Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26842 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, (ud. 27/09/2019, dep. 21/10/2019), n.26842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32005/2018 proposto da:

B.A.K., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Giovanbattista Scordamaglia in forza di procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

Procura della Repubblica di Milano;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1372/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/09/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, B.A.K., alias B.A.G., alias B.A., cittadino del Senegal, ha adito il Tribunale di Milano, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di provenire da (OMISSIS), regione di (OMISSIS), di appartenere al gruppo etnico peul, e di professare la religione musulmana; di essere stato costretto dai ribelli nel 2012 a consegnare loro degli animali da lui allevati e di aver taciuto la cosa ai militari che gli avevano chiesto spiegazioni; che in seguito, presso la sua abitazione, vi era stato uno scontro fra ribelli e militari, in occasione del quale erano rimasti uccisi suo fratello e sua madre; di essere perciò fuggito dal suo paese; di temere di essere ucciso dai ribelli che lo ritengono una spia, o di essere arrestato dai militari che lo ritengono un associato ai ribelli.

Con ordinanza del 2/2/2017 il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso, ritenendo la non sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto dal B., a cui ha resistito il Ministero dell’Interno, è stato rigettato dalla Corte di appello di Milano, a spese compensate, con sentenza del 20/3/2018.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso B.A.K. con atto notificato il 19/10/2018, svolgendo un unico motivo.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita con memoria ai soli fini della partecipazione ad eventuale udienza di discussione orale in data 7/1/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

Il ricorrente si duole del fatto che la Corte abbia omesso di procedere alla necessaria comparazione tra l’integrazione sociale e lavorativa del ricorrente (ampiamente documentata sotto il profilo dell’assunzione lavorativa con continuità dal 2016 al momento della decisione, della fiducia goduta presso il datore di lavoro, della ricerca di una abitazione) e la situazione personale del richiedente che avrebbe dovuto essere valutata non solo con riferimento al rischio di minaccia grave e individuale alla vita derivante da violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ma anche con riferimento al rischio di morte o trattamenti inumani e degradanti delle altre previsioni di cui al predetto art. 14, tenendo conto della sua situazione di vulnerabilità soggettiva.

1.2. Diversamente da quanto lamentato dal ricorrente, la Corte milanese, dopo aver dato atto di un certo grado di inserimento del richiedente nel contesto italiano con l’assunzione lavorativa del 2016 e aver sottolineato la non sufficienza di tale elemento a giustificare il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha preso in considerazione le condizioni generali del Senegal escludendo espressamente un possibile pregiudizio scaturente dal rimpatrio del richiedente nel Paese di origine, ritenuto ormai stabilizzato.

Il ricorrente si duole della mancata considerazione di un rischio personale di esposizione a pena di morte o trattamenti inumani o degradanti, in modo del tutto teorico e svincolato da un fattore specifico di vulnerabilità personale, che solo potrebbe giustificare in combinazione con un apprezzabile grado di inserimento socio-lavorativo il riconoscimento della tutela auspicata, alla luce del regime previgente alle modifiche normative apportate dal D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018.

1.3. Il ricorrente aggiunge che l’unico report menzionato dalla Corte territoriale nulla diceva circa la situazione generale del Casamance in contrasto con le allegazioni dell’atto di appello.

Con la censura, generica e riversata nel merito, il ricorrente mostra il proprio dissenso rispetto alla valutazione operata dalla Corte territoriale, con debita citazione delle fonti internazionali consultate, tra l’altro esprimendo le proprie considerazioni critiche circa le fonti valorizzate dal ricorrente in atto di appello (Sito (OMISSIS) del Ministero degli Esteri), contenenti informazioni utili per la valutazione dei rischi corsi dai turisti stranieri più che dai cittadini locali.

2. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

Poichè risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere stata ammessa al Patrocinio a spese dello Stato non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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