Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26841 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19867/2015 proposto da:

D.M.G., C.G., S.M.,

P.P., D.V.C., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

CIRO CENTORE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di SANTA MARIA CAPUA VETERE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7855/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

dell’8/10/2014 depositata l’08/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’08/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’8 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza dell’8 gennaio 2015, la Corte di Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale di S. Maria C.V. di rigetto della domanda proposta da C.G., S.M., D.M.G., D.V.C. e P.P. ed intesa all’accertamento della nullità del termine apposto ai vari contratti di lavoro subordinato stipulati con il comune di S. Maria C.V., la conversione dei rapporti di lavoro in rapporti a tempo indeterminato nonchè al risarcimento del danno.

Avverso tale decisione propongono ricorso C.G., S.M., D.M.G., D.V.C. e P.P. affidato ad un unico motivo.

Il Comune di S. Maria C.V. è rimasto intimato.

Con l’unico motivo si deduce “violazione dell’art. 360 c.p.c., per motivazione illogica e incongrua” in quanto, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, il ricorso introduttivo del giudizio non era affatto confuso e generico e che nell’atto di appello le ragioni delle rivendicazioni dei ricorrenti erano esposte con congruità di argomenti con riferimento alla giurisprudenza comunitaria a nazionale che riconosce possibile “..anche nel rapporto con la P.A., la conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato..”.

Il motivo è inammissibile alla luce del dell’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5 (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134) essendo stata pubblicata l’impugnata sentenza dopo 11 settembre 2012 (ai sensi dell’art. 54, comma 3 D.L. cit.).

Ed infatti le Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) hanno avuto modo di precisare che a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5 cit. il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.

Dunque, perchè violazione sussista si deve essere in presenza di un vizio “così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione” fattispecie che si verifica quando la motivazione manchi del tutto oppure formalmente esista come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum”.

Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta), ipotesi queste ultime non ricorrenti nel caso in esame. Ed infatti la Corte di merito ha evidenziato che l’unico motivo di appello, concernente il risarcimento del danno, era da rigettare non avendo i ricorrenti allegato e provato le circostanze di fatto che avrebbero comportato la sussistenza del danno invocato. Tale “ratio decidendi”, peraltro, non risulta neppure oggetto di una specifica censura.

Alla luce di quanto esposto, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente la sopra riportata relazione conforme ai precedenti di questa Corte e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo il comune di S. Maria C.V. rimasto intimato.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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