Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2685 del 05/02/2010

Cassazione civile sez. I, 05/02/2010, (ud. 15/10/2009, dep. 05/02/2010), n.2685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20481-2006 proposto da:

N.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EURIALO 10, presso l’avvocato D’ASTICE

FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE

SANNA EDUARDO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO S.P.A. (c.f. (OMISSIS) e P.I. (OMISSIS)),

nella qualità di società incorporante della CASTELLO GESTIONE

CREDITI S.R.L., procuratrice di CASTELLO FINANCE S.R.L. e di BANCA

INTESA S.P.A. (a sua volta incorporante della INTESA GESTIONE CREDITI

S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 10, presso

l’avvocato LUDOVISI FABIO, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1725/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/10/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato LUDOVISI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

lette le conclusioni dedotte dal Cons. Deleg. SALVAGO:

ricorrendo una delle ipotesi di cui all’art. 375 c.p.c., n. 5, il

ricorso debba essere deciso in camera di consiglio.

Il P.G. dott. GOLIA AURELIO si riporta alle conclusioni già espresse

dal suo ufficio.

Fatto

FATTO E MOTIVI

Il Tribunale di Viterbo, con sentenza del 31 ottobre 2002, dichiarò inammissibile l’opposizione tardiva di N.L. contro il Decreto 18 febbraio 1995 con cui il Presidente dello stesso Tribunale gli aveva ingiunto il pagamento alla Cassa di Risparmio di Viterbo, poi intesa Gestione Crediti, della complessiva somma di L. 2.075.551.998, e respinse la querela di falso dell’opponente avente per oggetto la relata di notifica dell’ingiunzione.

L’impugnazione del N. è stata rigettata dalla Corte di appello di Roma con sentenza 6 aprile 2006, in quanto la prova testimoniale assunta per dimostrare la falsa attestazione dell’avvenuta notifica del decreto tramite consegna ad un incaricato della recezione addetto allo stabile non aveva avuto esito favorevole all’opponente.

Per la cassazione della sentenza il N. ha proposto ricorso per 2 motivi,con i quali deduce violazione e falsa applicazione degli art. 2722 e 2697 cod. civ., nonchè di norme processuali,oltre ad illogicità e contraddittorietà di motivazione nella valutazione delle risultanze istruttorie, sostanzialmente lamentando: a) di avere ammesso a provare l’esistenza di un portiere (che aveva ricevuto la notifica) presso il fabbricato di (OMISSIS), invece escluso dal libro matricola della società proprietaria, nonchè dalla dichiarazione del suo rappresentante legale; e di avere interpretato in modo illogico ed erroneo le deposizioni dei testi escussi sulla circostanza; b) di non avere applicato il disposto della L. n. 890 del 1982, art. 7 che imponeva all’Intesa di notificare il decreto alla parte personalmente, quindi in mancanza alle persone indicate dalla norma, ed infine al portiere effettivo dello stabile,e non a persona ritenuta tale dall’ufficiale postale o addirittura ad un anonimo, come era avvenuto nel caso concreto.

Ha resistito con controricorso la s.p.a. Italfondiario, subentrata all’Intesa; ed è stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. che ha concluso per la ricorrenza di un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5.

Come, infatti si legge in detta relazione, che il Collegio condivide:

A) la sentenza impugnata si è attenuta al principio ripetutamente enunciato da questa Corte per cui “Nella ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto unicamente quale addetto alla ricezione, dichiarandosi incaricato del destinatario a tale mansione, ed in detta veste venga indicato sull’originale che riporta la relata dell’Ufficiale giudiziario procedente, senza alcun riferimento alle concomitanti funzioni connesse all’incarico afferente al portierato, ricorre la presunzione legale (iuris tantum) della qualità dichiarata, la quale per essere vinta abbisogna di rigorosa prova contraria da fornire da parte del destinatario” (Cass. 24798/2005; 7827/2005; 14191/2000).

B) Per converso il ricorrente,destinatario della notifica del decreto ingiuntivo non ha fornito siffatta prova contraria offerta tramite querela di falso della relata di notifica ove si attestava che l’atto era stato ricevuto dal portiere dello stabile, in quanto: 1) ha incentrato la prova in questione sulla inesistenza di un rapporto di lavoro subordinato,qualificabile come portierato, in capo al proprietario dello stabile o al condominio, peraltro traendola dai libri paga e matricola della società proprietaria dell’edificio, del tutto ininfluenti, invece, a fornire o ad escludere il relativo rapporto; e neppure decisiva al lume della giurisprudenza di legittimità la quale non richiede ai fini della validità della notifica che sussista una portineria o che l’atto venga consegnato al soggetto vincolato da un rapporto di lavoro subordinato qualificabile come “portiere” di uno stabile tessendo al riguardo sufficiente l’esistenza di un custode o ad altra persona comunque addetta alla distribuzione della posta al destinatario (Cass. 375/2008; 6754/2005;

16164/2003); 2) la prova testimoniale offerta è stata smentita da quella contraria ‘della società contro ricorrente, ritenuta dalla Corte di appello ben più solida e coerente,anche perchè ricavata proprio dalle deposizioni di coloro che per anni furono addetti alla consegna della posta ai condomini dello stabile: perciò conclusivamente risultando inidonea a dimostrare l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario dell’atto giudiziario, comportante una delle qualità su indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario;

C) ha ritenuto inammissibilmente, infine, di dimostrare l’asserita contraddittorietà ed illogicità della valutazione e ricostruzione delle risultanze istruttorie compiute dalla decisione impugnata, attraverso la contrapposizione di una valutazione propria, e più favorevole: senza tenere in alcun conto la giurisprudenza del tutto pacifica nell’enunciare la regola che (anche) la valutazione delle risultanze della prova testimoniale e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla loro credibilità involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito; il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra alcun limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare ogni deduzione difensiva (Cass. 1554/2004;

1291272004; 16034/2002). E che d’altra parte non rientra nei vizi di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'”iter” formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma suddetta.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte,rigetta il ricorso per manifesta infondatezza e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della s.p.a. Italfondiario in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2010

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