 proposto da:

M.V., (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G.M. LANCISI 31, presso lo studio dell’avvocato INGLESE

CARLO LEONE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.A., F.G., T.P., F.

M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2220/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato INGLESE Carlo Leone, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 3-4-2000 il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da M.V., dichiarava i convenuti F.G., T.P., M. A. e F.M. tenuti a concorrere alle spese per il completamento delle parti comuni di un edificio in (OMISSIS) e, per l’effetto, condannava il F. e la T. a rimborsare all’attore la somma di L. 6.803.677, e il M. e la F. a rimborsare la somma di L. 6.322.490. Il Tribunale, inoltre, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava l’attore al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di L. 2.171.745 in favore del M. e della F. e di L. 2.543.370 in favore del F. e della T.. In motivazione, il giudice di primo grado rilevava, con riferimento alla domanda principale, che gli acquirenti degli immobili dovevano contribuire al completamento dei lavori alle parti comuni, con riferimento alla data di acquisto; e, con riguardo alla domanda riconvenzionale, che i fenomeni di condensa verificatisi negli appartamenti dei convenuti dipendevano dal fatto che l’appartamento sovrastante di proprietà del M. non era stato completato.

Con sentenza depositata il 19-5-2005 la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione dall’attore.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M., sulla base di tre motivi, successivamente illustrati con una memoria.

Gli intimati non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’erronea motivazione e l’omesso esame di punti decisivi della controversia. Rileva che la Corte di Appello ha dato per provato il presupposto, ritenuto dal C.T.U. e dal primo giudice, che gli appartamenti sovrastanti quelli dei convenuti non fossero stati completati. Nel sostenere che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, il M. non ha mai ammesso che i detti appartamenti fossero privi di pavimenti, porte e finestre, fa presente che le foto prodotte in giudizio dall’attore descrivono lo stato di incompletezza delle parti comuni dell’edificio e risalgono, comunque, al 1990, mentre l’evento lesivo lamentato dai resistenti è insorto alla fine del 1993, come documentato dalla lettera di denuncia inviata dall’avv. De Propris all’attore il 27-10-1993, prodotta dagli stessi convenuti. Aggiunge che anche la perizia di parte depositata dai convenuti riferisce solo dello stato di incompletezza di parti comuni dell’edificio, e non vale quindi a dimostrare lo stato di incompletezza degli appartamenti sovrastanti.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame della richiesta subordinata di ammissione della prova testimoniale già avanzata e non considerata in prime cure, nonchè l’omesso esame delle note critiche del C.T.P. alla relazione del C.T.U. su punti decisivi della controversia, inerenti alla mancanza di nesso di causalità tra i rilevati fenomeni di condensa e l’asserito stato di incompletezza degli appartamenti sovrastanti.

2) I due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Deve in primo luogo rilevarsi che dalla lettura della sentenza impugnata non risulta che l’appellante abbia reiterato in sede di conclusioni finali la richiesta di ammissione della prova testimoniale che, secondo quanto dedotto dal ricorrente con il secondo motivo, sarebbe stata formulata in primo grado e riproposta con fatto di gravame. La Corte di Appello, pertanto, non era tenuta a pronunciarsi al riguardo, atteso che le istanze istruttorie, non accolte in primo grado e reiterate con l’atto di appello, le quali non vengano riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, devono ritenersi rinunciate (Cass. 27-4-2011 n. 9410).

Quanto alle ulteriori censure, si osserva che la Corte di Appello, nel premettere che al momento dell’espletamento delle indagini tecniche non vi erano danni visibili, essendo stati gli inconvenienti eliminati mediante tinteggiatura, ha motivatamente aderito al giudizio espresso dal C.T.U., secondo cui i danni subiti dagli appartamenti dei convenuti erano dipesi dalla condensa depositatasi lungo le travi in cemento armato, formatasi per il raffreddamento dei solai a causa della mancanza di isolamento dovuto allo stato di incompletezza dell’ultimo piano, di cui il M. si era riservato la proprietà. Nel pervenire a tali conclusioni, la Corte territoriale ha sostanzialmente risposto alle deduzioni svolte dall’appellante, avendo tenuto conto del fatto che le foto prodotte in giudizio (dalle quali risultava la mancanza di finestre, porte e pavimenti negli appartamenti sovrastanti) risalivano al 1990, ed avendo rilevato che proprio la circostanza che i fenomeni di condensa erano cessati allorchè i lavori del piano superiore erano stati completati, faceva ragionevolmente supporre che la causa di tali fenomeni era stata la mancanza di riparo degli appartamenti inferiori dagli agenti atmosferici.

Non sussistono, pertanto, i denunciati vizi di motivazione, avendo il giudice del gravame dato sufficiente conto delle ragioni della propria decisione, indicando gli elementi ritenuti determinanti ai fini della formazione del proprio convincimento e implicitamente disattendendo quelli incompatibili con la soluzione adottata.

Giova rammentare, al riguardo, che l’onere di adeguatezza della motivazione non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, nè che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste svolte. E’, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (tra le tante v. Cass. 20- 11-2009 n. 24542; Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2-8-2001 n. 10569).

Ciò posto, si osserva che con i motivi in esame il ricorrente, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, propone, in buona sostanza, mere censure di merito, con le quali mira ad ottenere una valutazione delle emergenze processuali diversa rispetto a quella compiuta dalla Corte di Appello. Ma, come è noto, i vizi di motivazione denunciabili in cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 28-7- 2008 n. 20518).

3) Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente si duole della violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’erronea motivazione in ordine alla decisione di conferma della pronuncia sulle spese di primo grado resa dal Tribunale.

Anche tale motivo è privo di fondamento.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. Esula, pertanto, da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (tra le tante v. Cass. 31-3-2006 n. 17457; Cass. 16-3-2006 n. 5828; Cass. 2-8-2002 n. 11537; Cass. 14-11- 2002, n. 16012; Cass. 1-10-2002, n. 14095; Cass. 11-11-1996 n. 9840).

Nella specie, pertanto, il giudice di appello, nel ritenere corretta, in ragione della reciproca soccombenza delle parti e della diversa incidenza del valore delle domande, la statuizione adottata dal Tribunale (che aveva compensato per due terzi le spese di primo grado e condannato i convenuti al pagamento del residuo terzo), non è affatto incorso nella violazione dei citati artt. 91 e 92 c.p.c..

Nè sussistono i denunciati vizi di motivazione, apparendo del tutto generiche, in quanto prive di concreti riferimenti al rapporto tra le somme rispettivamente richieste dalle parti e gli importi liquidati in favore della stesse, le deduzioni svolte dal ricorrente, secondo cui la ripartizione delle spese operata dal giudice di merito non sarebbe conforme alle percentuali di reciproca soccombenza.

4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Poichè gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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