Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26847 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26847 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

Data pubblicazione: 29/11/2013

Poteri società
committente —
Onere della prova

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17359/07) proposto da:
SAIMI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to Guido Mussi del foro di Massa e dall’Avv.to
Fabrizio Dionisio del foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in
Roma, viale Mazzini n. 6;
– ricorrente contro
Arch. CORRADETTI GIOVANNI, rappresentato e difeso dall’Avv.to Giuseppe Gabbrielli del foro di
Firenze, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’Avv.to Angela Livi in Roma, via Leone IV n. 38;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

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m

Nonché sul ricorso incidentale (R.G. n. 20837/07) proposto dal controricorrente nei confronti della
medesima ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1046 depositata il 19 ottobre 2006 e

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 6 giugno 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carmelo
Sgroi, che — in assenza di entrambe le parti costituite – ha concluso per l’improcedibilità ed in
subordine per il rigetto del ricorso principale, nonché il rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’arch. Giovanni CORRADETTI chiedeva ed otteneva in data 13 dicembre 1989 dal Presidente
del Tribunale di Firenze decreto ingiuntivo per l’importo di £. 32.509.801 nei confronti della SAIMI
s.p.a., corrente in Massa Carrara, in relazione ad attività professionali che sosteneva di avere
prestato in suo favore.
Proposta tempestiva opposizione dalla ingiunta, eccependo l’incompetenza per territorio del
giudice adito e negando di avere comunque incaricato l’ingiungente di svolgere l’attività per la
quale rivendicava il compenso, il giudice adito rimetteva le parti avanti al Tribunale di Massa,
notificato in data 22 giugno 1990 l’atto di riassunzione dal CORRADETTI, ma non iscritto a ruolo,
per cui il giudizio veniva riassunto in data 6 settembre 1990 dalla SAIMI avanti al Tribunale
indicato quale territorialmente competente.
Chiesto ed ottenuto dall’arch. CORRADETTI nuovo decreto ingiuntivo dal Presidente del
Tribunale di Massa Carrara, emesso e notificato alla società ingiunta il 26 luglio 1990, la quale
opponeva anche detto decreto eccependo la litispendenza, dichiarando al contempo di
disconoscere la documentazione prodotta. L’ingiungente notificava alla SANI, in data

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notificata, unitamente all’atto di precetto, in data 15.11.2006.

14.11.1990, atto di rinunzia ad avvalersi del primo decreto, rinunzia che non veniva accettata
dalla ingiunta.
Espletata istruttoria, il Tribunale di Massa con sentenza del 15.10.1991/25.3.1992, rispetto al
primo provvedimento monitorio, dichiarava la propria incompetenza funzionale, indicando come

quale con sentenza del 13.10.1993/8.11.1993 dichiarava la nullità del primo d.i., confermata la
competenza del Tribunale di Massa.
Detto giudizio veniva riassunto dal CORRADETTI con atto notificato il 16.11.1993, causa che
veniva riunita a quella già pendente avanti al Tribunale di Massa ed il giudice dichiarato e ritenuto
competente accoglieva l’opposizione e per l’effetto revocava il d.i., respingendo nel merito la
pretesa azionata dal CORRADETTI.
Interposto appello dall’originario ingiungente, il quale assumeva sostanzialmente la arbitrarietà
della valutazione degli elementi di prova effettuata dal giudice di prime cure, la Corte di appello di
Genova, nella resistenza dalla società appellata, dichiarava il non luogo a provvedere quanto al
primo decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Firenze il 13.12.1989; revocava il
d.i. emesso dal Presidente del Tribunale di Massa il 26.7.1990; dichiarava la SAIMI s.p.a. tenuta a
corrispondere all’appellante la somma di £. 18.484.000.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che la rinuncia da parte
dell’ingiungente ad avanzare pretese con riferimento al primo di. non comportava l’abbandono
della pretesa sostanziale sottesa allo stesso, ma esclusivamente la volontà di non proseguire il
giudizio radicato con la prima domanda monitoria ex art. 306 c.p.c..
Quanto al procedimento di opposizione inerente al secondo d.i., emesso dal Presidente del
Tribunale di Massa in data 26.7.1990, rilevava che lo svolgimento materiale dell’attività
professionale da parte dell’arch. CORRADETTI risultava provato dalla produzione delle tavole e
degli elaborati dal medesimo redatti, al pari della circostanza che l’incarico gli era stato conferito

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competente il Tribunale di Firenze, giudizio che veniva riassunto avanti a quest’ultimo giudice, il

da Giovanni Vanelli, nella sede sociale, presente ad alcuni colloqui inerenti l’incarico de quo
l’amministratore delegato della SAIMI, Du Luart. In tal senso riteneva pienamente attendibili le
dichiarazioni rese dai testi Carratù, Bencini e Biselli, per non essere gli stessi titolari di alcun
interesse alle sorti del giudizio, che comunque si compenetravano perfettamente con la versione

