Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26846 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2020, (ud. 25/09/2020, dep. 25/11/2020), n.26846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19855-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FINCAST SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO ESPOSITO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VALENTINA GUZZANTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 689/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 20 dicembre 2018 la Commissione tributaria regionale della Basilicata dichiarava inammissibile per difetto di specificità dei motivi l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Matera che aveva accolto il ricorso proposto dalla Fincast s.r.l. contro la cartella di pagamento, relativa ad IRES per l’anno d’imposta 2011, emessa da Equitalia Sud S.p.A. a seguito di controllo automatizzato dal quale era emerso che nella dichiarazione presentata dalla consolidata SEMATAF s.r.l. non vi era corrispondenza tra i dati indicati da detta società e quelli dichiarati dalla consolidante Fincast s.r.l..

Osservava, in particolare, la CTR che l’atto di appello “è privo di qualsivoglia motivo di censura e riferimento, diretto o indiretto, alla sentenza impugnata ed alla relativa motivazione, senza alcuna valida contestazione in ordine ai principi di diritto applicabili al caso in esame, nonchè agli istituti giuridici coinvolti, pur posti dalla CTP a base della decisione. In nessun passaggio argomentativo dell’atto di appello, in effetti, è spesa nemmeno una parola, seppur con mera clausola di stile, volta a censurare la decisione adottata in primo grado con la motivazione della sentenza riguardo alla assenza di fatto del diritto della consolidante a scomputare dal reddito di gruppo l’eccedenza ceduta dalla consolidata, neppure indirettamente; l’appellante si è limitato a riproporre in questa sede esclusivamente quanto già dedotto in primo grado, senza muovere alcuna censura specifica al percorso logico motivazionale della sentenza emessa dalla CTP, evidenziandone errori o illogicità”.

Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo.

Resiste con controricorso la società contribuente. L’Agenzia delle entrate-Riscossione non ha svolto difese. Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico mezzo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 96, commi 7 e 8, per avere erroneamente la CTR dichiarato inammissibile l’appello per difetto di specificità dei motivi.

Vanno preliminarmente delibate le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dalla società contribuente.

Lamenta la controricorrente che l’Amministrazione finanziaria, nell’unico motivo dedotto, abbia inammissibilmente articolato contemporaneamente, sovrapponendone i contenuti, due vizi distinti, l’uno afferente alla violazione di norme processuali, l’altro inerente alla violazione di norme sostanziali.

L’eccezione è infondata.

Giova premettere che, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, “L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato” (Cass. n. 4036 del 2014). Nella specie, la ricorrente, pur facendo riferimento al parametro normativo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e invocando (anche) la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 96, commi 7 e 8, prospetta, nella sostanza, un vizio di ordine processuale sussumibile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, concernente l’error in procedendo commesso dalla CTR nel dichiarare inammissibile l’appello per genericità dei motivi; invero, i riferimenti contenuti nel ricorso alla violazione di norme sostanziali ineriscono al contenuto dell’atto di appello ed ai motivi in esso formulati, al fine di dimostrarne la specificità, contrariamente all’assunto della CTR.

Va poi disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, posto che esso soddisfa il requisito della specificità e consente al Collegio di avere piena cognizione della controversia.

Il ricorso è fondato.

La CTR ha ritenuto inammissibile l’appello per avere l’Agenzia delle entrate riproposto le stesse argomentazioni già esaminate in primo grado, senza formulare specifiche censure nei confronti della sentenza impugnata.

In tal modo la commissione tributaria non si è uniformata al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “Nel processo tributario, anche nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado, deve ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che costituisce norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c.,” (Cass. n. 24641 del 2018; in senso conforme, Cass. n. 7369 del 2017).

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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