Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26841 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 25/11/2020), n.26841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28224/2014 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato MAURO MONTINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO LOVO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato DARIO MARINUZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 559/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/08/2014 r.g.n. 865/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GAETANO ZURLO, per delega verbale MARCO LOVO;

udito l’Avvocato DARIO MARINUZZI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di F.E. volta ad ottenere la riliquidazione dell’indennità premio di fine servizio da calcolarsi sul trattamento economico dell’ultimo anno, relativo all’incarico di direttore dei servizi sociali, e non sulla minore retribuzione percepita nel ruolo di provenienza.

La Corte ha esposto che la ricorrente,ex dipendente dell’Azienda USL (OMISSIS) di Empoli con inquadramento nella categoria D, dal 1996 fino alla data del pensionamento era stata nominata prima coordinatore e poi dal 31/3/2008 direttore dei servizi sociali con contestuale collocamento in aspettativa; che secondo la F. tale figura era da equipararsi, in base alla legislazione regionale toscana, a quella di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario con conseguente applicabilità del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis, comma 11 (relativo al riordino della disciplina sanitaria) e rilevanza del trattamento economico superiore, ai fini del calcolo del premio di fine servizio. La Corte territoriale ha ritenuto infondata la tesi della lavoratrice. Ha affermato infatti, che la delega alle regioni, prevista dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 quater, affinchè disciplinassero forme e modalità per la direzione ed il coordinamento delle attività socio sanitarie, non attribuiva anche il potere di determinare il regime previdenziale di dette figure, materia di esclusiva potestà legislativa (art. 117 Cost.); che la legislazione regionale (L.R. Toscana n. 42 del 1992, art. 14, comma 5 e successiva modifica), prevedeva l’estensione al direttore dei servizi sociali delle disposizioni previste per il direttore sanitario e per il direttore amministrativo dall’art. 3 bis, commi 8 e 11, solo in quanto compatibili; che la successiva L.R. Toscana n. 40 del 2005, che dettava una disciplina organica del servizio sanitario regionale sostitutiva di quella precedente, stabiliva, dell’art. 40, comma 9, che la nomina a direttore dei servizi sociali determinava il collocamento in aspettativa senza assegni ed il diritto al mantenimento del posto; che, pertanto,la legislazione regionale non estendeva al direttore dei servizi sociali la disciplina previdenziale prevista dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis, comma 11, limitandosi a disciplinare la possibilità di collocamento in aspettativa dei dipendenti della regione o di enti regionali designati all’incarico di direttore dei servizi sociali; che infine non era neppure condivisibile la tesi secondo cui del D.Lgs. n. 502 del 1992, successivo comma 12, estendeva ad altre figure la disciplina previdenziale del direttore generale, amministrativo e sanitario posto che la norma estendeva ulteriormente il principio dell’unificazione del trattamento previdenziale anche ai lavoratori autonomi.

La Corte ha quindi concluso per l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis, comma 11, confermando il rigetto della domanda.

2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione la F. con 2 motivi. Resiste l’Inps con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione della L.R. Toscana n. 42 del 1992, art. 14, come modificata dalla L.R. Toscana n. 73 del 1999, art. 1; L.R. Toscana n. 40 del 2005, art. 40; D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis, comma 11.

Deduce che anche per il coordinatore dei servizi sociali, come il direttore generale, amministrativo e sanitario, il calcolo dell’IPS debba essere effettuato sulla base del trattamento economico ricevuto in base all’incarico,stante il richiamo, nella L.R. Toscana n. 42 del 1992 citata, art. 14, comma 5, al D.Lgs. n. 502 del 1992. Lamenta che la Corte ipotizza un’incostituzionalità della norma per violazione dell’art. 117 Cost., qualora intesa come volta ad estendere al direttore dei servizi sociali le norme dei direttori amministrativi e generali in materia previdenziale,senza valutare che il D.Lgs. n. 502, art. 3, comma 1 quater, assegna alle Regioni il compito di disciplinare forme e modalità per la direzione delle attività socio sanitarie e che, dunque, vi era esercizio di una delega al legislatore regionale.

Censura l’affermazione della Corte secondo cui la L.R. Toscana n. 42 del 1992, art. 14, sarebbe stato sostituito dalla norma regionale di cui alla L. n. 40 del 2005, che nulla aveva previsto per il direttore dei servizi sociali, limitandosi a disciplinare la possibilità del collocamento in aspettativa dei dipendenti designati all’incarico di direttore dei servizi sociali.

