Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26850 del 14/12/2011
Cassazione civile sez. II, 14/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26850
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2085-2007 proposto da:
F.D. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE PARIOLI 67, presso lo studio dell’avvocato CEFALONI
ROBERTO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
A.L. (OMISSIS), A.G.
(OMISSIS), A.L. (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo studio
dell’avvocato BLASI SERGIO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
e contro
S.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2289/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 17/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/11/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato MOLLE Anna, con delega depositata in udienza
dell’Avvocato BLASI Stefano difensore dei resistenti che ha chiesto
rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 26.1.99 A.L., A.L. e S.M. citavano avanti al Tribunale di Velletri, F.D. e ne chiedevano la condanna al rilascio del fondo e del sovrastante fabbricato di loro proprietà, ubicati in (OMISSIS), previo accertamento dell’illegittima occupazione da parte di quest’ultima.
La F. si costituiva in giudizio e contestava la domanda avversaria, sostenendo di possedere i cespiti immobiliari in esame da oltre 30 anni e comunque quantomeno dal 1968, come accertato in un precedente giudizio promosso da essa esponente ai sensi dell’art. 1159 bis c.c. contro gli stessi attori, e concluso con sentenza n. 400/83, del tribunale di Velletri che disattendeva la propria domanda per mancato decorso del tempo utile ad usucapire ex art. 1159 bis c.c.. In via riconvenzionale chiedeva accertarsi in suo favore l’acquisto della proprietà dell’immobile per intervenuta usucapione.
L’adito Tribunale di Velletri, con sentenza n. 1275 del 12.6.2001 rigettava la domanda riconvenzionale della convenuta, che condannava al rilascio del fondo. Secondo il tribunale l’effetto interruttivo conseguito alla proposizione della domanda giudiziale, era cessato con il passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito il giudizio, per cui il nuovo termine utile per l’acquisto del diritto non poteva farsi decorrere prima del 25.3.84, per cui nessun tipo di usucapione era maturato. La F. proponeva appello contro la predetta decisione avanti alla Corte d’Appello di Roma, la quale, con sentenza n. 2289/2006 depositata il 17.5.2006 rigettava l’impugnazione, ribadendo che l’opposizione degli appellati nel giudizio definito con la menzionata sentenza nel 1983, manifestava invece la volontà degli stessi di esercitare il loro diritto di proprietà e costituisse di conseguenza atto interruttivo del possesso utile alla pronuncia di usucapione a favore della stessa F..
Avverso la predetta pronuncia quest’ultima ricorre per cassazione sulla base di un solo motivo.
Gli intimati resistono con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1159 bis c.c., artt. 1165 e 2943 c.c. nonchè della L. 10 maggio 1976, n. 346. Deduce che gli odierni intimati, quanto furono convenuti nel primo giudizio contro di loro promosso da essa F. ex art. 1159 bis c.c. e concluso con la sentenza del tribunale di Velletri n. 440/1983, si limitarono a resistere in quel giudizio, eccependo l’incompetenza per valore del pretore adito, senza chiedere la declaratoria di proprietà e il rilascio in proprio favore del cespite immobiliare, sicchè non si produsse solo la sospensione ma non interruzione dell’usucapione, stante la tassatività degli atti interruttivi. La doglianza non ha pregio.
Invero occorre rilevare che quel giudizio venne introdotto ai sensi della L. 10 maggio 1976, n. 346, art. 3, dai comproprietari del fondo con un formale l’atto d’opposizione alla domanda di usucapione ex art. 1159 bis c.c. formulata dalla F.. In effetti, contrariamente a quanto sostenuto (ma non provato) dall’odierna ricorrente, con tale formale opposizione gli attuali intimati manifestarono inequivocabilmente la volontà di esercitare il loro diritto di proprietà, chiedendo espressamente che venisse accertata in capo ad essi la proprietà degli immobili con il recupero della relativa disponibilità; ciò evidentemente, come ritenuto dalla Corte di merito, non poteva non costituire che un chiaro atto interruttivo (e non meramente sospensivo) dell’usucapione, che nella fattispecie non si era ancora maturata al momento della proposizione della domanda della F., come ha ampiamente e compiutamente argomentato il giudice del merito.
Il ricorso, dunque dev’essere rigettato; le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011