(amministratore delegato) a taluni incontri fra il Vanelli (amministratore e direttore generale della
società) e l’architetto negli uffici della SAIMI concretava una cosciente e valida ratifica dell’operato
dell’amministratore, con conseguente riferibilità della volontà dello stesso alla società, irrilevante
ai fini di causa, nei confronti dell’operato del Vanelli, invocare l’art. 2384 c.c., non essendo
quest’ultimo terzo.
Concludeva che il disconoscimento delle scritture attribuite alla SAIMI oltre che generico, non
poteva essere inquadrato nelle previsioni di cui all’art. 214 c.p.c., vedendosi in una tipica
contestazione non della provenienza delle sottoscrizioni dal soggetto che ne risultava l’apparente
firmatario, il Vanelli, bensì la giuridica riferibilità di tale attività alla società, questione che andava
risolta su un diverso piano, dovendo, peraltro, l’eventuale disconoscimento provenire dallo stesso
firmatario. Quanto al merito dell’effettività e della bontà del risultato dell’attività professionale,
questa era stata positivamente vagliata dal consulente tecnico di ufficio.
Avverso la indicata sentenza della Code di appello di Genova ha proposto ricorso per cassazione
la SAIMI s.p.a., articolato su quattro motivi, al quale ha replicato con controricorso il

dei fatti resa da Vanelli e Du Luart. Aggiungeva che la partecipazione del Du Luart

CORRADETTI, presentando anche ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’ad. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale
ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

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NV

A sostegno del ricorso principale il primo mezzo denunzia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 324 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione dell’art.
100 in relazione all’art. 306 c.p.c.: la corte di merito ha dichiarato il non luogo a provvedere
quanto al primo decreto monitorio, ignorando che tale decreto era già stato dichiarato nullo dal

formato oggetto di gravame, né principale né incidentale. Ad avviso della ricorrente sussisterebbe
un proprio interesse ad impugnare questo profilo della decisione quanto alle conseguenze che la
diversa qualificazione comporterebbero in caso di cassazione della decisione. A conclusione
viene posto il seguente quesito di diritto: “Nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo e di
rinunzia della parte istante ad avvalersi del provvedimento monitorio ‘proposto dinnanzi al giudice
incompetente’ ma con riserva di azionare in altra sede il credito esiste o meno interesse
dell’ingiunto a non accettare la rinunzia e ad ottenere una pronunzia nel merito? Costituisce
violazione del principio del dovere di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato modificare un
capo della sentenza sotto un profilo non richiesto né in via di appello principale né in via di
appello incidentale?”.
Al secondo motivo la SAIMI deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 214 c.p.c. in
relazione all’art. 216 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di
onere della prova perché nonostante avesse tempestivamente disconosciuto la apparente
sottoscrizione del suo legale rappresentante nei documenti prodotti dall’intimante e non avendo il
CORRADETTI chiesto la verificazione ex art. 216 c.p.c., la corte di merito ha posto a base del
suo convincimento proprio detti atti. Il mezzo culmina nel seguente quesito di diritto: “In presenza,
da parte de/legale rappresentante di una società di capitali, del disconoscimento di documenti
apparentemente riferibili alla società occorre o meno l’adesione del presunto firmatario? Possono
essere posti a base della decisione documenti disconosciuti e relativamente ai quali non sia stata
chiesta la verificazione?”.

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Tribunale di Firenze con sentenza passata in giudicato, circostanza che peraltro non aveva

Con il terzo motivo la ricorrente nel lamentare la violazione e falsa applicazione dell’art.
2384 c.c., contesta che il CORRADETTI avrebbe potuto legittimamente confidare sui poteri di
rappresentanza del Vanelli, essendo la situazione ben chiara al professionista, il quale era
consapevole che l’accordo riguardava il Vanelli personalmente, tant’è che il rapporto non risulta

della previsione di cui alla norma invocata ad un dipendente. A conclusione del motivo viene
posto il seguente quesito di diritto: “La previsione di cui al secondo comma dell’art. 2384 c.c. che

prevede la non opponibilità al terzo in buona fede dei limiti di rappresentanza dell’amministratore
è applicabile anche al fatto del dirigente che sia privo di poteri di rappresentanza?”.
Con il quarto motivo è denunciata la contraddittorietà della motivazione circa la condanna
al pagamento degli oneri di taratura della notula professionale e delle spese di causa per averli
liquidati nella medesima misura calcolata nel decreto ingiuntivo, nonostante l’importo riconosciuto
per competenze fosse inferiore a quello a suo tempo ottenuto in monitorio. Il mezzo pone il
seguente quesito o momento di sintesi: “E’ possibile riconoscere ad un professionista le spese

sopportate per la taratura di una notula di importo quasi doppio rispetto al credito risultato
effettivamente dovuto? E’ giustificata la condanna alle spese sulla base di una motivazione che
risulta dalla semplice lettura della sentenza errata e contraddittoria ponendo a fondamento della
condanna circostanze che emergono come false dalla sentenza stessa!”.
L’unico motivo del ricorso incidentale, con il quale il CORRADETTI lamenta la
determinazione degli accessori nella misura legale anziché in quella prevista dall’art. 9 della
legge 2.3.1949 n. 143 nonostante la richiesta formulata dall’ingiungente fosse in tale senso, per
avere in appello rinnovato la istanza presentata al giudice di primo grado, a conclusione pone il
seguente quesito di diritto: “Interesse legale è solo quello previsto nel 5% dal codice civile, o

anche qualsiasi interesse che ancorchè in misura diversa sia preveduto dalla legge? Qualora un
ingegnere o un architetto nel domandare la liquidazione del compenso in conformità della tariffa