Osserva, invece, che la L.R. Toscana n. 40 del 2005, non aveva affatto sostituito la disciplina della L.R. Toscana n. 42 del 1992 e che della L.R. n. 40 del 2005, art. 40, commi 8 e 9, era previsto il collocamento in aspettativa per il direttore dei servizi sociali soltanto per i dipendenti regionali o di aziende aventi sede in regione, senza invece introdurre differenze per il calcolo dell’IPS e, dunque, la norma aveva inteso differenziare, per il direttore dei servizi sociali, solo il regime dell’aspettativa.

Censura, altresì, l’affermazione della Corte secondo cui l’art. 3 bis, era applicabile solo in quanto compatibile. Rileva che non si ravvisava alcuna incompatibilità, ma una diversa interpretazione sarebbe stata contrastante con l’art. 3 Cost.: il direttore dei servizi sociali coadiuva il direttore generale, così come il direttore amministrativo e sanitario ciascuno nelle proprie materie.

4.Con il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 152 del 1968, artt. 2, 4, 11 e afferma che anche a non ritenere applicabile l’art. 3 bis, avrebbe, comunque, dovuto calcolarsi l’IPS in base alla retribuzione finale. Rileva, infatti, che la giurisprudenza aveva sempre affermato la tendenziale corrispondenza fra entità della retribuzione ed entità della contribuzione.

5. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati. La ricorrente, ex dipendente dell’Azienda USL (OMISSIS) di Empoli con inquadramento nella categoria D, dal 1996 fino alla data del pensionamento, nominata prima coordinatore e poi dal 31/3/2008 direttore dei servizi sociali, ha chiesto di usufruire del trattamento previdenziale previsto dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis e dunque del calcolo dell’IPS nei medesimi termini stabiliti per il direttore generale, amministrativo e sanitario.

Il citato art. 3 bis, prevede che “La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L’aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza”.

La Corte territoriale, all’esito di un corretto ed approfondito esame della normativa, ha escluso l’applicabilità di detta norma alla figura del direttore dei servizi sociali e tali conclusioni vanno accolte e confermate.

6. Va, in primo luogo, rilevato che è del tutto condivisibile quanto affermato nella sentenza impugnata secondo cui la delega alle regioni prevista dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 quater, affinchè determinassero “forme e modalità per la direzione e il coordinamento delle aree socio sanitarie “,non comporta anche il potere di stabilire il regime previdenziale di dette figure di istituzione regionale,trattandosi di materia, quella previdenziale, attribuita in via esclusiva in base all’art. 117 Cost., alla potestà legislativa statale. Tale argomento non appare superabile e le osservazioni di parte ricorrente non valgono a scalfirne la bontà.

7. Argomenti a favore della tesi di parte ricorrente non trovano fondamento neppure nella L.R. Toscana n. 42 del 1992, art. 14, comma 5. Tale norma stabilisce che” al coordinatore dei servizi sociali si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per il direttore sanitario e per il direttore amministrativo dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3 bis, commi 8 e 11, inserito dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 3, comma 3″. Il regime previdenziale riconosciuto alle figure dirigenziali di cui all’art. 3 bis, non rientra tra le materie estensibili ad altre figure in assenza di specifica normativa in tal senso.

La L.R. Toscana n. 40 del 2005, successivo art. 40, recita al comma 8, che “La nomina a direttore sanitario e a direttore amministrativo determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa ai sensi dell’art. 3-bis, comma 11, del decreto delegato”. Il comma 9, prevede che “La nomina a direttore dei servizi sociali di dipendenti della Regione, di un ente o di una azienda regionale, ovvero di una azienda sanitaria con sede nel territorio regionale, determina il collocamento in aspettativa senza assegni ed il diritto al mantenimento del posto; l’aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta”.

La complessiva disciplina di cui sopra non estende, dunque, al direttore dei servizi sociali la disciplina previdenziale prevista dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis, comma 11, limitandosi a prevedere la possibilità di collocamento in aspettativa dei dipendenti della regione o di enti regionali designati all’incarico di direttore dei servizi sociali. La diversa interpretazione proposta da parte ricorrente non trova riscontro nel chiaro tenore letterale della norma:mentre per direttore amministrativo e sanitario vi è il richiamo all’art. 3 bis, questo manca per il direttore dei servizi sociali.

8. Deve, quindi, concludersi, in mancanza di una norma che equipari il trattamento riservato al direttore generale, amministrativo e sanitario anche al direttore dei servizi socio economici, per l’infondatezza del ricorso, nè si ravvisano profili di incostituzionalità genericamente paventati dal ricorrente avuto riguardo alla diversità delle figure dirigenziali in esame.

9. Le spese di lite seguono la soccombenza. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese di lite liquidate in Euro 3000,00 per compensi professionali ed accessori di legge nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

 

 

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