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in alcun modo annotato nella documentazione sociale, per cui è del tutto errata l’applicazione

professionale approvata con la legge n. 143/1949, richieda gli interessi legali senza ulteriore
specificazione, deve applicarsi la norma di quella tariffa in base alla quale sui compensi dovuti ai
suddetti professionisti spettano gli interessi ragguagliati al tasso ufficiale di sconto? La richiesta

precisazione neppure necessaria dell’originaria istanza?”.
Ciò posto, in via preliminare, ravvisandosi la correttezza delle conclusioni dell’Ufficio di
Procura in pubblica udienza, deve rilevarsi la improcedibilità del ricorso principale, dovendo darsi
atto che nel medesimo ricorso viene affermato che la sentenza impugnata è stata notificata alla
SAIMI s.p.a. in data 13 aprile 2007, ma insieme con il ricorso è stata depositata copia autentica di
detta sentenza non accompagnata dalla specifica relata di notificazione, bensì quella
ragionevolmente allegata all’atto di precetto (notificato in epoca precedente, il 15 novembre 2006)
in violazione di quanto stabilito, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2,
n. 2.
Viene, dunque, in rilievo il principio di diritto secondo il quale la previsione – di cui dell’art. 369
c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al
primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di
notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di
Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto
del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di
impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto
con la osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui la ricorrente, espressamente od
implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una
copia autentica della sentenza impugnata senza detta specifica relata di notificazione, il ricorso
per cassazione deve, quindi, essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la
declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata

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fatta con le conclusioni dell’atto di appello era da considerarsi domanda nuova o semplice

avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, e dovendosi,
invece, escludere ogni rilievo della eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve
da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della
presenza di tale copia nel fascicolo di ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività

n. 9005; Cass. 9 giugno 2008 n. 15233. Sempre nello stesso senso, altresì, tra le altre, Cass. 11
maggio 2010 n. 11376; Cass. 26 aprile 2010 n. 9928; Cass. 18 maggio 2007 n. 11619; Cass. 18
gennaio 2007 n. 1089; Cass. 26 gennaio 2006 n. 1590; Cass. 1 ottobre 2004 n. 19654).
Certo che nella specie la ricorrente, dopo avere affermato, nella parte introduttiva del proprio
ricorso, che la sentenza oggetto del ricorso stesso le è stata “notificata il 13/4/2007”, ha poi
curato il deposito esclusivamente di una copia autentica della sentenza stessa, priva della
specifica relata di notifica richiamata, ma contenente in calce notifica dell’atto di precetto
(avvenuta il 15.11.2006 ed in ordine alla quale data il ricorso sarebbe addirittura tardivo), per cui
è evidente che deve dichiararsi la improcedibilità del ricorso principale.
Non diversa sorte spetta al ricorso incidentale tardivo: infatti, il ricorso incidentale, a sua
volta, perde efficacia, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, essendo stato proposto quando per il
CORRADETTI era decorso il termine di impugnazione. Sotto questo profilo, va data continuità al
principio secondo cui qualora il ricorso principale per cassazione venga dichiarato improcedibile,
l’eventuale ricorso incidentale tardivo diviene inefficace, e ciò non in virtù di un’applicazione

dell’impugnazione (in termini, Cass. sez. un. 16 aprile 2009 n. 9006; Cass. sez. un. 16 aprile 2009

analogica dell’art. 334 c.p.c., comma 2, – dettato per la diversa ipotesi dell’inammissibilità
dell’impugnazione principale – bensì in base ad un’interpretazione logico-sistematica
dell’ordinamento, che conduce a ritenere irrazionale che un’impugnazione (tra l’altro anomala)
possa trovare tutela in caso di sopravvenuta mancanza del presupposto in funzione del quale è
stata riconosciuta la sua proponibilità (Cass., Sez. Un., 14 aprile 2008, n. 9741).

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c]‘

In conclusione, va dichiarato improcedibile il ricorso principale, con conseguente perdita di
efficacia dell’incidentale tardivo.
L’esito del giudizio giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara improcedibile il ricorso principale e la perdita di efficacia di
quello incidentale tardivo;
dichiara le spese del giudizio di Cassazione compensate fra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 6 giugno 2013.

P.Q.M.

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